I luoghi della memoria, la memoria dei luoghi.

I luoghi della memoria non solo soltanto quelli fisici: i recenti volumi curati da Mario Isnenghi (tra l'altro ricchissimi di stimoli e materiali per la didattica della storia del Novecento) che prendono spunto da Les lieux de mémoire di Pierre Nora e ne ripropongono il titolo (9), offrono un' ampia e articolata esemplificazione dell'intreccio tra materialità, fisicità e significati simbolici di spazi circoscritti, eventi, miti, riti. Sotto il profilo che ci interessa, ci sono fonti di memoria della guerra che si esprimono con particolare eloquenza proprio nei luoghi, a suggerirci le tappe e la modalità della costruzione della memoria pubblica : pensiamo ai segni monumentali, e alla toponomastica, due realtà diffuse ovunque e quindi facilmente accessibili alla fruizione didattica.
Il riferimento più immediato è alla prima guerra mondiale e alla campagna monumentale di massa con cui si sollecita il consenso retroattivo delle popolazioni e si risponde al bisogno di reintegrazione rispetto a una carneficina di spaventose e inusitate proporzioni. I luoghi dove si celebra il culto dei caduti, consolidando nella memoria collettiva gli stereotipi del "mito postumo" della guerra, si prestano a essere rivisitati proprio per decifrare le tappe e i meccanismi di un particolare e ricorrente esempio di uso pubblico della storia.


Il fenomeno di sacralizzazione della guerra che si può individuare attraverso l'esame dei luoghi della memoria non riguarda soltanto la Grande guerra, si può estendere al secondo conflitto mondiale e alla Resistenza (una pista di lettura dei segni monumentali della Resistenza, ad esempio, potrebbe evidenziare segni monumentali di volta in volta tratti di continuità e elementi di rottura. (10) ) . In questa prospettiva di studio, i segni e i documenti della memoria pubblica della guerra aprono la strada a percorsi di grande spessore, che portano, ad esempio, a riflettere su come un massacro si trasformi in olocausto, divaricando sempre più le forme dell'esperienza e della memoria patita e sofferta dalla sua rappresentazione pubblica condivisa e legittimata , confinando la prima nella zona d'ombra del silenzio e dell'oblio, o nella dimensione separata del privato.

Processi del genere si riscontrano in molti casi diversi, nei quali la considerazione del luogo della memoria richiede e stimola l'esplorazione di altri tipi di fonte. Se, ad esempio, partiamo dalla considerazione delle forme celebrative della Resistenza nel territorio per ricostruire le tracce della biografie dei caduti (e interroghiamo in tal senso, i documenti della formalizzazione della Resistenza attraverso i riconoscimenti ufficiali delle qualifiche e le carte conservate nei fascicoli dei caduti), possiamo scoprire che la dimensione dei linguaggi sacralizzanti e della trasfigurazione eroica sia spesso l'unica via attraverso cui il caduto partigiano nel primo dopoguerra può accedere al riconoscimento ufficiale della memoria pubblica. La complessità e la ricchezza conflittuale e drammatica dell'esperienza resistenziale, gli stessi significati della scelta partigiana ne risultano inesorabilmente decurtati (11). Un rapidissimo accenno alla portata che gli sviluppi di simili operazioni sulle fonti possono assumere: la sacralizzazione della Shoah e l'uso dello stesso termine di "Olocausto" agiscono inevitabilmente nel senso della decontestualizzazione storica dello sterminio, legandone la memoria e la trasmissione al concetto di male assoluto, eterno e connaturato, con tutte le conseguenze del caso, prima fra tutte la negazione del nesso tra la realtà estrema, la "normalità" delle situazioni che vi hanno concorso ( la "banalità del male" messa in luce da Hanna Arendt), il legame tra la modernità e la shoah, l'indifferenza morale prodotta dall'annullamento del nesso della responsabilità personale (12).


L'uso didattico dei luoghi della memoria della guerra, della Resistenza, della deportazione e dello sterminio, che include l'approccio a forme di rappresentazione, quali i musei e le mostre (13), acquista dunque significati incisivi e impegnativi, e rivela nel contempo una gamma di opportunità strategiche per l'insegnamento della storia del Novecento (14). Ai luoghi della memoria si accompagnano e si intrecciano i luoghi dell'oblio, della storia rimossa. Anche qui si aprono una serie di fonti, di piste, di chiavi di lettura., che sono state percorse con accortezza e sagacia in un buon numero di ricerche e esperienze didattiche (15). I luoghi simbolo della violenza nazista e fascista in Italia sono sovente esposti a rischio di cancellazione o di isterilimento in una fruizione commemorativa sempre più separata dal presente, incapace di conservare e trasmettere memoria alle giovani generazioni. Ma non è fatale che ciò debba avvenire: la Guida ai luoghi della violenza nazista e fascista in Italia, intitolata appunto Un percorso della memoria e curata da Tristano Matta dell'Istituto di Trieste, fornisce sette itinerari didattici che restituiscono voce e corpo ai luoghi-simbolo , contrastando in modo efficace e concreto tentativi di cancellazione o di uso distorto della memoria ( la stessa risiera di San Saba è stata solo tardivamente e con difficoltà riconosciuta nel suo tragico valore storico e simbolico) (16).


I luoghi della memoria e i luoghi dell'oblio, ovvero della memoria rimossa, sono stati presi in attenta considerazione anche nei corsi nazionali di aggiornamento, organizzati dal Ministero della pubblica istruzione e dall' Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione. Vale la pena di sottolinearlo, per non disperdere i frutti di una elaborazione e di una proposta rivolta a tutti i docenti di storia. A Cuneo si sono sviluppati approfondimenti particolari proprio a partire dalla guerra nei Balcani e dall'esame del comportamento degli italiani nel conflitto. Durante i lavori del precedente corso residenziale di Arona, alcuni insegnanti hanno effettuato una rapida ma articolata ricerca sul campo, scoprendo nelle immediate vicinanze del luogo che li ospitava "due realtà collegate , ma contrapposte: Arona si configura come luogo della memoria conservata e sacralizzata , Meina come luogo di oblio e di prossima cancellazione dei segni materiali" (17). Ad Arona, infatti, i corsisti hanno riscontrato una memoria diffusa degli eventi resistenziali, sollecitata anche dai segni monumentali e dalla toponomastica, mentre l'eccidio di Meina, perpetrato dai nazisti nel settembre 1943 è praticamente sconosciuto: l'albergo Meina, epicentro delle stragi di ebrei sul Lago Maggiore, dove furono rinchiusi gli ebrei rastrellati nella zona e destinati a una fine atroce, abbandonato e diroccato, non reca alcun segno degli eventi (18). Una strage nazista , compiuta con l'ausilio dei volonterosi italiani e delle diligenti schedature della burocrazia fascista, esattamente come avviene in tanti altri drammatici eccidi, che innescano processi di memorie diverse, di lutti non elaborati e non elaborabili, di complicati rapporti tra memoria e oblio. E noi, a nostra volta, non dobbiamo dimenticare che su tutto il capitolo chiave delle leggi razziali e della persecuzione antiebraica in Italia, sugli ebrei deportati dall'Italia nei campi di sterminio, ha pesato negli anni del dopoguerra, fino a tempi relativamente recenti quella cortina di silenzio e di sostanziale disinteresse che ha condizionato la stessa produzione di memoria dei sopravvissuti. Gli sviluppi didattici già praticati e verificabili su questi terreni sono molteplici e articolati: i più interessanti, a me pare, si caratterizzano per l'aggancio consapevole al dibattito storiografico e per lo sforzo di sperimentare percorsi persuasivi e innovativi sul piano formativo, senza dare mai per scontata l'evidenza della lezione morale di fronte all'orrore della guerra, della strage, della morte degli incolpevoli.

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Note

9. M. Isnenghi (a cura di), I luoghi della memoria, 3 volumi, Simboli e miti dell'Italia unita; Strutture ed eventi dell'Italia unita; Personaggi e date dell'Italia unita, Roma-Bari, Laterza, 1996-1997. torna su

10. Una traccia in questo senso viene da Costruire e vivere la memoria. Monumenti e luoghi della Resistenza nel territorio bolognese, Bologna, Landis- Regione Emilia Romagna- Comune di Bologna, sd, [1995]. Il fascicolo, a cura di P. Dogliani, E. Guerra, E. Lorenzini, accompagnava una mostra didattica, da cui è stato ricavato anche un video. torna su

11. Si veda il percorso Dalla memoria privata alla costruzione dell'immagine pubblica proposto al corso di Cuneo (gruppo B: Costruzione della memoria e uso pubblico della storia). torna su

12. Per uno sviluppo di queste riflessioni, si rimanda a E. Traverso (a cura di), Insegnare Auschwitz. Questioni etiche, storiografiche, educative della deportazione e dello sterminio, Torino, Bollati Boringhieri, 1995; D. Barazzetti e C. Leccardi (a cura di), Responsabilità e memoria. Linee per il futuro, Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1997. torna su

13. E. Collotti, Le rappresentazioni della memoria: mostre e luoghi monumentali, in Insegnare Auschwitz, cit., pp. 78-96. Si vedano anche, nello stesso volume, i saggi di Federico Cereja e Brunello Mantelli, Chiara Ottaviano, Carlo Ottino, per un bilancio critico e utili suggerimenti sulle visite ai campi , le mostre e la didattica della Shoah. torna su

14. Accenno a due aspetti diversi, ma entrambi degni di attenzione. Il primo è il significato in positivo, per l'educazione alla pace, alla convivenza, alla gestione pacifica dei conflitti assegnato a luoghi della memoria, sottratti all'incuria e all'oblio e conservati, spesso tra difficoltà e ostacoli di ogni tipo, non come sacrario di ritualità ufficiale, ma come centro di iniziative dinamiche, di proposte concrete, di attività di comunicazione e di scambio (Fondazione Ferramonti di Tarsia, Scuola di pace di Monte Sole, eccetera). Il secondo evidenzia la rilevanza di problemi che riguardano più da vicino la metodologia della ricerca, come la costruzione della memoria collettiva da parte di una comunità colpita dalla strage, con l'assunzione del lutto come momento centrale Si veda in particolare il caso di Civitella in Val di Chiana , con lo slittamento dell'attribuzione della colpa dai tedeschi ai partigiani, messo in luce dalle ricerche di Giovanni Contini (La memoria divisa, Milano, Rizzoli, 1997). La conoscenza di procedimenti di questo tipo facilita l'approccio alle tematiche delle guerre presenti (Bosnia, Kossovo, Rwanda...) e il possesso di strumenti che consentano di dare senso e critica a messaggi emozionali, facilmente strumentalizzabili. torna su

15. Si veda, ad esempio, il complesso delle pubblicazioni e delle iniziative promosse dall'Istituto di Trieste . torna su

16. T. Matta (a cura di), Un percorso della memoria. Guida ai luoghi della violenza nazista e fascista , Milano, Electa, 1996. Segnalo in particolare , per la didattica dei luoghi della memoria, il contributo di N. Baiesi e G. D. Cova, Educa il luogo, pp. 140-151. torna su

17. Ministero della pubblica istruzione. Direzione generale istruzione classica scientifica e magistrale - Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia, Problemi della contemporaneità. Unità/ Autonomie nella storia italiana. Seminario di formazione per docenti della Scuola secondaria superiore, Tomo I, Torino, Liceo scientifico statale "G. Segrè", 1997, p.214. torna su

18. Ibidem. Sull'eccidio di Meina: M. Nozza, Hotel Meina, Milano, Mondadori, 1994: L. Klinkhammer, Stragi naziste in Italia. La guerra contro i civili (1943-44), Roma, Donzelli, 1997, pp. 55-79. torna su