Il dibattito sul curricolo di storia prende quota?

Abbiamo l'impressione che il dibattito su nuovi curricoli e/o programmi di storia coerenti con la "riforma" Moratti stenti a decollare e mantenga per molti aspetti un carattere non pubblico. Così è stato per le "Indicazioni nazionali" per la scuola di base e così sembra essere di nuovo per la scuola superiore. Crediamo invece che sia interesse di tutti che questo dibattito ci sia. A questo scopo pubblichiamo due messaggi circolati all'inizio di dicembre 2003 nella mailing-list della SISSCO (Società Italiana per lo studio della Storia Contemporanea) e un commento di Aurora Delmonaco, presidente della Commissione Formazione dell'Insmli e del Landis.


Intervento di Giovanni Vitolo, dalla mailing-list della SISSCO
6/12/03, https://liste.racine.ra.it/pipermail/sissco/2003-December/003166.html

 

Cari colleghi, vi invio il testo di una proposta per l'insegnamento della storia al quinto anno dei licei previsti dalla riforma Moratti, presentata da me e  da Marco Tangheroni al coordinamento dei presidenti e dei coordinatori dei gruppi di lavoro per i programmi dei licei. A quel che mi dice  Tangheroni, che è coordinatore di uno di questi gruppi di lavoro, la  proposta  stata accolta con molto favore e mi risulta che sta  raccogliendo consensi anche all'esterno. Ritengo opportuno divulgarla,  in modo che possa essere oggetto di discussione più ampia. 

Cordiali saluti
Giovanni Vitolo, ordinario di Storia medievale nell'Università di Napoli "Federico II"

 

L'insegnamento della storia al quinto anno dei licei previsti dalla riforma Moratti

 

   Il carattere del quinto anno dei licei come raccordo con  la fase successiva di formazione (universitaria e non), e quindi dotato di una propria configurazione autonoma sul piano didattico, potrebbe essere una buona occasione per realizzare una mediazione tra i due opposti schieramenti degli storici che privilegiano nell’insegnamento della storia l’impostazione cronologico-lineare e quelli che sostengono l’opportunità di puntare sui moduli tematici. Esso infatti, per quanto riguarda la storia, potrebbe essere organizzato sulla base dell’insegnamento per moduli, intesi come completamento e approfondimento dello studio in senso cronologico-lineare fatto nei quattro anni precedenti e organizzati sulla base di due elementi caratterizzanti:

a)     ampio sviluppo cronologico, in modo da riprendere e approfondire argomenti trattati all’inizio del percorso liceale;

b)    collegamento stretto con il tipo di liceo, per cui, ad esempio, allo scientifico e al tecnologico si potrebbe puntare su temi legati alla cultura scientifica e alle strutture dell’economia, al classico su quelli più vicini alla produzione culturale e artistica, e così via dicendo.

 

  Una scelta di questo genere comporta naturalmente la rimodulazione dei programmi dei quattro anni precedenti: rimodulazione che non solo non rappresenta un problema, ma fornisce addirittura l’occasione per far risaltare meglio gli elementi originali delle varie epoche. In questo modo, infatti, si dedicherebbe il primo anno al mondo antico, inteso come una realtà unitaria nei suoi tratti caratteristici (il ruolo delle città, la gravitazione sul Mediterraneo, le gerarchie sociali, i caratteri del ceto dirigente, ecc.), il secondo al Medioevo, da salvaguardare nella sua identità di età di formazione dell’Europa, il terzo all’Età moderna fino all’età napoleonica e il quarto all’Otto-Novecento.

   A quello che potrebbe sembrare un ritorno ai programmi del passato, in seguito alla compressione dello spazio dedicato al Novecento, si ovvierebbe con i moduli tematici del quinto anno, sia perché finiranno con il privilegiare tematiche legate all’attualità sia perché essi, pur partendo nella loro articolazione cronologica da secoli più o meno lontani, dovrebbero pur sempre arrivare all’età contemporanea.

Marco Tangheroni

Giovanni Vitolo

 

Intervento di Luigi Cajani, dalla mailing-list della SISSCO
8/12/03,
https://liste.racine.ra.it/pipermail/sissco/2003-December/003171.html

 

Cari colleghi, non sono iscritto alla vostra lista, essendo un modernista, ma vorrei  approfittare della cortesia di Brunello Mantelli, che mi ha inoltrato la  recente mail di Vitolo e Tangheroni sull'insegnamento della storia nei  futuri licei, per discutere con voi questo tema che mi interessa molto.

Prima di venire al nocciolo della questione, vorrei sottoporvi una considerazione. Sono sorpreso dalla mancanza di reazioni pubbliche da parte degli storici italiani di fronte ai nuovi programmi (più precisamente: "Indicazioni nazionali") di storia per le elementari e le medie, che sono noti ormai da lungo tempo. La mia sorpresa è tanto più grande se ripenso al grande e vivace dibattito che ci fu sulla stampa prima ai tempi del decreto Berlinguer sulla storia del Novecento e poi durante la preparazione dei curricoli della Commissione De Mauro. Non so darmi una spiegazione di questo comportamento così diverso dai precedenti, e vorrei che qualcuno mi aiutasse a trovarla.

E ora qualche osservazione sulla proposta di Vitolo e Tangheroni. Che parte dall'idea che ci siano in Italia due schieramenti di storici, uno a favore di un’impostazione cronologico-lineare dell'insegnamento della storia e uno a favore dei moduli tematici. La questione venne sollevata ai tempi della Commissione De Mauro, e la scelta di un approccio tematico fu uno degli argomenti di coloro che ne criticarono il lavoro. Il fatto è che si trattava soltanto di una leggenda accademica, messa in giro da persone male informate e che creò una confusione assai dannosa al dibattito. In Commissione ci fu infatti un orientamento praticamente unanime (con percentuale bulgara, per usare una metafora forse desueta) verso una struttura del curricolo di storia delle superiori che all'interno di un basilare percorso cronologico inserisse degli approfondimenti, che permettessero fra l'altro allo studente di avvicinarsi al lavoro dello storico. A riprova di ciò c'è, al di là della mia testimonianza di coordinatore del gruppo che discusse il curricolo di storia, il testo del decreto che venne redatto da De Mauro sulla base dei lavori della commissione, e nel quale si legge:

“Come meglio verrà precisato nelle indicazioni curricolari per la quota nazionale della secondaria, nella fase finale del curricolo (gli ultimi tre anni della scuola secondaria) gli studenti riprenderanno una seconda volta l’intera storia generale e cronologica come quadro di riferimento all’interno del quale si potranno sviluppare temi specifici che verranno trattati con particolare attenzione alle fonti e al dibattito storiografico, in modo da sviluppare l’approccio critico alla disciplina" ( Indirizzi per l’attuazione del curricolo, in I curricoli della scuola di base. Testi e commenti, a cura di Giancarlo Cerini e Italo Fiorin, Napoli, Tecnodid in collaborazione con Zanichelli Editore, 2001, p. 136).

Si tratta di un dispositivo che intende mantenere e ribadire l'impostazione cronologica come componente essenziale dell'epistemologia della storia, e insieme sviluppa costantemente gli approfondimenti, come momento particolarmente deputato, fra l'altro, all'attività degli studenti, che è una pratica didattica indispensabile. E che fra l'altro deve esser presente non solo nelle scuole secondarie superiori, ma anche nelle elementari e alle medie, e rappresenta quindi una strategia che caratterizza tutto il percorso scolastico.

Dunque non c'è stata nella Commissione De Mauro nessuna contrapposizione fra due scuole di pensiero diverse. Spero che questo equivoco sia stato definitivamente chiarito.

La proposta di Vitolo e Tangheroni separa invece ciò che la Commissione De Mauro aveva unito, giacché crea una discontinuità didattica fra un ultimo anno del liceo, dedicata agli approfondimenti tematici, e tutto il percorso precedente, dal quale questa pratica sarebbe assente. L'approccio critico alla storia, attraverso il lavoro sulle fonti e sulla storiografia, deve invece essere praticato fin dai primi anni di scuola e sviluppato poi regolarmente. E fra l'altro non dovrebbe essere un privilegio (peraltro difficilmente ottenibile, con questa proposta) di coloro che frequenteranno i licei, ma di tutti, anche di chi frequenterà il "secondo canale". E in proposito sarebbe opportuno riflettere anche su che cosa insegnare a chi non frequenterà i licei, e come.


 
Non faccio per ora osservazioni sui contenuti del programma per i primi quattro anni, proposto da Vitolo e Tangheroni, perché troppo sommariamente delineati. Ma mi pare di riconoscervi quell'eurocentrismo che animava, accanto all'italocentrismo, un curricolo di storia che alcuni colleghi, fra cui appunto lo stesso Vitolo, opposero a quello della Commissione, che giudicavano - a ragione, questa volta - impostato su una visione della mondiale della storia. Questa questione, storia mondiale vs eurocentrismo, è, a differenza dell'altra, un questione fondata, e sarei lieto di discuterla.
 
Cordiali saluti

Luigi Cajani
Dipartimento di storia moderna e contemporanea
Facolta' di scienze umanistiche
Universita' di Roma "La Sapienza"
piazzale A. Moro, 5
00185 Roma
Italia
fax + 39 06 4450740

 

Commento di Aurora Delmonaco, Commissione Formazione Insmli, Landis. 10/12/03

Licei e storia

Mentre il gruppo raccolto dal Ministero intorno al prof. Bertagna sta elaborando le linee fondamentali dell’insegnamento liceale, circola un documento firmato Tangheroni-Vitolo che ha il grande merito di sostenere ciò che, al momento, non è del tutto sicuro: la presenza di un organico e meditato percorso di storia nel piano di studi per i licei.

Ci sono, tuttavia, in tale documento, affermazioni che vanno discusse.

In esso si afferma che può essere una buona occasione la proposta di autonomia curricolare per il quinto anno che potrebbe essere dedicato ad una didattica diversa, legata allo specifico dell’indirizzo.

Sulla "diversità" del quinto anno osservo:

  1. sembra che si dia per scontato che nel resto del curricolo imperi la logica didattica tradizionale da cui, peraltro, molti insegnanti hanno provato a sganciarsi, con risultati diversi ma spesso molto interessanti. Ed è proprio su tale innovazione che si sono concentrati per anni Landis, Insmli, Clio ’92 ecc. Il quinto anno dovrebbe rappresentare la sintesi compiuta di un percorso di penetrazione sempre più raffinata nella logica, nel metodo e nelle tematiche della storia. E questo sarebbe il migliore "raccordo con la fase successiva di formazione (universitaria e non)".
  2. Quanto allo specifico dell’indirizzo, bisogna osservare che nella proposta finora elaborata dal gruppo MIUR tutte le materie caratterizzanti prevedono una storicizzazione abbastanza spinta. A tale taglio, che potrebbe essere inteso come sufficiente a risolvere le necessità di conoscenza storica (se ne possono trovare diversi indizi nei testi) e che potrebbe rendere molto parziale il punto di vista storiografico, non si può rispondere che con una forte apertura verso una storia capace di costruire una trama in cui siano, sì, riconoscibili i fili predisposti dalla altre materie ma che sia, soprattutto, se stessa nello statuto scientifico e nell’operatività didattica: approccio critico alle fonti, ricorso ai diversi linguaggi della storia, a partire dalla storiografia, relazione con le scienze sociali, sviluppo della competenza critica, eccetera. In una parola, laboratorio storico per formare una coscienza del passato necessaria a tutte le scelte di vita, lavoro e cittadinanza. Di questo, però, nel documento non c’è traccia.

Quanto allo sviluppo lineare cronologico:

  1. i primi quattro anni concepiti come nel documento Tangheroni-Vitolo sono la riproposizione pura e semplice di una ciclicità ripetitiva che la Commissione De Mauro aveva tentato di mettere in soffitta, tentativo che, in una certa misura, lo stesso gruppo Bertagna ha ripreso parlando per il liceo di "approfondimenti" Non ci si salva proponendo un quinto anno "diverso": sappiamo tutti che nell’anno dell’esame le attenzioni sono spostate in massima parte altrove. Una virata su un approccio legato ad una cronologia ampia è tardivo ed inefficace perché disorientante: l’esito finale va preparato dal primo anno.
  2. Il documento Tangheroni-Vitolo afferma che parte delle tematiche di tale quinto anno sarà probabilmente , per forza di cose, legata alla contemporaneità più vicina: a quale scopo, dunque, proporre nel quarto anno il Novecento per poi ripercorrerlo, anche se in maniera "diversa" nel quinto? Paradossalmente in questo modo il Novecento viene affrontato tre volte nel curricolo scolastico ma di corsa oppure occasionalmente, senza mai approfondirlo organicamente e, visto il monte-ore ristretto, senza poterne cogliere gli aspetti fondamentali (la mondialità, per dirne una, o il rapporto tra memoria e storia).
  3. Sempre nel documento Tangheroni-Vitolo si prospetta la possibilità di "riprendere e approfondire argomenti trattati all’inizio del percorso liceale". Se tale proposta non deve (e lo credo) essere intesa come un ripasso di quanto si è dimenticato, la rilevanza degli argomenti da proporre non può che essere connessa alla comprensione della contemporaneità. Ma ciò non può essere un approccio riservato al quinto anno. La logica della proposta va, quindi, capovolta: il punto di vista della contemporaneità è sempre quello che guida la scelta delle tematiche rilevanti intendendo la cronologia in senso ampio. Nel quinto anno se ne dovrebbero cogliere i frutti e, tra essi, il più importante: la significatività dello studio di quella storia che, nei documenti finora prodotti dal gruppo Bertagna, è scomparsa fra gli strumenti fondamentali della cultura liceale.

Su "moduli e rimodulazione":

  1. nella proposta di riforma il monte-ore annuale viene ridotto, a fronte dell’inserimento di una seconda lingua straniera, dell’informatica ecc. Ne consegue che, se tutto va bene, la storia si insegnerà per meno di sessanta ore annuali. Se il percorso cronologico va rispettato, ma ridotto a quattro anni, si prospetta una galoppata folle. La scansione modulare in tutto il corso diventa così una necessità, se si vuole salvare un minimo di senso alla storia. Del resto, anche Tangheroni-Vitolo parlano di "rimodulazione" del percorso nei quattro anni. Quale sarebbe, dunque, la "novità" concettuale dei moduli al quinto anno?
  2. Certo, Tangheroni-Vitolo quando parlano di "rimodulazione" si riferiscono alle grandi partizioni dei programmi scolastici: mondo antico, Medioevo, ecc. Il problema è appunto qui, e non si può eludere con semplici accenni ad una prassi didattica ormai non più sostenibile se centrata su una ciclicità che dà sempre più scarsi risultati. Non è solo questione di "che cosa" raccontare agli studenti, ma di "come" formare in essi l’attitudine a connettere passato e presente.

  3. Il taglio proposto non è coerente né con il dibattito storiografico e didattico, che ad una pluralità di tempi fa corrispondere la necessità di definire pluralità di spazi e dimensioni storiografiche (dal locale al mondiale, dalla soggettività alla varietà delle appartenenze e delle cittadinanze) né con gli orientamenti delle proposte ministeriali, per ciò che finora se ne sa, ruotanti su un asse italocentrico, che si può espandere ad una dimensione europea in seconda istanza.

Quale grande novità sarebbe dedicare il quinto anno, cogliendo il suo obiettivo di orientare i giovani e le giovani nel costruire il loro progetto di vita, a comprendere il mondo in cui tale progetto si svolgerà, nel contesto di una storia dalle ampie dimensioni - temporali, spaziali e relazionali - costruita in tutto il corso liceale!

Resta, poi, del tutto aperto il discorso sulla formazione professionale, per cui non si hanno, al momento, indizi sufficienti su come voglia orientarsi il gruppo Bertagna. Anche su questo punto sarebbe opportuno cominciare a definire linee di discussione, magari anticipando i tempi del tragitto ministeriale.

Aurora Delmonaco