A proposito della proposta di Museo di storia nazionale a Roma
Le memorie e i luoghi

di Laurana Lajolo

 

     Dopo alcuni anni, in cui sistematicamente è avvenuta la decostruzione, fino alla distruzione, di una memoria collettiva consolidata, che riconosceva alcune tappe della storia italiana e le sue cesure profonde (fascismo/resistenza-democrazia, ad esempio), oggi si sta nuovamente facendo strada la riflessione sull’importanza della memoria storica per evitare la dissoluzione dell’identità nazionale. E proprio Galli della Loggia, che ha teorizzato la morte della patria dopo l’8 settembre ’43 e la prevaricazione della memoria della resistenza sulla memoria della guerra civile, ha proposto, in un articolo su "Il Corriere della sera" del 27 dicembre scorso, di allestire un Museo della storia nazionale per ridare agli Italiani la memoria dell’identità nazionale.

     In un momento di radicali trasformazioni istituzionali e costituzionali, anche preoccupanti per la continuità dei principi fondanti la nostra repubblica, è certamente molto urgente riprendere a ragionare in modo argomentato sulle modalità di costruzione della memoria dell’identità della nazione, riconoscendo e recuperando le memorie plurime degli Italiani, sia quelle politiche sia quelle sociali e culturali, che si è voluto annullare nell’ultimo decennio, disconoscendo, ad esempio, i conflitti ideologici aspri e il forte senso di appartenenza delle masse popolari a schieramenti contrapposti, eppure connessi al sistema democratico, che aveva come suo fondamento l’antifascismo.

    La discussione sulla dissoluzione della memoria e sulla crisi dell’identità nazionale è stata sostenuta dai media, che, nella nostra società della comunicazione, hanno assunto il ruolo di agenti di storia. Sono oggi giornali e televisioni gli strumenti nuovi e molto potenti di divulgazione storica. Questa battaglia culturale, condotta secondo un organico progetto culturale e comunicativo, ha l’obiettivo dichiarato di riscrivere la storia italiana del Novecento, rovesciando l’egemonia culturale degli storici di sinistra e di produrre un nuovo paradigma culturale, in grado di sconfiggere definitivamente il comunismo, assimilandolo al fascismo nella definizione dei totalitarismi del Novecento. Così la stessa pregiudiziale antifascista, fondamento della Costituzione repubblicana, deve essere rimossa, rivalutando le realizzazioni del regime e l’esperienza dei giovani di Salò e dimenticando la soppressione delle libertà, le guerre espansioniste, l’alleanza con il nazismo, le leggi razziali, le responsabilità della monarchia. Secondo questa interpretazione, ora dominante, è la cultura di sinistra ad aver costruito la memoria ufficiale e l’identità dell’Italia repubblicana, lasciando in ombra o, meglio, nascondendo parti significative della storia dei vinti, che non coincidevano con il racconto pubblico, specificamente per la vulgata della Resistenza.

    Si procede, quindi, a riscrivere la storia, facendone uno spregiudicato uso politico, attraverso la tematica dei totalitarismi, ma, nel contempo, anche depotenziando i principi costituzionali ed accettandone le modifiche in conformità a nuove esigenze del potere. In questo disegno di riscrittura della storia un museo di storia nazionale potrebbe produrre l’ufficializzazione di una memoria artificiosamente ricostruita, attraverso un processo condizionato e compromesso da parte del potere. Potrebbe essere l’attuale stato politico a costruire un percorso artificioso di forme culturali identitarie, come è già avvenuto, in passato, ad esempio, con la monumentalizzazione del Risorgimento e della prima guerra mondiale, con la propaganda del regime fascista.

    Interpretando correttamente la storia della democrazia italiana, sarebbe, invece, giusto valorizzare il recupero e la conservazione della pluralità delle fonti di memoria e identificare e rendere riconoscibili i luoghi della memoria per ricostruire l’identità repubblicana, attraverso la composizione di memorie diverse all’interno della tessitura della ricerca storiografica.

    In questa direzione stanno lavorando alcune Regioni, province, comuni, spesso in collaborazione con gli Istituti per la storia della resistenza e della società contemporanea. Ci sono già realizzazioni concluse, si pensi al Museo storico di Trento, che traccia il percorso dall’Unità alla resistenza e agli anni della repubblica, ed altri stanno prendendo forma, come I percorsi di memoria, in Piemonte e in Emilia Romagna, che tengono conto anche di istituzioni museali esistenti o il Centro di documentazione sulla memoria delle stragi naziste della Toscana.

    Queste ed altre iniziative, incentrate sulla memoria, utilizzano il patrimonio archivistico degli Istituti della resistenza. Gli Istituti conservano nei loro archivi non soltanto le carte partigiane fondanti la repubblica, ma estesi repertori di fonti di storia contemporanea, tra cui le fonti di memoria dell’antifascismo storico, della deportazione, della guerra partigiana, della vita quotidiana in guerra, delle trasformazioni del dopoguerra, del ’68, oltre a molti archivi di partiti politici, di organizzazioni sindacali e di associazioni. Gli Istituti hanno condotto e stanno conducendo anche esperienze di didattica della storia molto interessanti. L’uso critico della memoria e delle sue fonti, infatti, ha una sua importanza formativa per gli studenti, attraverso le relazioni di memorie nelle diverse dimensioni del tempo. La costruzione di memoria e la sua trasmissione tra le generazioni trovano la loro consistenza nelle fonti storiche e, a sua volta, la memoria diventa fonte di storia, in quanto laboratorio di riflessione e di composizione di esperienze diverse, che da, individuali e collettive, si trasformano in memoria storica della comunità locale e nazionale. La memoria, come la storia, è una ricostruzione a posteriori, che avviene attraverso il riaffiorare e/o la correzione dei ricordi, in base agli stimoli e alle indicazioni del presente. I ragazzi vengono, così, messi in grado, attraverso specifici percorsi di studio e di ricerca, di scoprire le dinamiche, le contraddizioni e le conflittualità che governano le memorie e gli oblii e sperimentano operazioni complesse, che li avviano alla conoscenza della storia.

    In questa dimensione è stata condotta una ricerca molto stimolante, durata tre anni, dall’Istituto Nazionale "Ferruccio Parri" e dal Ministero dell’Istruzione, sul tema Memoria e insegnamento della storia, finalizzata ad affrontare con gli insegnanti l’intreccio problematico tra memoria e storia, tenuto conto del ruolo che i docenti svolgono, insegnando la storia contemporanea. Essi sono, infatti, oltre che organizzatori di sapere storico, anche testimoni, cioè portatori di memoria, degli avvenimenti insegnati. La ricerca è stata impostata come un processo di autoformazione degli insegnanti e il suo esito è stato duplice: l’individuazione di alcuni snodi della memoria sociale e politica delle generazioni della repubblica e la produzione di percorsi di sperimentazione didattica sul passaggio di memoria tra le generazioni e sulle modalità di costruzione delle memorie collettive degli ultimi cinquant’anni.

    E’ così che si crea e si ricrea, anche nelle nuove generazioni, l’identità di un popolo, dopo grandi cesure storiche, rigenerando valori, simboli, forme di convivenza attraverso processi di memoria e di ricostruzione storica. Data la complessità delle interrelazioni tra la storiografia e la formazione di memoria storica è necessario essere molto attenti alle operazioni di museificazione di questi processi, che non possono ripercorrere esempi tradizionali di ufficializzazione e di uso pubblico della memoria. Bisogna piuttosto puntare sulla rappresentazione di memorie plurime e diverse, fondate sulle fonti e su specifiche localizzazioni.

    Anziché progettare un museo nazionale, sarebbe più opportuno creare una rete visibile di percorsi di memoria diffusi, registrando le differenze, ma anche le comuni appartenenze e valorizzando iniziative e strutture già esistenti. E, poi, riguardo a un museo dell’identità nazionale si apre ancora un altro problema, quello della relazione con la cultura europea e del confronto di integrazione e di diversità tra la nostra cultura e le altre culture già presenti in Italia.