Premessa

 

Non basta offrire esempi innovativi e ben strutturati di percorsi didattici di storia locale per indurre gli insegnanti a utilizzarli in classe: l’abbiamo sperimentato all’Istresco in almeno un paio di corsi di aggiornamento.

Talvolta, l’interesse e la curiosità personale suscitati nei singoli corsisti non sono sufficienti a rompere la barriera di forte scetticismo circa la possibilità e l’opportunità di proporre agli studenti, una tantum, un modo di guardare al passato che oggettivamente entra in conflitto con la consolidata tradizione dell’insegnamento manualistico. Si tratta di una reazione in fondo comprensibile e perfino giustificabile: è vero che, nel mondo della scuola, si è ormai fatta strada l’idea di inserire percorsi di storia locale accanto alla storia generale; ma questa impostazione viene accettata solo se tra i due approcci esiste compatibilità e cioè se la proposta "locale" non entra in contraddizione con quel "modello dogmatico-trasmissivo" dell’insegnamento che ben pochi hanno il coraggio di mettere seriamente in discussione. Anche molti di quegli insegnanti che giudicano anacronistiche le vecchie pratiche didattiche basate sulla parafrasi del manuale finiscono pur sempre per riproporsi nel ruolo di divulgatori del sapere elaborato dagli storici, in forme magari nuove, più sofisticate ed efficienti.

Se così è, allora la prima operazione da fare, prioritaria rispetto a qualsiasi proposta didattica, è proprio quella di superare il "modello dogmatico-trasmissivo"; a proposito del quale è forse il caso di precisare che la "trasmissione" del sapere storico non rappresenta di per sé un fatto negativo, una volta che sia stata superata l’impostazione "dogmatica".

In ogni caso, tutto questo richiede necessariamente una ridefinizione del quadro complessivo di riferimento – le finalità educative – all’interno del quale si colloca l’insegnamento della storia (contemporanea), locale o generale che sia.