I giovani
deprivati di futuro
Il presente è vissuto
dai giovani come gravido di insicurezza e a volte di angoscia, e
diviene un limite invalicabile per la riflessione storica e per la
progettualità del futuro. Ad esempio, i giovani intervistati per una
ricerca condotta dal Laboratorio Nazionale di Didattica della
storia, definiscono il XX secolo come una guerra continua,
manifestando una visione ciclica della storia, che vanifica le
volontà individuale e collettiva di cambiamento. Essi si sentono
testimoni e vittime della storia, non attori di possibili
trasformazioni future. Così, mentre il loro spazio è potenzialmente
globale ed infinito, essi preferiscono attenersi al vicino,
rifiutando l'imprevedibilità del lontano. Non hanno fiducia nel
progresso, che è diventato un valore ambivalente e contraddittorio.
Dicono bene Nadia Baiesi e Elda Guerra in Interpreti del loro
tempo (1997): "E allora forse dovremmo dire che se è vero che
senza memoria non è possibile pensare al futuro, è altrettanto vero
che senza futuro - senza il progetto, senza lo slancio, senza
l'accettazione del rischio calcolato - non ci può essere passato,
perché non sopravvive il desiderio di guardarsi indietro e di
costruire una continuità di partecipare al farsi della
storia."(Baiesi, Guerra, p.118) Quindi si può anche rovesciare il
discorso e dire che i giovani, più che essere deprivati di passato,
sono deprivati di futuro.
L'adolescente è, per sua
natura, immerso nel presente, ma fino alle generazioni degli anni
'80, voleva fortemente immaginarsi il futuro, mentre le generazioni
attuali, sentendosi marginali nel presente con prospettive di lavoro
scarse e postcipate nel tempo, non riescono a proiettarsi al di là
della circoscritta dimensione esistenziale. Non sono i giovani
responsabili e colpevoli di questa loro estraneità dalla storia, la
scuola deve interrogarsi sui processi formativi della consapevolezza
storica.
Va considerato che gli
studenti ricevono la maggior parte delle informazioni riferite alla
storia dai media, che forniscono un'enorme quantità di
notizie, ma con un livello minimo di complessità, trascurando la
pluralità delle interconnessioni utili per formare la
rappresentazione della storia. I media raccontano gli
avvenimenti storici, comunicando il contenuto spettacolare ed
emotivo dell'evento, senza darne significanza nel continuum storico.
I giovani sono quindi bombardati da migliaia di notizie in diretta,
ma rimangono privi di categorie logico-formali per formarsi la
coscienza del tempo, cioè la capacità di costruire la
rappresentazione mentale degli avvenimenti nella sintesi tra passato
/ presente / futuro. Condurre gli studenti ad orientarsi nella
dimensione storica e a comprendere la dinamica dei processi sociali
e culturali significa, prima di tutto, dare loro gli strumenti per
orientarsi nel flusso processuale del presente, perché la storia
entri nella loro dimensione emotiva e intellettuale di
vita.
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