Concetti

Nell’ambito del dibattito che si è tentato di sintetizzare per sommi capi sono stati usati, non sempre con omogeneità di significato, vari concetti relativamente nuovi nella problematica storiografica del nostro paese. Proprio perché di concetti nuovi si tratta, può essere utile tentarne una rapida ricostruzione.

Il patto costitutivo e i contraenti. Nella tradizione giusnaturalistica, il patto costitutivo è un atto esplicito, razionale, mediante cui una comunità politica si costituisce e manifesta il proprio intendimento di aderire alle istituzioni liberamente scelte. È evidente che gli italiani hanno ripreso a interrogarsi sul patto costitutivo dopo che questo è stato messo in discussione dalla Lega e dopo che si è accettata l’idea di una revisione, anche profonda, della Costituzione.

Sul piano formale è difficile sostenere che nel processo costituente non sia avvenuto tutto quanto è solitamente ritenuto necessario per la costituzione di un patto formalmente valido. Nel recente dibattito, nessuno ha negato la legittimità formale del patto. Sono state tuttavia segnalate varie insufficienze di tipo sostanziale. Anzitutto è stata segnalata l’estraneità morale di una parte. Si è in altri termini suggerito che si sia trattato di una Costituzione intrisa dell’ideologia dei vincitori; proprio per questo è stata sottolineata l’esigenza di un nuovo patto costitutivo. In secondo luogo è stata sottolineata da più parti l’insufficienza della legittimità formale del patto, per cui si è invocata l’esigenza di elementi più espressivi, più radicati nella coscienza (o nell’inconscio) dei singoli (si veda oltre). In terzo luogo è stato messo in dubbio che il patto sia stato sostanzialmente stipulato tra i cittadini. Ci riferiamo all’analisi di Scoppola, il quale, come si è visto, ha sostenuto che il patto del 1948 sia stato di fatto un patto tra partiti e non tra cittadini. Se questo concetto venisse preso alla lettera, ne deriverebbe l’esigenza di sviluppare per la prima volta un effettivo patto costitutivo tra i cittadini intesi come singoli e non in quanto facenti parte di qualche aggregazione partitica.

Fondazione. Oltre alla questione della formale validità del patto, il dibattito ha evidenziato un concetto relativamente nuovo, cui si è fatto riferimento, con diversa terminologia, attraverso termini come esperienza fondativa, moto di fondazione, ecc... Con ciò non pare si voglia sottolineare l’inutilità di un patto costitutivo formale, razionale, bensì pare si voglia sottolineare l’esigenza che il patto costitutivo sia accompagnato (o rafforzato) da un elemento sacrale, affettivo, irrazionale, capace di segnare nel profondo i contraenti, capace per ciò stesso di legarli gli uni agli altri. Il problema è decisamente complesso e riguarda la possibile autonomia della sfera tecnico – giuridica dagli aspetti più profondi della cultura, della storia e della società. Le istituzioni giuridiche rappresentano solo la forma superficiale di un ethos profondo, senza il quale non avrebbero alcun senso, oppure le istituzioni giuridiche formali vanno al di là dell’ethos, e sono in grado in taluni casi addirittura di razionalizzare o ricostruire un ethos? Dalla storia non si ricavano leggi assolute: si è dato il caso di comunanze radicate e profonde che abbiano favorito l’instaturazione di istituzioni formali, ma si è dato anche il contrario: l’introduzione di istituzioni formali è riuscita a ristrutturare la società civile.

Nel dibattito che abbiamo riassunto il problema teorico è stato appena sfiorato e ci si è accontentati di alcune vaghe generalizzazioni empiriche. In sostanza si afferma: se gli italiani si sono dati con una procedura formalmente valida una Costituzione formale e se questa non è tuttavia bastata a renderli uniti (tanto da rendere possibile la ripresa della tematica della divisione del Paese), allora dovevano aver bisogno di un atto fondativo più profondo, viscerale; in altri termini, quando il collante delle istituzioni pare essere debole, si tende a invocare collanti ben più robusti (una necessità di tipo emotivo…fino a vincoli che appaiono indistruttibili come il senso della patria, o, magari, il sangue e il suolo).

È comunque interessante, e piuttosto insolito per un dibattito storiografico, il fatto che la dimensione fondativa di ordine psicologico sia stata ripresa più volte. Secondo De felice - Della Loggia una esperienza psicologica negativa: la "morte della patria" sarebbe bastata a privare la Repubblica della partecipazione attiva dei cittadini; secondo Scoppola l’esperienza fondativa capace di accomunare tutti gli italiani sarebbe stata costituita dalle sofferenze attraversate e dalla riconquistata libertà. Una specie di trauma collettivo che avrebbe visto la fine con il 25 aprile. Nel dibattito politico odierno sembra emergere anche un’altra ipotesi, in termini di conflittualità psicosociale: se l’Italia repubblicana è nata per opera di una parte, dei vincitori della guerra civile, allora oggi, per dare a tutti la sensazione della comune appartenenza occorre giungere a una pacificazione di quella guerra civile... È inevitabile, una volta imboccata una simile prospettiva, che nell’ansia della pacificazione oggi si tenda ad accomunare tutti i combattenti, tutti i punti di vista in una specie di "notte in cui tutte le vacche sono nere".

È stato segnalato anche un consistente rischio: che con la ricerca di un mancato momento fondativo nel passato si stia tentando di misconoscere le cause attuali (assai più rimovibili) e le responsabilità (spesso inconfessate) della disunione nazionale. Una simile posizione è stata adombrata in Sciolla (1997).

Partiti e formazione della coscienza nazionale. Il dibattito cui stiamo facendo riferimento è avvenuto in un periodo di forte ristrutturazione del sistema politico italiano e di crisi dei partiti del vecchio "arco costituzionale". Era d’uopo interrogarsi sul ruolo dei partiti. Storicamente, nei comuni medievali, i partiti erano nati come fazioni disgregatrici dell’ordine, rappresentanti di interessi particolari. Nell’Italia contemporanea il regime dei partiti di massa ha avuto il suo sviluppo, in concomitanza con la nazionalizzazione delle masse, nel partito unico di stampo fascista. È un problema aperto quanto abbia contribuito il partito unico fascista all’integrazione della comunità nazionale. Pressoché tutti gli autori che sono intervenuti nel dibattito, e che sono stati considerati in questa relazione, hanno messo sotto accusa i partiti post fascisti; il più generoso, Scoppola, ne riconosce il ruolo positivo, anche se riconosce che la presenza dei partiti di massa abbiano ritardato lo sviluppo di un moderno senso di cittadinanza fondato sull’individualità. Gli altri intervenuti hanno accusato i partiti di avere scientemente prodotto una ideologia e una storiografia illusoria intorno al mito dell’antifascismo, di aver irreggimentato il movimento di democratizzazione in una sorta di pluripartitismo corporativo. Più recentemente il partito "pigliatutto" e il partito come comitato di affari avrebbero preso atto della disgregazione delle vecchie culture politiche ma non avrebbero saputo produrre un progetto culturale autentico di sviluppo del patriottismo repubblicano.

Coscienza nazionale e forma di governo. Dal dibattito è emerso, come si è visto, che non è sufficiente l’elemento giuridico formale..., ovvero che non è sufficiente una buona Costituzione per costituire effettivamente uno stato nazionale se manca la dimensione civile, il senso della nazione, oppure quella che potremmo chiamare la cultura civica. Ciò che non è stato chiarito sufficientemente è il rapporto tra gli elementi interni di questa cultura civica. In effetti la terminologia usata è assai varia e confusa: patria, nazione, ethos, idea di nazione, senso dello stato, senso civico, identità, coscienza civile, coscienza collettiva,... Mettere ordine in questa terminologia è senz’altro un compito arduo (e non affrontabile in questa sede). Alcuni punti di discrimine potrebbero tuttavia essere questi: sullo sfondo sembra si possa collocare anzitutto l’eredità storica, l’ethos comune costruito dalla storia (cfr. Bodei e Schiavone). Questo non è altro se non il deposito delle esperienze storiche... assai difficile da definire, ma la cui influenza sembra essere non del tutto indifferente, come appare da Putnam (1993). In secondo luogo abbiamo l’aspetto legato alla nazione intesa tradizionalmente come comunità di lingua, costumi, ecc.... ovvero l’identificazione con la nazione. In terzo luogo abbiamo il livello della forma politica che la nazione si dà (che dovrebbe corrispondere ovviamente - nelle società democratiche - alla cultura politica media). Ora la domanda essenziale sembra essere questa: è ipotizzabile una coscienza nazionale slegata da una forma politica precisa? Storicamente le nazioni si sono formate in relazione a forme politico istituzionali assai precise, ma non certo democratiche: le prime nazioni si sono formate come monarchie feudali, poi come stati assoluti, solo molto tardi alcune si sono definite come stati costituzionali e finalmente come stati democratici. È possibile distinguere, ad esempio, nel fascismo un elemento sano di coscienza nazionale (di nazionalizzazione delle masse) da un elemento nazionalistico negativo, da attribuire al fascismo stesso? Il fascismo non era di per sé il modo specifico di vivere la nazione di quel periodo? In effetti in De Felice e Della Loggia non si opera la distinzione all’interno del senso della nazione o della patria, tra la componente generica e la componente specificatamente politica.

Se la distinzione fosse legittima, avrebbe dunque ragione Rusconi a pretendere sì un patriottismo, ma di tipo repubblicano e costituzionale! Forse un simile oggetto potrebbe essere più opportunamente definito come "coscienza civica" piuttosto che come coscienza nazionale. Se fosse vero questo legame tra il senso della nazione (storicamente dato) e la forma istituzionale (altrettanto storicamente data), allora sarebbe assai facile attribuire la scarsa identità nazionale degli italiani non tanto a difetti storici fondativi, a traumi improvvisati o a colpi di mano partitici, quanto a un difetto di funzionamento delle stesse istituzioni repubblicane e della cultura politica che hanno saputo o non hanno saputo promuovere fra i cittadini (in altri termini: date agli italiani dei motivi per essere orgogliosi di sé e del proprio governo e lo saranno!)

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