E’ possibile il ritorno al passato?
di Laurana Lajolo

 

     L’architettura della futura scuola prospettata dal ministro Moratti si oppone palesemente al progetto di riforma dei cicli, varato dal governo precedente e alla filosofia stessa dei processi di modernizzazione e di europeizzazione della scuola. Naturalmente il giudizio va dato, quando vi saranno documenti ufficiali del Ministro, e non soltanto note di agenzia del presidente della Commissione incaricato da Moratti il prof. Bertagna, ma alcuni indirizzi appaiono già consolidati, anche se mancano i riferimenti a metodi e contenuti, a competenze ed obiettivi. I dati caratterizzanti, allo stato attuale delle notizie, mi sembrano i seguenti: la scelta dell’indirizzo degli studi, anticipata in seconda media; il ritorno del latino nella scuola media; la divaricazione precoce tra la preparazione alla scuola superiore e l’istruzione professionale. Tutto ciò riporta alla memoria la vecchia separazione tra scuola media e avviamento professionale. L’arcaica impalcatura della scuola formativa per pochi, con al centro il modello del liceo classico e della cultura greco-romana, esclude le masse di ragazzi, che, a dodici anni, vengono dichiarati non idonei agli studi superiori e avviati al lavoro (se lo troveranno). E davvero la nostra gloriosa cultura classica risolve i problemi di formazione e la comprensione del mondo scientifico e tecnologico?

     Gli insegnanti sembrano chiamati a fornire una preparazione contenutistica per la classe dirigente, da un lato, e, dall’altro, a limitarsi a dare ai futuri lavoratori una generica cultura generale, con alcune nozioni tecnologiche, che ben presto invecchiano. Dove sono finiti i discorsi sull’esigenza di una formazione complessiva di tutti i ragazzi, sia per chi continua gli studi sia per chi trova lavoro, sull’educazione permanente anche in campo professionale, per consentire l’adattamento alla flessibilità, oggi necessaria, per entrare e rimanere nel mercato del lavoro? E’ possibile superare con un provvedimento il lungo percorso di acquisizione del diritto allo studio da parte dei settori meno acculturati della società, è possibile affrontare in questo modo l’evasione dall’obbligo, l’ingresso anticipato nel mondo del lavoro, i compiti educativi istituzionali della scuola?

     L’equiparazione della scuola privata alla scuola pubblica crea le condizioni per un ampliamento della configurazione confessionale di istituzioni scolastiche, a carico dello stato laico per dettato costituzionale, e impoverisce la scuola pubblica, che è un’istituzione fondamentale in uno stato democratico. La scuola pubblica, per la differenziata composizione dei docenti e degli studenti, è scuola pluralista, che meglio della scuola privata risponde alle nuove esigenze di integrazione interetnica di un mondo sempre più globale. Non può essere pericoloso enfatizzare la formazione religiosa cattolica in una società multireligiosa? I pericoli insiti in una distinzione di fede li stiamo drammaticamente subendo oggi da ambienti fondamentalisti islamici, che rinfocolano l’odio per gli infedeli. La scuola deve essere luogo libero di convivenza e di educazione ai diritti di cittadinanza di tutti, senza separatezza di religione, razza, opinione politica. Forse è il caso di tenere ben presente i principi costituzionali, quando si scrive una riforma, che inciderà per molti anni nella storia dell’istituzione scolastica. D’altronde, l’aver chiamato il cardinale Tonini a presiedere la commissione per la deontologia professionale degli insegnanti sembra demandare anche la questione della professionalità e del codice morale degli operatori della scuola alla Chiesa. Si profila, inoltre, una nuova gerarchizzazione delle scuole e degli insegnanti: il Ministro ha una manifesta predilezione per scuole, che definisce di eccellenza, declassandone altre.

    Oltre a queste considerazioni di principio, che ci auguriamo vengano contraddette dal testo ufficiale della riforma, crediamo in questa fase dover riprendere alcuni principi dell’impostazione metodologica e curricolare acquisite dalla scuola e in parte recepite dalla Commissione per la riforma dei cicli. Nei documenti preparatori della riforma gli assi portanti della scuola di base erano stati individuati nella lingua, nella cultura scientifica e nella storia, mentre si era fatto un grande sforzo per unificare i molti e dispersivi indirizzi della scuola superiore. Tre rappresentanti degli Istituti hanno fatto parte della Commissione per la riforma del precedente governo, ma sono stati esclusi da quella nominata dal Ministro Moratti. Per affrontare in modo particolare il tema della storia, credo che non possa essere annullata l’elaborazione metolodogica che gli Istituti hanno prodotto, attraverso la ricerca e la sperimentazione, sui punti qualificanti dei contenuti, delle strategie e delle procedure, delle competenze e della formazione e dell’aggiornamento dei docenti. Negli ultimi anni, il grande dato di novità nella scuola è stata l’introduzione della storia contemporanea nell’ultimo anno degli studi, cosa che ha provocato una forte modificazione nell’approccio allo studio e al significato stesso della storia nel percorso formativo del ragazzo. Dunque, nella prospettata architettura sarà da valutare quale spazio avrà la storia contemporanea, e quale riconoscimento avrà la metodologia di approccio che parte dalla problematizzazione del presente per studiare il passato. Quali contenuti verranno proposti come rilevanze di programma in campo generale e in campo locale? Sarà, infatti, anche rilevante capire come le scuole gestiranno il monte ore dedicato allo studio delle realtà locali, terreno di approfondimento particolarmente interessante, in cui può avvenire l’intreccio tra microstoria e grande storia, tra particolare e generale, così come è stato ampiamente sperimentato dai laboratori di storia allestiti dagli Istituti, oppure in cui si comunicheranno storie localistiche ed agiografiche, se non leggende e tradizioni inventate.

     Non credo che il Ministro Moratti e i suoi esperti possano pensare che, con un provvedimento governativo, la scuola possa rinchiudersi su stessa, voltarsi indietro, ritornare agli anni cinquanta, annullare la scolarizzazione di massa e il libero accesso agli studi universitari. Sarà necessario che la consultazione riesca davvero a rendere protagonisti gli studenti e i docenti, non soltanto attraverso eventi mediatici (come sembra verranno gestiti gli Stati generali di dicembre), ma in luoghi di confronto e di dibattito.

     A questo scopo apriamo il nostro spazio a contributi di tutti coloro che sono interessati al futuro della scuola. Gli Istituti, in ambito regionale e provinciale, offriranno altre occasioni di confronto e di discussione. E’ nostra intenzione raccogliere indicazioni per formulare un documento sul progetto di riforma da inviare al Ministro.