Dopo alcuni anni, in cui sistematicamente è avvenuta la decostruzione,
fino alla distruzione, di una memoria collettiva consolidata, che
riconosceva alcune tappe della storia italiana e le sue cesure
profonde (fascismo/resistenza-democrazia, ad esempio), oggi si sta
nuovamente facendo strada la riflessione sullimportanza della
memoria storica per evitare la dissoluzione dellidentità
nazionale. E proprio Galli della Loggia, che ha teorizzato la morte
della patria dopo l8 settembre 43 e la prevaricazione della
memoria della resistenza sulla memoria della guerra civile, ha
proposto, in un articolo su "Il Corriere della sera" del 27
dicembre scorso, di allestire un Museo della storia nazionale per
ridare agli Italiani la memoria dellidentità nazionale.
In un momento di radicali trasformazioni istituzionali e
costituzionali, anche preoccupanti per la continuità dei principi
fondanti la nostra repubblica, è certamente molto urgente riprendere
a ragionare in modo argomentato sulle modalità di costruzione della
memoria dellidentità della nazione, riconoscendo e recuperando le
memorie plurime degli Italiani, sia quelle politiche sia quelle
sociali e culturali, che si è voluto annullare nellultimo
decennio, disconoscendo, ad esempio, i conflitti ideologici aspri e il
forte senso di appartenenza delle masse popolari a schieramenti
contrapposti, eppure connessi al sistema democratico, che aveva come
suo fondamento lantifascismo.
La
discussione sulla dissoluzione della memoria e sulla crisi dellidentità
nazionale è stata sostenuta dai media, che, nella nostra società
della comunicazione, hanno assunto il ruolo di agenti di storia. Sono
oggi giornali e televisioni gli strumenti nuovi e molto potenti di
divulgazione storica. Questa battaglia culturale, condotta secondo un
organico progetto culturale e comunicativo, ha lobiettivo
dichiarato di riscrivere la storia italiana del Novecento, rovesciando
legemonia culturale degli storici di sinistra e di produrre un
nuovo paradigma culturale, in grado di sconfiggere definitivamente il
comunismo, assimilandolo al fascismo nella definizione dei
totalitarismi del Novecento. Così la stessa pregiudiziale
antifascista, fondamento della Costituzione repubblicana, deve essere
rimossa, rivalutando le realizzazioni del regime e lesperienza dei
giovani di Salò e dimenticando la soppressione delle libertà, le
guerre espansioniste, lalleanza con il nazismo, le leggi razziali,
le responsabilità della monarchia. Secondo questa interpretazione,
ora dominante, è la cultura di sinistra ad aver costruito la memoria
ufficiale e lidentità dellItalia repubblicana, lasciando in
ombra o, meglio, nascondendo parti significative della storia dei
vinti, che non coincidevano con il racconto pubblico, specificamente
per la vulgata della Resistenza.
Si
procede, quindi, a riscrivere la storia, facendone uno spregiudicato
uso politico, attraverso la tematica dei totalitarismi, ma, nel
contempo, anche depotenziando i principi costituzionali ed
accettandone le modifiche in conformità a nuove esigenze del potere.
In questo disegno di riscrittura della storia un museo di storia
nazionale potrebbe produrre lufficializzazione di una memoria
artificiosamente ricostruita, attraverso un processo condizionato e
compromesso da parte del potere. Potrebbe essere lattuale stato
politico a costruire un percorso artificioso di forme culturali
identitarie, come è già avvenuto, in passato, ad esempio, con la
monumentalizzazione del Risorgimento e della prima guerra mondiale,
con la propaganda del regime fascista.
Interpretando correttamente la storia della democrazia italiana,
sarebbe, invece, giusto valorizzare il recupero e la conservazione
della pluralità delle fonti di memoria e identificare e rendere
riconoscibili i luoghi della memoria per ricostruire lidentità
repubblicana, attraverso la composizione di memorie diverse allinterno
della tessitura della ricerca storiografica.
In
questa direzione stanno lavorando alcune Regioni, province, comuni,
spesso in collaborazione con gli Istituti per la storia della
resistenza e della società contemporanea. Ci sono già realizzazioni
concluse, si pensi al Museo storico di Trento, che traccia il percorso
dallUnità alla resistenza e agli anni della repubblica, ed altri
stanno prendendo forma, come I percorsi di memoria, in
Piemonte e in Emilia Romagna, che tengono conto anche di istituzioni
museali esistenti o il Centro di documentazione sulla memoria delle
stragi naziste della Toscana.
Queste ed altre iniziative, incentrate sulla memoria, utilizzano il
patrimonio archivistico degli Istituti della resistenza. Gli Istituti
conservano nei loro archivi non soltanto le carte partigiane fondanti
la repubblica, ma estesi repertori di fonti di storia contemporanea,
tra cui le fonti di memoria dellantifascismo storico, della
deportazione, della guerra partigiana, della vita quotidiana in
guerra, delle trasformazioni del dopoguerra, del 68, oltre a molti
archivi di partiti politici, di organizzazioni sindacali e di
associazioni. Gli Istituti hanno condotto e stanno conducendo anche
esperienze di didattica della storia molto interessanti. Luso
critico della memoria e delle sue fonti, infatti, ha una sua
importanza formativa per gli studenti, attraverso le relazioni di
memorie nelle diverse dimensioni del tempo. La costruzione di memoria
e la sua trasmissione tra le generazioni trovano la loro consistenza
nelle fonti storiche e, a sua volta, la memoria diventa fonte di
storia, in quanto laboratorio di riflessione e di composizione di
esperienze diverse, che da, individuali e collettive, si trasformano
in memoria storica della comunità locale e nazionale. La memoria,
come la storia, è una ricostruzione a posteriori, che avviene
attraverso il riaffiorare e/o la correzione dei ricordi, in base agli
stimoli e alle indicazioni del presente. I ragazzi vengono, così,
messi in grado, attraverso specifici percorsi di studio e di ricerca,
di scoprire le dinamiche, le contraddizioni e le conflittualità che
governano le memorie e gli oblii e sperimentano operazioni complesse,
che li avviano alla conoscenza della storia.
In
questa dimensione è stata condotta una ricerca molto stimolante,
durata tre anni, dallIstituto Nazionale "Ferruccio Parri"
e dal Ministero dellIstruzione, sul tema Memoria e insegnamento
della storia, finalizzata ad affrontare con gli insegnanti lintreccio
problematico tra memoria e storia, tenuto conto del ruolo che i
docenti svolgono, insegnando la storia contemporanea. Essi sono,
infatti, oltre che organizzatori di sapere storico, anche testimoni,
cioè portatori di memoria, degli avvenimenti insegnati. La ricerca è
stata impostata come un processo di autoformazione degli insegnanti e
il suo esito è stato duplice: lindividuazione di alcuni snodi
della memoria sociale e politica delle generazioni della repubblica e
la produzione di percorsi di sperimentazione didattica sul passaggio
di memoria tra le generazioni e sulle modalità di costruzione delle
memorie collettive degli ultimi cinquantanni.
E
così che si crea e si ricrea, anche nelle nuove generazioni, lidentità
di un popolo, dopo grandi cesure storiche, rigenerando valori,
simboli, forme di convivenza attraverso processi di memoria e di
ricostruzione storica. Data la complessità delle interrelazioni tra
la storiografia e la formazione di memoria storica è necessario
essere molto attenti alle operazioni di museificazione di questi
processi, che non possono ripercorrere esempi tradizionali di
ufficializzazione e di uso pubblico della memoria. Bisogna piuttosto
puntare sulla rappresentazione di memorie plurime e diverse, fondate
sulle fonti e su specifiche localizzazioni.
Anziché progettare un museo nazionale, sarebbe più opportuno creare
una rete visibile di percorsi di memoria diffusi, registrando le
differenze, ma anche le comuni appartenenze e valorizzando iniziative
e strutture già esistenti. E, poi, riguardo a un museo dellidentità
nazionale si apre ancora un altro problema, quello della relazione con
la cultura europea e del confronto di integrazione e di diversità tra
la nostra cultura e le altre culture già presenti in Italia. |