Donne e storia: tre proposte

Penelope J. Corfield

 
Amici e colleghi, ringrazio anzitutto per l’invito a prendere parte a questa discussione e mi scuso per il mio italiano. Posso capire quello che dite — per cui attenti a non lasciarvi sfuggire qualche importante segreto in mia presenza — ma permettetemi di rispondere in inglese alle vostre domande. Ringrazio anche il collega italiano che mi ha aiutato a scrivere il testo che sto leggendo.

Poiché siamo nell’era della globalizzazione, è necessario che le cinquemila lingue del mondo possano comunicare tra loro. Ma in questa moderna Babele è una buona cosa avere la possibilità di avere un tranquillo scambio di idee tra persone appartenenti a diverse culture.

Vorrei proporre tre tesi sulla storia delle donne in una prospettiva di lunghissimo periodo. È questa la sfida proposta dallo storico Arnold Toynbee nel suo saggio di recente pubblicato su "Italia contemporanea". Senza dubbio, Toynbee ha commesso alcuni errori di dettaglio, e la sua convinzione che tutti i mariti americani fossero affettuosi e gentili nei confronti delle proprie mogli sembra effettivamente un po’ naive e priva di prove sufficienti. Ma quello che davvero colpisce è lo scopo che si prefigge, il lungo periodo di tempo considerato e il trend di lunghissimo periodo che cerca di individuare. Gli storici di oggi sono grado di fare di meglio? Al momento attuale dobbiamo rispondere di no. Siamo oggi in un’era caratterizzata da ricerche specialistiche, nella quale la maggior parte degli storici non studia più di due o tre secoli — e alcuni molto meno.

Accettiamo quindi la sfida di Toynbee, e proponiamo anche, come prima tesi, quello che anche Toynbee sostiene. E cioè che la storia delle donne non è descrivibile in termini di progresso lineare, da un passato primitivo fino al glorioso presente. Il Novecento ha visto tanti orrori da rendere assurda qualsiasi forma di trionfalismo. Se il mondo vittoriano credeva nel progresso, noi oggi sappiamo bene che le cose sono molto più complesse. E anche trovare nella tecnologia una storia di liberazione e di progresso appare troppo semplicistico. La lavatrice, il forno a microonde e la pillola contraccettiva non portano di per sé né la felicità, né la liberazione (ed è evidente che questi due desideri non sono la stessa cosa) per tutte le donne.

Quindi, se rifiutiamo ogni idea di semplice progresso lineare, che alternativa abbiamo? Alcuni storici e alcuni sociologi suggeriscono che, al contrario, la storia è immobile. Questa può essere definita come la visione della storia di Marilyn Monroe (secondo la quale il "sesso debole" è sempre destinato ad avere "the fuzzy end of the lollipop"). In altri termini, qualunque sia il sistema, la donna è destinata a perdere sempre. Secondo questa visione, l’uomo e la donna sono sempre visti come portatori di interessi secondo un’opposizione di tipo binario. Con il corollario che l’uomo è sempre oppressore e la donna sempre vittima. A sostegno di questa tesi, le femministe indicano per esempio il fatto che oggi nel mondo del lavoro le donne, a parità di impiego, guadagnano meno degli uomini. Allo stesso tempo, le donne continuano a dedicarsi ai lavori domestici per un numero di ore superiore rispetto agli uomini. Questa tesi non implica che nulla cambi nella storia. Ma afferma l’esistenza di strutture profonde che fanno sì che, qualsiasi sia la cultura considerata, la donna abbia minori possibilità dell’uomo. Le ragioni strutturali che spiegano la posizione subordinata della donna sono per lo più correlate alle responsabilità familiari legate alla cura dei bambini. In più, alcuni sostengono che esista una differenza essenziale tra uomo e donna. La donna — dolce, affettuosa, intuitiva, amante della pace e della propria casa — secondo questo punto di vista vuole lei stessa assumere un ruolo subordinato, mentre l’uomo — pieno di testosterone e di razionalismo scientifico — esce di casa per cacciare e per combattere i nemici. Ma anche questa idea di una storia immobile non risulta convincente. Essa nega la diversità dell’esperienza umana nelle tante diverse culture e nel lungo corso dei millenni. Divide l’umanità in due campi contrapposti, quello degli uomini e quello delle donne, e ignora tutta una serie di variabili, come la classe, la cultura, la nazionalità, la religione, l’etnia, l’età e l’estrazione famigliare, che attraversano la categoria di gender.

La seconda tesi che propongo è quindi che sia sbagliato parlare di una storia immobile della donna — nonostante quanto afferma Marilyn Monroe in A qualcuno piace caldo.

La sfida che devono affrontare gli storici, i sociologi e le femministe di oggi è di trovare il modo di valutare contemporaneamente gli elementi di continuità e il cambiamento. Certe cose restano effettivamente le stesse. Le donne continuano a svolgere il ruolo riproduttivo fondamentale per la specie, ma non dimentichiamo che non tutte le donne di ciascuna generazione divengono madri. Ma vi sono anche cose che cambiano in meglio — in senso strutturale così come a livello superficiale. Dobbiamo di conseguenza pensare a una storia complessiva delle donne e degli uomini. Ma non è sufficiente proporre un modello secondo il quale la tecnologia contribuisce alla liberazione delle donne, mentre l’uomo ne perpetua l’oppressione. Sarebbe troppo semplice. Una storia complessiva dev’essere tale, perché molte sono le variabili da considerare — non soltanto un contrasto di tipo binario tra l’insieme degli uomini in tutte le epoche e le culture e l’insieme delle donne. La mia terza e ultima tesi è allora che può esserci un progresso nella storia complessiva degli uomini e delle donne, ma che questo progresso non è necessariamente graduale, continuo e privo di problemi.

Per concludere, sappiamo che non abbiamo bisogno di documenti per sapere che da quando esiste la specie umana le donne sono esistite.

Sappiamo anche che, fino a quando non sarà inventata una nuova tecnologia per la riproduzione della specie umana, continueranno a esserci delle donne nell’evoluzione umana.

Tra questi due estremi nel passato nel futuro, vi sono molte possibilità e secoli davvero densi di esperienze.

Possiamo dire che la condizione della donna è oggi vicina alla perfezione? La risposta è ovviamente no.

Al contrario possiamo dire che costituiscano un progresso l’alfabetizzazione delle donne, l’educazione delle donne, il voto alle donne, le cure mediche adeguate per le donne — e tutto ciò anche per gli uomini. Tutto questo rappresenta un progresso nella storia? Senza dubbio io ritengo di sì.