Una proposta di laboratorio didattico sul Novecento*

Cesare Grazioli

Istituto per la storia della Resistenza e dell'età contemporanea-Reggio Emilia

 

Laboratorio e formazione
Attività del laboratorio
Finalità e conduzione

Criteri per la costruzione del curricolo

La costruzione del curricolo triennale

Le cornici del Novecento
L'esportabilità di un'esperienza

 

 

Laboratorio e formazione

Da due anni la sezione didattica di Istoreco ha avviato un'attività di aggiornamento in servizio in forma di laboratorio didattico sulla progettazione del curricolo di storia del Novecento.Può essere utile descrivere questa esperienza, anche perché mai come in questi mesi in tutta Italia si moltiplicano le iniziative di aggiornamento sulla storia, specie del Novecento, ma quasi sempre nella tradizionale forma dei cicli di conferenze.

Il nostro laboratorio ha le seguenti caratteristiche:

A. Partecipanti: i docenti del triennio delle superiori (15-20 di licei, istituti tecnici e professionali).

B. Problemi da cui siamo partiti: quelli comuni a tutti gli insegnanti di storia, ovvero la difficoltà/necessità di:

1. rispetto ai contenuti, conciliare la vastità dei programmi con il poco tempo dell'orario-cattedra (le 60 ore annue);

2.rispetto al processo di insegnamento/apprendimento, superare la mera trasmissione di conoscenze e favorire l'acquisizione di metodi, di una "sintassi" del sapere storico-sociale, di competenze metacognitive;

3. rispetto agli studenti, fare i conti con il loro crescente disinteresse per la storia, porsi il problema delleloromotivazioni, dei loro "vissuti" soggettivi.

4. rispetto a se stessi come docenti, superare la "paura del Novecento" (paura che ha tante ragioni, prima fra tutte il fatto di non averlo studiato a scuola e all''università), ma soprattutto rimettere in discussione l'immagine tradizionale e consolidata della storia insegnata che ci si porta dietro, ovvero i suoi vari stereotipi - la storia lineare, il prima che spiega il poi, il primato dei fatti, soprattutto quelli politico-istituzionali, il modello accademico di trasmissione, etc.- che rappresentano il principale ostacolo all'innovazione.

Partire da questi quattro problemi non ha significato affrontarli contemporaneamente (compito impossibile!),quanto piuttosto averli costantemente presenti, almeno come elementi di "sfondo", e, partendo da uno di essi, progettare soluzioni che favoriscano la soluzione anche degli altri, o quanto meno non siano contradditorie rispetto ad essi.

 

Attività del laboratorio.

Abbiamo concordato di partire dal livello "macro", cioè dalla progettazione dell'intero curricolo triennale: in modo molto generale quelli di terza e quarta, in modo più approfondito quello dell'ultimo anno, sul Novecento. Ciò ha significato aggredire, come primo problema, quello dei contenuti (vedi sopra, B.I), o meglio quello dei loro criteri di scelta e di organizzazione sequenziale su scala annuale e triennale: non prima, però, di avere costruito una "piattaforma comune di intenti" sugli altri aspetti sopra indicati (B.2,3,4). Perchè partire dai criteri generali di scelta e di organizzazione dei contenuti, e perchè su tutto il triennio?

- in primo luogo, perchè ci è parso che la progettazione del curricolo triennale non possa essere concepita come una somma di parti, ovvero che la costruzione di singole parti (percorsi, o unità didattiche, o moduli) non produca di per sè il curricolo. Di fatto, si può constatare che l'abbondanza di contributi usciti nell'ultimo decennio - "materiali grigi" e pubblicazioni su riviste, su quaderni di didattica della storia, su collane specializzate, atti di seminari fuori e dentro alla rete degli Istituti - ha certamente permesso di inserire segmenti innovativi (per i contenuti, o per i metodi, o per entrambi gli aspetti) nel curricolo, ma non ha generalmente portato a una nuova
idea di curricolo.

- in secondo luogo, perchè le novità della storia del Novecento impongono la ridefinizione dei tempi storici, degli spazi e degli oggetti di indagine, ovvero il passaggio "dalla storia alle storie": un riorientamento epistemologico e storiografico che vale per questo secolo ma che induce a rivisitare diversamente (sia sul piano storiografico che su quello didattico) anche le epoche passate.

 

Finalità e   conduzione.

Finalità: la trasferibilità didattica, cioè che il progetto elaborato dal gruppo possa poi essere utilizzato dai singoli nella propria classe ( contrariamente a quanto accade, come noto, nella maggior parte dei corsi di aggiornamento). Ciò assicura forti motivazioni ai partecipanti, e un sicuro elemento di autoverifica al lavoro svolto, anche ai fini della sua proponibilità ad altri colleghi.

Modalità di conduzione: il laboratorio è diverso dalla tradizionale conduzione frontale delle lezioni/conferenza (benchè momenti di questo tipo possano utilmente integrare il lavoro di laboratorio vero e proprio), ma è diverso anche dal "lavoro di gruppo tra pari", che è un modello utile in fase di problematizzazione e di scambio di esperienze, ma poco produttivo per la progettazione: perchè il gruppo cresca e sia produttivo, è utile la dialettica tra orizzontalità (ovvero partecipazione collettiva) e verticalità (ovvero "regia" di un coordinatore/tutor): quest'ultimo deve avere un progetto complessivo sugli obiettivi a cui arrivare e sulle tappe intermedie, e saper dare consegne pratiche per cui il lavoro si articoli in discussioni collettive, ma anche in esercitazioni individuali o gruppo e talora in "compiti a casa". In qualche modo, l'attività di laboratorio è la prefigurazione della didattica aperta che si porterà poi in classe, e nel laboratorio il partecipante simula il ruolo dello studente, mentre il coordinatore/tutor deve assumere quello del docente. ovviamente nell'accezione meno direttiva e tradizionale del termine. È superfluo sottolineare che questo modello prevede l'unitarietà della conduzione e una certa durata del lavoro complessivo, che non può quindi risolversi in incontri singoli o episodici: nel nostro caso, abbiamo fatto sia l'anno scorso che quest'anno una decina di incontri pomeridiani di circa 3 ore. a distanza di due-tre settimane l'uno dall'altro.

Criteri per la costruzione del curricolo.

È doveroso premettere che... non ce li siamo inventati. ma abbiamo cercato di utilizzare, rielaborandoli anche sulla base delle nostre esperienze, i migliori risultati dell'ampio dibattito che in questi anni si è prodotto sulla didattica della storia, ed in particolare le proposte dei proff. A.Brusa e I.Mattozzi . La proposta che è stata discussa e condivisa dal gruppo e così riassumibile:

I. articolare il curricolo annuo (fatto di circa 60 ore) in 4-5 moduli, da organizzare in modo che in ciascuno di essi ci sia il tempo di fare svolgere agli studenti delle attività,e tematizzare ciascun modulo, ovvero focalizzarlo su un tema unitario e relativamente autosufficiente;

2. nella scelta delle tematizzazioni, basarsi sulle rilevanze storiografiche: quelle relative al periodo storico oggetto distudio, e quelle del tempo presente che è comunque, sempre, il punto di partenza del nostro interrogare il passato (ovviamente non è definibile a priori il rapporto tra queste e quelle);

3.nella progettazione dei moduli, graduare le difficoltà per gli studenti, sia rispetto alle tematizzazioni individuate (quelle iniziali dovranno basarsi su modelli semplici, retti da un numero relativamente ridotto di variabili,e basate su eventuali linguaggi settoriali non difficili), sia rispetto alle abilità/competenze metodologiche messe in gioco; in particolare, nel modulo iniziale (specie se iniziale anche rispetto al ciclo, in questo caso la terza) partire dal livello delle capacità degli studenti, ovviamente col fine di farle crescere attraverso il percorso;

4. nella progettazione dei moduli, diversificare:

4.1 i materiali didattici, cercando di ottenere un'alternanza (non meccanica) tra moduli basati:

4.1.1 sul manuale,utilizzato preferibilmente come banca dati-archivio da interrogare, non tanto come sequenza di conoscenze da acquisire passivamente (quindi con esercizi, percorsi "trasversali"e fortemente selettivi rispetto alla sequenza dei contenuti proposta dal manuale stesso );

4.1.2 su documenti: le fonti scritte, ma anche quelle mute e iconiche, e per la contemporaneità anche orali, sonore, multimediali; i testi storiografici, ecc;

4.1.3 su dispense e materiali prodotti appositamente da noi docenti (anche nel laboratorio, o tramite il laboratorio facendo circolare il già fatto, se serve).

4.2 la conduzione del lavoro, alternando stili e modalità di conduzione diverse: non solo attività frontali insegnante-classe, ma anche percorsi operativi per il lavoro in classe, individuali e di gruppo;

4.3 i settori di indagine, quali ad esempio: popolazione, rapporto uomo-ambiente, economia, società, politica e istituzioni,cultura e immaginario collettivo. È preferibile che i moduli iniziali siano incentrati su un solo settore, e che in alcuni dei successivi siano valorizzate le correlazioni tra diversi settori;

4.4 le variabili temporali, secondo una pluralità di criteri,quali ad esempio:

4.4.1 privilegiare, soprattutto nei moduli iniziali, le scale temporali ampie (la lunga durata), in modo che possano costituire il contesto per i moduli successivi;

4.4.2 per alcuni moduli scegliere tematizzazioni centrate sulla permanenza nel tempo, sulla continuità. e che abbiano perciò,come modalità espositiva prevalente, la descrizione:

4.4.3 per altri moduli scegliere tematizzazioni nelle quali sia prevalente il mutamento e pertanto la narrazione ma praticando anche la sequenza:

A. situazione iniziale - D. situazione finale -problematizzazione: come si è passati da A. a D. ? ovvero, anticipare l'esito e porlo come chiave di lettura/problematizzazione del percorso;

4.4.4 nella successione dei moduli, non solo variare le scale temporali ma anche disporle in modo da non fare coincidere la sequenza dei moduli con la successione dei secoli, ad esempio alternando moduli di ampiezza plurisecolare ad altri di ampiezza più breve, meglio se uno temporalmente interno all' altro: valorizzare cioè la pluralità dei tempi storici, e la dimensione del tempo storico come funzione dei temi/problemi affrontati;

4.4.5 laddove ciò sia possibile, partire dal presente, evidenziando così quanto il passato storico sia una costruzione che nasce dagli interrogativi e dagli interessi del presente;

 

È evidente che per quanto concerne le competenze degli studenti, ma anche altri dei parametri sopra indicati, il criterio della varietà va perseguito assieme a quello della ricorsività, in una logica di sequenza a spirale: se infatti tutti i moduli fossero diversi dai precedenti, ben difficilmente le competenze messe in gioco potrebbero fissarsi, mentre ciò può accadere se esse vengono richiamate/ rafforzate da altri moduli, anche svolti a distanza dal primo. Dovrebbe essere altresì evidente che mediante tale criterio della varietà di impostazione dei moduli si vuole anche   stimolare l'interesse e la motivazione degli studenti (certamente poco stimolati, nell'impostazione tradizionale, dalla monotonia della storia-racconto mono-lineare imperniata sul trinomio lezione frontale-studio del manuale-interrogazione)

 

 

La costruzione del curricolo triennale

Attraverso questi criteri sono stati progettati, sia pure a grandi linee, i curricoli delle classi terza e quarta, per i quali all'interno del gruppo sono emerse due ipotesi, formulate entrambe secondo una griglia di progettazione costituita dai seguenti parametri (per ciascuno dei 5 moduli): tema; spazio; tempo; settore; soggetti del modulo; approcci metodologici. Per esigenze di brevità, li presento solo sulla base dei temi prescelti e del relativo ambito temporale.

IPOTESI A:

classe terza:

l. Gli aspetti di continuità della società di antico regime (popo-
lazione' economia e società) con approfondimento su "la civiltà
contadina" (secc.XIII-XVIlI)

2. Un aspetto di mutamento della società di antico regime: la
formazione dello stato-centralizzazione del potere, delle risorse, della
forza; stato e guerra, stato e conflitti religiosi (XIII-XVIII)

3. I traffici a lunga distanza e le "economie-mondo": nuove rotte
commerciali e nuovi prodotti strategici (XV-XVIII)

4. La città di Reggio Emilia: evoluzione urbanistica e rapporto
città-campagna (dal XIII al presente)

classe Quarta:

l. Le rivoluzioni industriali (la lA e la 2A) e l'unificazione del
sistema-mondo sotto l'egemonia europea (metà '700-1914)

2. Le rivoluzioni politiche e le nuove ideologie: reazionaria, liberale, rivoluzionaria (1750-1850)

3. Lo stato-nazione: unificazione politica (Italia, Germania) ed economico-amministrativa (seconda metà dell' '800)

4. La società italiana dopo l'unificazione: il "paese reale" (1860-1914)

5. L'Ottocento, il secolo dei "doveri" e delle "certezze" (i costumi, ad es. nella famiglia, nella scuola)

IPOTESI B:

classe terza:

l. La crisi del Trecento: rottura, continuità, recessione o trasformazione?

2.Nascita ed evoluzione dello Stato moderno (secc.XIV-XVIlI)
3. L'avvio del processo di mondializzazione: nuove rotte commerciali e imperi coloniali (secc.XV-XVIlI)

4. Religioni e guerre di religione, in rapporto a politica e a mentalità collettiva (1500-1650)

5. La società di antico regime: continuità (agrarie) e trasformazioni (commerciali) nell' economia

( secc.XIV- XVIII).

classe Quarta:

l. Rivoluzione culturale (illuminismo), rivoluzioni politiche, nuove ideologie ( 1750-1850)

2. Dalla rivoluzione agricola alla 2Arivoluzione industriale (1650-1914)

3. La questione nazionale: Italia, Germania, Balcani (1789-1914)
4. La società italiana dopo l'unità: il "paese reale" (1860-1914)
5. colonialismo-imperialismo (1650-1914)

Anche se alcuni criteri di progettazione sono abbastanza trasparenti (la preferenza per le lunghe durate, l'alternanza di settori, ambiti spaziali e temporali diversi, e questi ultimi non necessariamente in successione lineare da un modulo al successivo ), altri dovrebbero
essere chiariti, e tra questi le diverse logiche attraverso le quali le tematizzazioni sono legate al presente. Ad esempio, nella prima ipotesi la tematizzazione dell'ultimo modulo per la classe quarta è funzionale alla comprensione del presente, in questo caso per contrapposizione/contrasto: infatti, se una delle caratteristiche del Novecento è di essere "il secolo dei diritti" nonchè il "secolo di crisi delle certezze", ciò diventa comprensibile per gli studenti se essi hanno visto in precedenza un Ottocento come "secolo dei doveri" e delle "certezze". La scelta (comune in questo caso ad entrambe le ipotesi) di esaminare la formazione dello stato moderno attraverso modelli teorici e individuazione di processi di lungo periodo, anzichè a livello di eventi, è collegata a processi fondamentali del Novecento: la "nazionalizzazione delle masse" e la diffusione in tutto il mondo del modello di stato nazionale europeo, nella prima parte del secolo; la crisi di questo modello, nella seconda parte del secolo. Dovrebbero soprattutto essere indicati gli itinerari metodologici, i materiali e gli strumenti di lavoro che a tali scelte sono sottesi: alcuni di questi
aspetti sono stati definiti, ma manca qui lo spazio per illustrarli, mentre altri sono da definire nella sperimentazione all'interno delle classi, e saranno oggetto di confronto l'anno prossimo. Un'esigenza condivisa tra i partecipanti è stata infatti quella di dedicarsi soprattutto al Novecento, che appariva più difficile da progettare.

 

Le cornici del Novecento

Non posso riassumere i molti problemi che il Novecento ci ha posto; della soluzione da noi ipotizzata ho già scritto nell'ultimo numero della rivista Ricerche Storiche, e ne riprendo perciò solo pochissimi aspetti.
L' abbiamo definita curricolo reticolare, cioè strutturato come una rete in cui si va dalle maglie più larghe alle maglie più fitte: ovvero dai macro-temi o "cornici" ai sotto-temi o "quadri" nei quali i primi si articolano, procedendo dal semplice al complesso e dal generale al particolare.

l. I numeri e gli spazi: le nuove dinamiche demografiche e l'alterazione del rapporto uomo-ambiente

2. Il secolo della tecnologia: dalla 2A alla 3A rivoluzione industriale


3. L 'unificazione del sistema-mondo nel lungo Novecento


4. Il Novecento come secolo delle masse

Abbiamo definito "cornici" i quattro macro-temi qui sopraindicati perchè, nella mondializzazione della storia e nella moltiplicazione delle storie (ovvero nel passaggio "dalla storia alle storie") che appaiono come i tratti salienti del XX secolo, questi quattro macro-temi possono rappresentare la mappa che orienta la navigazione, che comprende e gerarchizza tutti i possibili sotto-temi. Per questo motivo abbiamo previsto che in classe le cornici vengano trattate all'inizio dell'anno, una di seguito all'altra in forma sintetica. A proposito di queste cornici, si può notare che, al di là della predilezione per la lunga durata, non abbiamo optato in modo univoco per l'una o l'altra delle periodizzazioni del Novecento che l' attuale dibattito storiografico propone (secolo breve, secolo lungo, secolo spezzato ), preferendo periodizzazioni al plurale; cioè relative ai diversi temi e sottotemi di volta in volta affrontati. Ciò non impedisce però di intrecciare alla trama dei temi l'ordito di svolte periodizzanti che si ritengano di significato generale: ad esempio, come termine ad quem del secolo, gli anni settanta (rispetto all'economia) e/o l'ormai classico 1989 (rispetto alla politica).

Le cornici sono state elaborate da alcuni dei partecipanti al laboratorio (come "compito a casa"), poi sono passate al vaglio della discussione collettiva, per arrivare ad essere utilizzabili come tracce ad uso dell'insegnante o come dispense per gli studenti.
Nel laboratorio si è poi passati a scegliere, tra i moltissimi sottotemi compresi nella mappa iniziale, quelli da inserire nel curricolo sul Novecento da fare in classe. In tale scelta abbiamo ovviamente cercato di rispettare i criteri generali di selezione sopra enunciati, ma è evidente che le scelte plausibili, e coerenti con tali criteri, possono essere le più diverse, oltre a quelle da noi effettuate. Poichè non ritenevamo possibile comprimere la densità della storia del Novecento in quattro o cinque moduli (come invece eravamo riusciti a fare per le classi precedenti), abbaimo ipotizzato che il curricolo di quinta sia composto da due o tre moduli veri e propri (da 10-15 ore ciascuno) e da alcune altre tematizzazioni svolte in modo sintetico (2-3 ore ciascuna), in forma di lezioni frontali. La fase più recente del lavoro, dall'inizio del '98 (e che proseguirà nel prossimo anno scolastico, in una logica di "laboratorio permanente") ha visto partire la progettazione dei moduli: ovvero siamo entrati - non senza difficoltà - nel livello "micro", dopo aver lavorato per mesi sul "macro". Anche in questa fase, i partecipanti hanno scelto liberamente se incaricarsi della progettazione dei moduli e di quali (evitando sovrapposizioni sullo stesso tema, naturalmente), e su di essi lavorano a casa, individualmente o in sotto-gruppo. Il carattere non vincolante di questa attività è una grande risorsa per il laboratorio, una volta che si sia maturato un certo affiatamento
e spirito di gruppo: chi se la sente progetta, ma è ugualmente importante il contributo di chi non lo fa, sia per la partecipazione alle discussioni collettive, sia per l'impegno a trasferire nella sua classe, e quindi a testare, i percorsi progettati da altri e discussi collettivamente. Così come, per quanti progettano singoli percorsi, c'è poi il vantaggio di potere utilizzare anche quelli costruiti dai colleghi. Di tali attività daremo conto in seguito, sui prossimi numeri della rivista e in appositi quaderni di didattica.

 

 

L'esportabilità di una esperienza

Concludo qui con alcune considerazioni sulla esportabilità della nostra esperienza di laboratorio. Chi volesse muoversi nella stessa direzione, non sarebbe costretto a ripercorrere tutto il nostro itinerario di ricerca collettiva (che finora, in due anni, è stato di circa 60 ore, a lavori ancora in corso: più il "sommerso", cioè il lavoro a casa, non quantificabile come al solito), ma, come nelle staffette, potrebbe partire da una tappa intermedia - ad esempio dai criteri generali, o dalle ipotesi sulle classi terza e quarta, o dall' idea di curricolo reticolare della classe quinta, o da alcuni prodotti e/o semilavorati da noi costruiti - e andare oltre, nella progettazione di percorsi e moduli coerenti con il disegno di insieme. Vorrei focalizzare gli aspetti più qualificanti (a mio avviso, ovviamente) del nostro itinerario, quelli che andrebbero salvaguardati da chi volesse servirsene, individualmente o in una dimensione di ricerca didattica collettiva di laboratorio didattico:

l. sul piano storiografico, lo sguardo sul Novecento nella sua globalità spazio/temporale, ovvero in termini di World History mi pare non una scelta fra le tante, bensì la prospettiva ineludibile per una nuova idea di storia generale, nella quale riposizionare il rapporto tra locale e generale;

2. la trasposizione sul piano didattico di tale opzione storiografica mi pare consista nel progettare prima a livello "macro", cioè il curricolo annuale e pluriennale: opzione che risponde anche ad un bisogno, molto forte degli insegnanti, di nuovi criteri generali di selezione e organizzazione dei contenuti;

3. partire dal "macro", cioè dal curricolo, non significa in alcun modo togliere valore al lavoro sul "micro", ovvero alla progettazione dei singoli moduli, percorsi, unità di lavoro, senza dei quali il curricolo di insieme rimarrebbe un contenitore vuoto, o un insieme di titoli di argomenti non sviluppati. Aggiungo anzi che, sulla base della esperienza fatta, le competenze necessarie per progettare i singoli percorsi sono diverse da quelle utili a progettare l'itinerario di insieme, e le une non sostituiscono in alcun modo le altre. Progettare l'insieme del curricolo e progettarne le singole parti, insomma, sono due momenti ugualmente indispensabili;

4. sono sempre più convinto che un percorso di formazione in servizio realmente efficace, oltre a questi due aspetti di tipo disciplinare, dovrebbe comprenderne un terzo, di tipo trasversale" (cioè non disciplinare), inerente gli aspetti metacognitivi - l'insegnare a imparare e a riflettere criticamente sui propri processi di apprendimento -, emotivi e meta-emotivi. Sempre più le neuro-scienze, la psicologia e le scienze dell'educazione sottolineano infatti l'importanza delle componenti emozionali e relazionali nei processi di apprendimento ). Con queste sfide deve pertanto misurarsi ogni curricolo disciplinare che voglia fare interagire le conoscenze storiche con le abilità e con gli aspetti motivazionali.

5. È forse superfluo concludere che l'unica modalità formativa all'altezza di questi compiti è quella del laboratorio, concepito secondo le modalità e la dialettica di orizzontalità/verticalità che ho descritto all'inizio, sia pure integrato da contributi esterni di tipo frontale (conferenze-seminari) che di volta in volta si ritenga necessario attivare sui singoli temi e problemi.

6. Sarebbe sciocco negare che sussistono molti ostacoli alla diffusione di un modello di formazione in servizio di tipo laboratoriale quale quello che qui ho presentato. Il maggiore di tutti, però, credo sia ancora rappresentato dalla attuali normative sull'aggiornamento.
Credo si possa convenire che ai fini del miglioramento della professionalità docente siano necessarie quattro tipi di competenze:

l) disciplinare, non solo sui contenuti ma anche sui fondamenti epistemologici della disciplina;

2) didattica;

3) psico-pedagogica, oggi riferibile soprattutto alla conoscenza dei processi di apprendimento nelle loro componenti cognitive ma anche emotive e socio-affettive;

4) relazionale e gestionale, anche in riferimento alla prospettiva della scuola dell' autonomia.

Ovviamente nessun corso da solo può riguardare tutte queste tipologie, ma nel percorso di formazione permanente in servizio che un insegnante avrebbe il diritto/dovere di intraprendere, dovrebbero essere presenti (e certificabili) esperienze afferenti a ciascuno dei quattro ambiti di competenze sopra indicati. Finchè così non sarà, finchè si rimarrà nella logica di certificazione puramente burocratica vigente, che lascia l'insegnante nella posizione del più assoluto "fa' un po' tu come ti pare", continuerà ad imperare un aggiornamento "mordi e fuggi" o di "intrattenimento culturale", in ogni caso sganciato da alcun parametro di ricaduta e spendibilità didattica. E i laboratori, di storia e non, rimarranno avventure del tutto minoritarie - sia pure assai gratificanti, possiamo tranquillamente affermare rispetto alla nostra esperienza - dei pochi volonterosi che le intraprendono.

* Ricerche storiche, n. 84, 1998

Torna al Sommario