Una proposta di laboratorio
didattico sul Novecento*
Cesare Grazioli
Istituto per la storia della Resistenza e
dell'età contemporanea-Reggio Emilia

Laboratorio
e formazione
Da due anni la sezione didattica di Istoreco ha avviato
un'attività di aggiornamento in servizio in forma di laboratorio didattico sulla
progettazione del curricolo di storia del Novecento.Può essere utile descrivere
questa esperienza, anche perché mai come in questi mesi in tutta Italia si moltiplicano
le iniziative di aggiornamento sulla storia, specie del Novecento, ma quasi sempre nella
tradizionale forma dei cicli di conferenze.
Il nostro laboratorio ha le seguenti caratteristiche:
A. Partecipanti: i docenti del triennio delle superiori
(15-20 di licei, istituti tecnici e professionali).
B. Problemi da cui siamo partiti: quelli comuni a
tutti gli insegnanti di storia, ovvero la difficoltà/necessità di:
1. rispetto ai contenuti, conciliare la vastità dei
programmi con il poco tempo dell'orario-cattedra (le 60 ore annue);
2.rispetto al processo di insegnamento/apprendimento,
superare la mera trasmissione di conoscenze e favorire l'acquisizione di metodi, di una
"sintassi" del sapere storico-sociale, di competenze metacognitive;
3. rispetto agli studenti, fare i conti con il loro
crescente disinteresse per la storia, porsi il problema delleloromotivazioni, dei loro
"vissuti" soggettivi.
4. rispetto a se stessi come docenti, superare la
"paura del Novecento" (paura che ha tante ragioni, prima fra tutte il fatto di
non averlo studiato a scuola e all''università), ma soprattutto rimettere in discussione
l'immagine tradizionale e consolidata della storia insegnata che ci si porta dietro,
ovvero i suoi vari stereotipi - la storia lineare, il prima che spiega il poi, il primato
dei fatti, soprattutto quelli politico-istituzionali, il modello accademico di
trasmissione, etc.- che rappresentano il principale ostacolo all'innovazione.
Partire da questi quattro problemi non ha significato
affrontarli contemporaneamente (compito impossibile!),quanto piuttosto averli
costantemente presenti, almeno come elementi di "sfondo", e, partendo da uno di
essi, progettare soluzioni che favoriscano la soluzione anche degli altri, o quanto meno
non siano contradditorie rispetto ad essi.
Attività
del laboratorio.
Abbiamo concordato di partire dal livello
"macro", cioè dalla progettazione dell'intero curricolo triennale: in modo
molto generale quelli di terza e quarta, in modo più approfondito quello dell'ultimo
anno, sul Novecento. Ciò ha significato aggredire, come primo problema, quello dei
contenuti (vedi sopra, B.I), o meglio quello dei loro criteri di scelta e di
organizzazione sequenziale su scala annuale e triennale: non prima, però, di avere
costruito una "piattaforma comune di intenti" sugli altri aspetti sopra indicati
(B.2,3,4). Perchè partire dai criteri generali di scelta e di organizzazione dei
contenuti, e perchè su tutto il triennio?
- in primo luogo, perchè ci è parso che la progettazione
del curricolo triennale non possa essere concepita come una somma di parti, ovvero che la
costruzione di singole parti (percorsi, o unità didattiche, o moduli) non produca di per
sè il curricolo. Di fatto, si può constatare che l'abbondanza di contributi usciti
nell'ultimo decennio - "materiali grigi" e pubblicazioni su riviste, su quaderni
di didattica della storia, su collane specializzate, atti di seminari fuori e dentro alla
rete degli Istituti - ha certamente permesso di inserire segmenti innovativi (per i
contenuti, o per i metodi, o per entrambi gli aspetti) nel curricolo, ma non ha
generalmente portato a una nuova
idea di curricolo.
- in secondo luogo, perchè le novità della storia del
Novecento impongono la ridefinizione dei tempi storici, degli spazi e degli oggetti di
indagine, ovvero il passaggio "dalla storia alle storie": un riorientamento
epistemologico e storiografico che vale per questo secolo ma che induce a rivisitare
diversamente (sia sul piano storiografico che su quello didattico) anche le epoche
passate.
Finalità
e conduzione.
Finalità: la trasferibilità didattica, cioè che il
progetto elaborato dal gruppo possa poi essere utilizzato dai singoli nella propria classe
( contrariamente a quanto accade, come noto, nella maggior parte dei corsi di
aggiornamento). Ciò assicura forti motivazioni ai partecipanti, e un sicuro elemento di
autoverifica al lavoro svolto, anche ai fini della sua proponibilità ad altri colleghi.
Modalità di conduzione: il laboratorio è diverso dalla
tradizionale conduzione frontale delle lezioni/conferenza (benchè momenti di questo tipo
possano utilmente integrare il lavoro di laboratorio vero e proprio), ma è diverso anche
dal "lavoro di gruppo tra pari", che è un modello utile in fase di
problematizzazione e di scambio di esperienze, ma poco produttivo per la progettazione:
perchè il gruppo cresca e sia produttivo, è utile la dialettica tra orizzontalità
(ovvero partecipazione collettiva) e verticalità (ovvero "regia" di un
coordinatore/tutor): quest'ultimo deve avere un progetto complessivo sugli obiettivi a cui
arrivare e sulle tappe intermedie, e saper dare consegne pratiche per cui il lavoro si
articoli in discussioni collettive, ma anche in esercitazioni individuali o gruppo e
talora in "compiti a casa". In qualche modo, l'attività di laboratorio è la
prefigurazione della didattica aperta che si porterà poi in classe, e nel laboratorio il
partecipante simula il ruolo dello studente, mentre il coordinatore/tutor deve assumere
quello del docente. ovviamente nell'accezione meno direttiva e tradizionale del termine.
È superfluo sottolineare che questo modello prevede l'unitarietà della conduzione e una
certa durata del lavoro complessivo, che non può quindi risolversi in incontri singoli o
episodici: nel nostro caso, abbiamo fatto sia l'anno scorso che quest'anno una decina di
incontri pomeridiani di circa 3 ore. a distanza di due-tre settimane l'uno dall'altro.
Criteri
per la costruzione del curricolo.
È doveroso premettere che... non ce li siamo inventati. ma
abbiamo cercato di utilizzare, rielaborandoli anche sulla base delle nostre esperienze, i
migliori risultati dell'ampio dibattito che in questi anni si è prodotto sulla didattica
della storia, ed in particolare le proposte dei proff. A.Brusa e I.Mattozzi . La proposta
che è stata discussa e condivisa dal gruppo e così riassumibile:
I. articolare il curricolo annuo (fatto di circa 60
ore) in 4-5 moduli, da organizzare in modo che in ciascuno di essi ci sia il tempo
di fare svolgere agli studenti delle attività,e tematizzare ciascun modulo, ovvero
focalizzarlo su un tema unitario e relativamente autosufficiente;
2. nella scelta delle tematizzazioni, basarsi sulle rilevanze
storiografiche: quelle relative al periodo storico oggetto distudio, e quelle del
tempo presente che è comunque, sempre, il punto di partenza del nostro interrogare il
passato (ovviamente non è definibile a priori il rapporto tra queste e quelle);
3.nella progettazione dei moduli, graduare le
difficoltà per gli studenti, sia rispetto alle tematizzazioni individuate (quelle
iniziali dovranno basarsi su modelli semplici, retti da un numero relativamente ridotto di
variabili,e basate su eventuali linguaggi settoriali non difficili), sia rispetto alle
abilità/competenze metodologiche messe in gioco; in particolare, nel modulo iniziale
(specie se iniziale anche rispetto al ciclo, in questo caso la terza) partire dal livello
delle capacità degli studenti, ovviamente col fine di farle crescere attraverso il
percorso;
4. nella progettazione dei moduli, diversificare:
4.1 i materiali didattici, cercando di ottenere
un'alternanza (non meccanica) tra moduli basati:
4.1.1 sul manuale,utilizzato preferibilmente come banca
dati-archivio da interrogare, non tanto come sequenza di conoscenze da acquisire
passivamente (quindi con esercizi, percorsi "trasversali"e fortemente selettivi
rispetto alla sequenza dei contenuti proposta dal manuale stesso );
4.1.2 su documenti: le fonti scritte, ma anche quelle mute
e iconiche, e per la contemporaneità anche orali, sonore, multimediali; i testi
storiografici, ecc;
4.1.3 su dispense e materiali prodotti appositamente da noi
docenti (anche nel laboratorio, o tramite il laboratorio facendo circolare il già fatto,
se serve).
4.2 la conduzione del lavoro, alternando stili e
modalità di conduzione diverse: non solo attività frontali insegnante-classe, ma anche
percorsi operativi per il lavoro in classe, individuali e di gruppo;
4.3 i settori di indagine, quali ad esempio: popolazione,
rapporto uomo-ambiente, economia, società, politica e istituzioni,cultura e immaginario
collettivo. È preferibile che i moduli iniziali siano incentrati su un solo settore, e
che in alcuni dei successivi siano valorizzate le correlazioni tra diversi settori;
4.4 le variabili temporali, secondo una pluralità di
criteri,quali ad esempio:
4.4.1 privilegiare, soprattutto nei moduli iniziali, le
scale temporali ampie (la lunga durata), in modo che possano costituire il contesto per i
moduli successivi;
4.4.2 per alcuni moduli scegliere tematizzazioni centrate
sulla permanenza nel tempo, sulla continuità. e che abbiano perciò,come modalità
espositiva prevalente, la descrizione:
4.4.3 per altri moduli scegliere tematizzazioni nelle quali
sia prevalente il mutamento e pertanto la narrazione ma praticando anche la
sequenza:
A. situazione iniziale - D. situazione finale -problematizzazione:
come si è passati da A. a D. ? ovvero, anticipare l'esito e porlo come chiave di
lettura/problematizzazione del percorso;
4.4.4 nella successione dei moduli, non solo variare le
scale temporali ma anche disporle in modo da non fare coincidere la sequenza dei moduli
con la successione dei secoli, ad esempio alternando moduli di ampiezza plurisecolare ad
altri di ampiezza più breve, meglio se uno temporalmente interno all' altro: valorizzare
cioè la pluralità dei tempi storici, e la dimensione del tempo storico come funzione dei
temi/problemi affrontati;
4.4.5 laddove ciò sia possibile, partire dal presente,
evidenziando così quanto il passato storico sia una costruzione che nasce dagli
interrogativi e dagli interessi del presente;
È evidente che per quanto concerne le competenze degli
studenti, ma anche altri dei parametri sopra indicati, il criterio della varietà va
perseguito assieme a quello della ricorsività, in una logica di sequenza a spirale: se
infatti tutti i moduli fossero diversi dai precedenti, ben difficilmente le competenze
messe in gioco potrebbero fissarsi, mentre ciò può accadere se esse vengono richiamate/
rafforzate da altri moduli, anche svolti a distanza dal primo. Dovrebbe essere altresì
evidente che mediante tale criterio della varietà di impostazione dei moduli si vuole
anche stimolare l'interesse e la motivazione degli studenti (certamente poco
stimolati, nell'impostazione tradizionale, dalla monotonia della storia-racconto
mono-lineare imperniata sul trinomio lezione frontale-studio del
manuale-interrogazione)
La costruzione del curricolo triennale
Attraverso questi criteri sono stati progettati, sia pure a
grandi linee, i curricoli delle classi terza e quarta, per i quali all'interno del gruppo
sono emerse due ipotesi, formulate entrambe secondo una griglia di progettazione
costituita dai seguenti parametri (per ciascuno dei 5 moduli): tema; spazio; tempo;
settore; soggetti del modulo; approcci metodologici. Per esigenze di brevità, li presento
solo sulla base dei temi prescelti e del relativo ambito temporale.
IPOTESI A:
classe terza:
l. Gli aspetti di continuità della società di antico
regime (popo-
lazione' economia e società) con approfondimento su "la civiltà
contadina" (secc.XIII-XVIlI)
2. Un aspetto di mutamento della società di antico regime:
la
formazione dello stato-centralizzazione del potere, delle risorse, della
forza; stato e guerra, stato e conflitti religiosi (XIII-XVIII)
3. I traffici a lunga distanza e le
"economie-mondo": nuove rotte
commerciali e nuovi prodotti strategici (XV-XVIII)
4. La città di Reggio Emilia: evoluzione urbanistica e
rapporto
città-campagna (dal XIII al presente)
classe Quarta:
l. Le rivoluzioni industriali (la lA e la 2A) e
l'unificazione del
sistema-mondo sotto l'egemonia europea (metà '700-1914)
2. Le rivoluzioni politiche e le nuove ideologie:
reazionaria, liberale, rivoluzionaria (1750-1850)
3. Lo stato-nazione: unificazione politica (Italia,
Germania) ed economico-amministrativa (seconda metà dell' '800)
4. La società italiana dopo l'unificazione: il "paese
reale" (1860-1914)
5. L'Ottocento, il secolo dei "doveri" e delle
"certezze" (i costumi, ad es. nella famiglia, nella scuola)
IPOTESI B:
classe terza:
l. La crisi del Trecento: rottura, continuità, recessione
o trasformazione?
2.Nascita ed evoluzione dello Stato moderno
(secc.XIV-XVIlI)
3. L'avvio del processo di mondializzazione: nuove rotte commerciali e imperi coloniali
(secc.XV-XVIlI)
4. Religioni e guerre di religione, in rapporto a politica
e a mentalità collettiva (1500-1650)
5. La società di antico regime: continuità (agrarie) e
trasformazioni (commerciali) nell' economia
( secc.XIV- XVIII).
classe Quarta:
l. Rivoluzione culturale (illuminismo), rivoluzioni
politiche, nuove ideologie ( 1750-1850)
2. Dalla rivoluzione agricola alla 2Arivoluzione
industriale (1650-1914)
3. La questione nazionale: Italia, Germania, Balcani
(1789-1914)
4. La società italiana dopo l'unità: il "paese reale" (1860-1914)
5. colonialismo-imperialismo (1650-1914)
Anche se alcuni criteri di progettazione sono abbastanza
trasparenti (la preferenza per le lunghe durate, l'alternanza di settori, ambiti spaziali
e temporali diversi, e questi ultimi non necessariamente in successione lineare da un
modulo al successivo ), altri dovrebbero
essere chiariti, e tra questi le diverse logiche attraverso le quali le tematizzazioni
sono legate al presente. Ad esempio, nella prima ipotesi la tematizzazione dell'ultimo
modulo per la classe quarta è funzionale alla comprensione del presente, in questo caso
per contrapposizione/contrasto: infatti, se una delle caratteristiche del Novecento è di
essere "il secolo dei diritti" nonchè il "secolo di crisi delle
certezze", ciò diventa comprensibile per gli studenti se essi hanno visto in
precedenza un Ottocento come "secolo dei doveri" e delle "certezze".
La scelta (comune in questo caso ad entrambe le ipotesi) di esaminare la formazione dello
stato moderno attraverso modelli teorici e individuazione di processi di lungo periodo,
anzichè a livello di eventi, è collegata a processi fondamentali del Novecento: la
"nazionalizzazione delle masse" e la diffusione in tutto il mondo del modello di
stato nazionale europeo, nella prima parte del secolo; la crisi di questo modello, nella
seconda parte del secolo. Dovrebbero soprattutto essere indicati gli itinerari
metodologici, i materiali e gli strumenti di lavoro che a tali scelte sono sottesi: alcuni
di questi
aspetti sono stati definiti, ma manca qui lo spazio per illustrarli, mentre altri sono da
definire nella sperimentazione all'interno delle classi, e saranno oggetto di confronto
l'anno prossimo. Un'esigenza condivisa tra i partecipanti è stata infatti quella di
dedicarsi soprattutto al Novecento, che appariva più difficile da progettare.
Le cornici del Novecento
Non posso riassumere i molti problemi che il Novecento ci
ha posto; della soluzione da noi ipotizzata ho già scritto nell'ultimo numero della
rivista Ricerche Storiche, e ne riprendo perciò solo pochissimi aspetti.
L' abbiamo definita curricolo reticolare, cioè strutturato come una rete in cui si va
dalle maglie più larghe alle maglie più fitte: ovvero dai macro-temi o
"cornici" ai sotto-temi o "quadri" nei quali i primi si
articolano, procedendo dal semplice al complesso e dal generale al particolare.
l. I numeri e gli spazi: le nuove dinamiche demografiche e
l'alterazione del rapporto uomo-ambiente
2. Il secolo della tecnologia: dalla 2A alla 3A rivoluzione
industriale
3. L 'unificazione del sistema-mondo nel lungo Novecento
4. Il Novecento come secolo delle masse
Abbiamo definito "cornici" i quattro
macro-temi qui sopraindicati perchè, nella mondializzazione della storia e nella
moltiplicazione delle storie (ovvero nel passaggio "dalla storia alle storie")
che appaiono come i tratti salienti del XX secolo, questi quattro macro-temi possono
rappresentare la mappa che orienta la navigazione, che comprende e gerarchizza
tutti i possibili sotto-temi. Per questo motivo abbiamo previsto che in classe le cornici
vengano trattate all'inizio dell'anno, una di seguito all'altra in forma sintetica. A
proposito di queste cornici, si può notare che, al di là della predilezione per la lunga
durata, non abbiamo optato in modo univoco per l'una o l'altra delle periodizzazioni del
Novecento che l' attuale dibattito storiografico propone (secolo breve, secolo lungo,
secolo spezzato ), preferendo periodizzazioni al plurale; cioè relative ai diversi
temi e sottotemi di volta in volta affrontati. Ciò non impedisce però di intrecciare
alla trama dei temi l'ordito di svolte periodizzanti che si ritengano di significato
generale: ad esempio, come termine ad quem del secolo, gli anni settanta (rispetto
all'economia) e/o l'ormai classico 1989 (rispetto alla politica).
Le cornici sono state elaborate da alcuni dei partecipanti
al laboratorio (come "compito a casa"), poi sono passate al vaglio della
discussione collettiva, per arrivare ad essere utilizzabili come tracce ad uso
dell'insegnante o come dispense per gli studenti.
Nel laboratorio si è poi passati a scegliere, tra i moltissimi sottotemi compresi nella
mappa iniziale, quelli da inserire nel curricolo sul Novecento da fare in classe. In tale
scelta abbiamo ovviamente cercato di rispettare i criteri generali di selezione sopra
enunciati, ma è evidente che le scelte plausibili, e coerenti con tali criteri, possono
essere le più diverse, oltre a quelle da noi effettuate. Poichè non ritenevamo possibile
comprimere la densità della storia del Novecento in quattro o cinque moduli (come invece
eravamo riusciti a fare per le classi precedenti), abbaimo ipotizzato che il curricolo di
quinta sia composto da due o tre moduli veri e propri (da 10-15 ore ciascuno) e da
alcune altre tematizzazioni svolte in modo sintetico (2-3 ore ciascuna), in forma di
lezioni frontali. La fase più recente del lavoro, dall'inizio del '98 (e che proseguirà
nel prossimo anno scolastico, in una logica di "laboratorio permanente") ha
visto partire la progettazione dei moduli: ovvero siamo entrati - non senza
difficoltà - nel livello "micro", dopo aver lavorato per mesi sul
"macro". Anche in questa fase, i partecipanti hanno scelto liberamente se
incaricarsi della progettazione dei moduli e di quali (evitando sovrapposizioni sullo
stesso tema, naturalmente), e su di essi lavorano a casa, individualmente o in
sotto-gruppo. Il carattere non vincolante di questa attività è una grande risorsa per il
laboratorio, una volta che si sia maturato un certo affiatamento
e spirito di gruppo: chi se la sente progetta, ma è ugualmente importante il contributo
di chi non lo fa, sia per la partecipazione alle discussioni collettive, sia per l'impegno
a trasferire nella sua classe, e quindi a testare, i percorsi progettati da altri e
discussi collettivamente. Così come, per quanti progettano singoli percorsi, c'è poi il
vantaggio di potere utilizzare anche quelli costruiti dai colleghi. Di tali attività
daremo conto in seguito, sui prossimi numeri della rivista e in appositi quaderni di
didattica.
L'esportabilità di una esperienza
Concludo qui con alcune considerazioni sulla esportabilità
della nostra esperienza di laboratorio. Chi volesse muoversi nella stessa direzione, non
sarebbe costretto a ripercorrere tutto il nostro itinerario di ricerca collettiva (che
finora, in due anni, è stato di circa 60 ore, a lavori ancora in corso: più il
"sommerso", cioè il lavoro a casa, non quantificabile come al solito), ma, come
nelle staffette, potrebbe partire da una tappa intermedia - ad esempio dai criteri
generali, o dalle ipotesi sulle classi terza e quarta, o dall' idea di curricolo
reticolare della classe quinta, o da alcuni prodotti e/o semilavorati da noi costruiti - e
andare oltre, nella progettazione di percorsi e moduli coerenti con il disegno di insieme.
Vorrei focalizzare gli aspetti più qualificanti (a mio avviso, ovviamente) del nostro
itinerario, quelli che andrebbero salvaguardati da chi volesse servirsene, individualmente
o in una dimensione di ricerca didattica collettiva di laboratorio didattico:
l. sul piano storiografico, lo sguardo sul Novecento nella
sua globalità spazio/temporale, ovvero in termini di World History mi pare non una
scelta fra le tante, bensì la prospettiva ineludibile per una nuova idea di storia
generale, nella quale riposizionare il rapporto tra locale e generale;
2. la trasposizione sul piano didattico di tale opzione
storiografica mi pare consista nel progettare prima a livello "macro", cioè il
curricolo annuale e pluriennale: opzione che risponde anche ad un bisogno, molto forte
degli insegnanti, di nuovi criteri generali di selezione e organizzazione dei contenuti;
3. partire dal "macro", cioè dal curricolo, non
significa in alcun modo togliere valore al lavoro sul "micro", ovvero alla
progettazione dei singoli moduli, percorsi, unità di lavoro, senza dei quali il curricolo
di insieme rimarrebbe un contenitore vuoto, o un insieme di titoli di argomenti non
sviluppati. Aggiungo anzi che, sulla base della esperienza fatta, le competenze necessarie
per progettare i singoli percorsi sono diverse da quelle utili a progettare l'itinerario
di insieme, e le une non sostituiscono in alcun modo le altre. Progettare l'insieme del
curricolo e progettarne le singole parti, insomma, sono due momenti ugualmente
indispensabili;
4. sono sempre più convinto che un percorso di formazione
in servizio realmente efficace, oltre a questi due aspetti di tipo disciplinare, dovrebbe
comprenderne un terzo, di tipo trasversale" (cioè non disciplinare), inerente gli
aspetti metacognitivi - l'insegnare a imparare e a riflettere criticamente sui propri
processi di apprendimento -, emotivi e meta-emotivi. Sempre più le neuro-scienze, la
psicologia e le scienze dell'educazione sottolineano infatti l'importanza delle componenti
emozionali e relazionali nei processi di apprendimento ). Con queste sfide deve pertanto
misurarsi ogni curricolo disciplinare che voglia fare interagire le conoscenze storiche
con le abilità e con gli aspetti motivazionali.
5. È forse superfluo concludere che l'unica modalità
formativa all'altezza di questi compiti è quella del laboratorio, concepito secondo le
modalità e la dialettica di orizzontalità/verticalità che ho descritto all'inizio, sia
pure integrato da contributi esterni di tipo frontale (conferenze-seminari) che di volta
in volta si ritenga necessario attivare sui singoli temi e problemi.
6. Sarebbe sciocco negare che sussistono molti ostacoli
alla diffusione di un modello di formazione in servizio di tipo laboratoriale quale quello
che qui ho presentato. Il maggiore di tutti, però, credo sia ancora rappresentato dalla
attuali normative sull'aggiornamento.
Credo si possa convenire che ai fini del miglioramento della professionalità docente
siano necessarie quattro tipi di competenze:
l) disciplinare, non solo sui contenuti ma anche sui
fondamenti epistemologici della disciplina;
2) didattica;
3) psico-pedagogica, oggi riferibile soprattutto
alla conoscenza dei processi di apprendimento nelle loro componenti cognitive ma anche
emotive e socio-affettive;
4) relazionale e gestionale, anche in riferimento
alla prospettiva della scuola dell' autonomia.
Ovviamente nessun corso da solo può riguardare tutte
queste tipologie, ma nel percorso di formazione permanente in servizio che un
insegnante avrebbe il diritto/dovere di intraprendere, dovrebbero essere presenti (e
certificabili) esperienze afferenti a ciascuno dei quattro ambiti di competenze sopra
indicati. Finchè così non sarà, finchè si rimarrà nella logica di certificazione
puramente burocratica vigente, che lascia l'insegnante nella posizione del più assoluto "fa'
un po' tu come ti pare", continuerà ad imperare un aggiornamento "mordi e
fuggi" o di "intrattenimento culturale", in ogni caso sganciato da alcun
parametro di ricaduta e spendibilità didattica. E i laboratori, di storia e non,
rimarranno avventure del tutto minoritarie - sia pure assai gratificanti, possiamo
tranquillamente affermare rispetto alla nostra esperienza - dei pochi volonterosi che le
intraprendono.
* Ricerche storiche, n. 84, 1998
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