Dario Ragazzini (a cura di), La storiografia digitale, Torino, UTET, 2004, pp. 131, euro 18,50
a cura di Antonino Criscione

Da almeno 10 anni ci sono storici, nonché studiosi e appassionati di storia, che producono ragionamenti, progetti, esperienze riguardo all’intreccio tra Internet e storia, tra informatica, telematica e storia. Si tratta di un campo di interessi, tensioni conoscitive, sperimentazioni pratiche, dibattiti teorici ben lontano dall’essere concluso e sistematizzato. Mancano spesso le parole di uso quotidiano per indicare fenomeni ed esperienze comuni e questo è, osserva Dario Ragazzini introducendo questo volume, "la spia linguistica di una situazione che è tardi per definire allo stato nascente, ma che pure non si è ancora stabilizzata" (p. IX). "Storiografia digitale" e/o "storiografia di rete" sono alcune delle espressioni proposte in questo libro per dare un volto a questa area di interessi e tensioni conoscitive, oltre che .di realizzazioni concrete. Sono termini che vanno assunti con i loro margini di provvisorietà e di ambiguità, come tentativo di predisporre una formulazione aperta a ulteriori sviluppi e precisazioni, piuttosto che come pretesa di aver trovato una formula capace di delimitare e fissare un campo di studi e di esperienze in continuo mutamento. Alla discussione di alcuni di questi temi vengono dedicati i quattro saggi contenuti nel volume: "Le fonti storiche nell’epoca della loro riproducibilità informatica", di Dario Ragazzini; "La storia contemporanea nella rete del "villaggio globale"" di Serge Noiret; "La fotografia di documentazione storica in Internet", di Monica Gallai e Luigi Tomassini; "Una memoria fragile: il web e la sua conservazione", di Stefano Vitali.

La presenza sul Web di contenuti di storia è sotto gli occhi di tutti e di per sé non costituirebbe un fatto rilevante se potesse essere ridotta ed esaurita ai suoi livelli più bassi, e cioè alla propaganda ideologica o al narcisistico desiderio di esternazione di alcuni. Il fatto è che il Web si è rivelato essere un medium importante per la comunicazione di storia in ambito scientifico, di alta divulgazione, per l’insegnamento/apprendimento di storia. In diversi siti web di argomento storico si è accumulato nel corso del tempo materiale di studio e di informazione (banche dati, riviste, pubblicazioni scientifiche, dibattiti, saggi, ricerche), mentre il Web è diventato un importante luogo di sedimentazione della memoria e di reperti del nostro presente: basti pensare all’impatto sul Web degli avvenimenti dell’11 settembre 2001. Se a queste osservazioni colleghiamo le riflessioni già avviate da tempo da diversi studiosi sul rapporto tra computer e storiografia, possiamo convenire con Ragazzini che da tutto questo possono derivare significativi cambiamenti riguardo agli oggetti e ai metodi di lavoro degli storici. Non è il cambiamento di supporto (dalla stampa al digitale) che si vuole sottolineare nell’espressione "storiografia digitale", quanto piuttosto il cambiamento delle forme culturali e delle modalità di circolazione del sapere in atto con la Rete: "storiografia digitale" o "storiografia di rete" indicano quindi una "scrittura della storia" capace di reagire alle potenzialità del medium e delle tecnologie informatiche. I due ambiti nei quali questo cambiamento è in atto o può scatenarsi sono il rapporto con le fonti e la comunicazione dei risultati della ricerca. Nel primo caso ci troviamo già oggi di fronte a consistenti progetti di digitalizzazione delle fonti e di loro più ampia accessibilità attraverso Internet, con tutti i problemi e le cautele che questo comporta, e nello stesso tempo sappiamo che le fonti per lo studio della realtà contemporanea non potranno che essere digitali perché in buona parte esse nascono già come tali. Nel secondo caso, osserva Ragazzini, la "storiografia digitale" favorisce non l’approccio narrativo ma l’approccio problematico: lo storico non è più l’esploratore che ritorna da un viaggio in terre lontane nel tempo e ci racconta la sua impresa mostrando qualche reperto, ma diventa l’organizzatore di una scenografia: egli mette a disposizione una rete di significati e una rete di fonti basate su selezioni e interconnessioni, che il lettore/utente è invitato a ripercorrere. Diventa qui importante l’individuazione di fattori e di variabili, mentre "la comunicazione elettronica potrebbe (il condizionale è d’obbligo) offrire occasioni e modalità di rappresentazione multiple e contemporanee di interazioni" (p. 33).

Il saggio di Serge Noiret è un utile guida alle risorse di storia contemporanea presenti sulla Rete, nel tentativo di verificare sul campo l’esistenza di una "storiografia digitale", di saggiarne la consistenza e valutarne la tenuta. Al di là di alcuni casi già noti, e cioè il saggio di Darnton sui caffè della Parigi prerivoluzionaria (<http://www.indiana.edu/~ahr/darnton/>), o i progetti di storia urbana degli USA di P. J. Ethington e altri (<http://cwis.usc.edu/dept/LAS/history/Historylab/LAPUHK/index.html>), o il progetto The Valley of the Shadow del prof. Ayers e dell’Universita della Virginia (<http://valley.vcdh.virginia.edu/>), i risultati del "viaggio" (o delle "pedalate") di Noiret non sono molto esaltanti: "Poche volte vengono infatti offerti questi particolari contenuti di rete che siano connessi all’uso approfondito delle possibilità comunicative di un nuovo medium come Internet per valorizzare e diffondere i materiali scientifici, dalle fonti primarie a quelle secondarie, per non parlare della storiografia di rete" (pg. 43). A ciò si aggiunga il fatto che diventa sempre più evidente la tendenza a frammentare il Web in aree chiuse con accesso riservato nel campo delle pubblicazioni scientifiche, contraddicendo uno dei motivi della sua nascita come strumento di massima diffusione e accessibilità della conoscenza. Riguardo all’impatto delle nuove tecnologie osserva Noiret che esse non cambiano in modo radicale le carte a disposizione dello storico ma si limitano a redistribuirle assegnando nuove identità e statuti alle pratiche degli storici e ai documenti digitali.

Il saggio di Monica Gallai e Luigi Tomassini sulla fotografia in Internet ripercorre in termini generali le questioni legate all’uso delle foto come fonti storiche e alla loro archiviazione e colloca all’interno di esse il tema della loro digitalizzazione e circolazione in rete. Diventano infatti molto delicati i problemi metodologici relativi al rapporto tra il documento fotografico e il contesto in cui è inserito nonché al modo di trattare la singola foto e le sue informazioni di corredo. Può accadere infatti che l’accesso attraverso la Rete alle foto esalti la tendenza a isolare le foto, a considerarle come "pezzi unici" sganciati dal contesto o dalla serie in cui sono inseriti, ad assegnare ad esse valore documentario solo in relazione al loro contenuto iconico trascurando del tutto formazioni discorsive e contenuti a cui esse sono comunque legate. Nel saggio vengono trattati problemi ed esperienze in corso di catalogazione e di digitalizzazione delle foto fornendo importanti spunti di riflessione critica a questo riguardo.

Tra le metafore con le quali si è tentato di interpretare e rendere familiare l’assoluta novità costituita da Internet e poi dal Web, due hanno goduto di particolare successo: la Biblioteca, l’Archivio. Tra queste, la seconda si è mostrata nel corso del tempo più adeguata e più produttiva se consideriamo i siti Web non come una nuova tipologia di pubblicazione ma come uno strumento di comunicazione e di organizzazione per i soggetti produttori, che in essi sedimentano progressivamente, secondo dinamiche di accumulazione/sostituzione/aggiornamento materiali riguardanti la loro vita e la loro attività. In questa direzione si avvia il discorso di Stefano Vitali nel momento in cui considera il Web come fonte storica e ragiona sui vari progetti in atto di "archiviazione" del Web. Molti di questi progetti nascono dalla consapevolezza del ruolo svolto dal Web come strumento di aggregazione e di comunicazione, terreno di sviluppo di specifiche forme di cultura , punto di riferimento per comportamenti e culture che utilizzano nella vita sociale logiche e strumenti messi a disposizione dalla Rete. "Archiviare" il Web significa non dover rinunciare a fonti che possono dare più di una chiave d’accesso alle dinamiche del mondo contemporaneo. Si tratta di una "memoria fragile" ma preziosa, che potrà sopravvivere soltanto se i soggetti che hanno popolato il cyberspazio si faranno carico di strategie organiche per la sua conservazione nel tempo.

Antonino Criscione