INTRODUZIONE


L'Italia in guerra

Il 23 marzo 1999, con il primo raid aereo della Nato in Serbia, l'Italia entra in guerra, anche se la guerra non è dichiarata e in un primo tempo si chiama azione di polizia internazionale. Per i bombardamenti vengono usate le basi Nato in Italia. Il Kosovo è una provincia interna della Jugoslavia e, da qualche anno, da lì come dall'Albania, arrivano sulle coste pugliesi, ogni giorno, centinaia di clandestini.
Si fa la guerra per difendere i diritti degli albanesi in Kosovo, aggrediti dai Serbi, per impedire che i profughi lascino i loro villaggi. I serbi sono considerati nazisti, che perpetrano il genocidio dei kosovari. I profughi diventano armi di guerra per Milosevic, che favorisce un esodo imponente e imprevisto dal Kosovo verso le frontiere, creando problemi immensi agli Stati confinanti, alla Nato, all'Onu e alle organizzazioni umanitarie.
Migliaia di albanesi, a piedi, sui trattori, sui treni, subito dopo l'inizio dei bombardamenti, si accalcano ai confini, accolti in Albania e in Montenegro, fermati in Macedonia. Esodo incredibile e senza regole, in condizioni disastrose verso luoghi non previsti per l'accoglienza. I campi profughi diventano ammassi di gente, senza i servizi e senza l'assistenza necessari . Le organizzazioni per i diritti umanitari annaspano, l'Italia fa pubblicità alla Missione Arcobaleno e allestisce i suoi campi con maggior efficienza degli Alleati e dell'Onu.
I profughi dilagano sui teleschermi e sui giornali: sono l'unica immagine della guerra, trasformati in merce e spettacolo per il grande pubblico. Sono questi volti, disfatti e piangenti, che diventano i sostenitori delle ragioni della guerra umanitaria, un ossimoro che fa molto discutere.
I pacifisti e il Papa si scandalizzano e chiedono la pace. E intanto le bombe Nato distruggono case, ponti, ospedali, scuole, ferrovie.
Così, nell'arco di poche ore, tutti noi siamo entrati nel labirinto del Kosovo: possiamo sentirci colpevoli delle distruzioni o difensori dell'umanità, generosi per aver contribuito alla Missione Arcobaleno o volontari per portare soccorso, ma tutti facciamo molto fatica a capire che cosa stia succedendo. Si diffonde un senso comune di compassione per i profughi, senza andare oltre, senza strumenti per capire le ragioni del conflitto.
L'informazione enfatica dei media, soprattutto di quelli televisivi, le dichiarazioni dei partiti e l'azione del governo italiano investono l'opinione pubblica, facendo leva sulle emozioni delle immagini e dei racconti. Mancano dati organizzati sulla storia balcanica, sulla disintegrazione della Jugoslavia, sulle connotazioni del Kosovo, sulla qualità e la specificità della guerra non dichiarata. Si parla molto di identità etniche, poco dei nazionalismi, del rapporto guerra e democrazia. Si sottolinea la subalternità dell'Europa agli Stati Uniti, che vogliono imporre, attraverso alla definizione dei diritti umani, il loro potere globale.
Di fronte alla tragedia non esplicitata, alla storia del presente non decodificata, all'informazione monca, la guerra diventa ideologica ed assoluta, razionalmente inesplicabile.
Si richiede soltanto di dire da che parte ci si colloca: con il governo italiano, la Nato, gli Stati Uniti e la civiltà occidentale, quindi con la guerra, oppure contro la guerra, a favore della pace, quindi con Milosevic. Una dicotomia dura, una divisione settaria e ipocrita, una classificazione netta e stupida rispetto alla complessità di una situazione angosciante e difficilmente decifrabile.

 

Strumenti


Per non perdermi nel labirinto ed essere fagocitata dal minotauro - guerra, ho voluto cercare un filo conduttore. Ho cominciato a raccogliere elementi di conoscenza sul passato e sul presente, a monitorare lo svolgimento della guerra giorno per giorno, individuandone gli attori, registrando il ruolo delle organizzazioni internazionali, degli Usa, dell'Europa e dell'Italia. Con difficoltà, per la scarsità di notizie, ho recuperato qualche informazione su cosa stesse succedendo in Serbia e in Kosovo.
Ho cercato di applicare, al fluire disorganico del presente, gli strumenti della ricerca storica: censire la documentazione, consultare le bibliografie e la cronologia, i siti sui Balcani, confrontare le fonti, esaminare le testimonianze, individuare i fatti e i dati esplicativi, richiamare le premesse storiche e socio-culturali e provare a delineare le problematiche aperte dalla guerra, a fare le prime ipotesi di lettura.
L'impegno è quello di dare conto di ciò che sta accadendo, considerando diversi punti di osservazione e mettendo a confronto parametri di valutazione anche in contrasto.

 

I materiali.


Ho condotto per due mesi la rassegna stampa quotidiana di quattro giornali "Il Corriere della Sera", "La Repubblica", "La Stampa", "Il Manifesto" e episodicamente di altri quotidiani e settimanali, ho scelto come fonti di approfondimento Kosovo L'Italia in guerra, (I quaderni speciali di "Limes", 7 aprile 1999), La notte del Kosovo, (I quaderni di "Internazionale", aprile 1999), "Reset" , n.54, (maggio - giugno 1999) , i volumi La pace e la guerra (Autori vari, Il Sole 24ore, 1999), Kosovo c'ero anch'io di M. Nava (Rizzoli), La sporca guerra di E. Mo.
Ho seguito i telegiornali e i dibattiti delle diverse reti.
Ho strutturato i materiali per un possibile utilizzo nell'ambito del laboratorio di didattica della storia (esperienze di ricerca, percorsi strutturati, ecc.) delle scuole superiori.
Non ho rintracciato sequenze fotografiche significative della guerra tanto di parte kosovara quanto di parte serba, mancano foto simbolo, che non siano quelle dei profughi, per  la guerra del Kosovo.

 

Le due sezioni


I molti materiali sono stati organizzati in due contenitori, intercomunicanti con rimandi continui dall'uno all'altro: gli attori della guerra e le parole chiave.
Gli attori della guerra sono schede di documentazione e di approfondimento, in cui sono stati sintetizzati dati, cronologie, bibliografie, documenti, notizie, indicazioni storiche.
Le parole chiave sono dei percorsi di lettura (antologia di articoli e saggi di giornalisti, storici, politologi, scrittori, registi) articolati su otto temi: Pace e guerra, I diritti, Identità, I profughi, I Balcani, I Serbi, La guerra postnazionale, Il giornalismo di guerra.

Perché mi sono impegnata a studiare questa guerra? La guerra nel Kosovo ha connotazioni comuni con altre guerre del XX secolo, ma ha sue peculiarità originali, poiché è una guerra postnazionale e i Balcani sono una nuova, gravissima emergenza del tempo presente. Questa guerra può essere considerata un laboratorio per acquisire strumenti di conoscenza storica sui Balcani, per riflettere sull'uso pubblico della storia e sul ruolo dell'informazione di guerra, per intersecare la storia italiana con la storia europea e quella mondiale, per considerare i diritti di cittadinanza e le etnie, il sistema democratico e il potere mondiale, per valutare quanto la guerra sconvolge le regole e ne codifica di nuove. E altro ancora.

Non ho visto le bombe né sentito gli spari, ma la guerra c'è e io ne sono parte.

Laurana Lajolo