Le fonti della memoria
autobiografica balzano in primo piano quando consideriamo due termini ricorrenti nelle
definizioni del Novecento, secolo delle guerre, secolo delle masse. Il "secolo
breve" della sintesi interpretativa di Hobsbawm, diventata ormai opinione comune,
inizia con la prima guerra mondiale, esperienza vissuta in prima persona da parte di
milioni di giovani, gigantesco sconvolgimento e rivelazione della modernità e della
tecnologia applicata alla morte, con una rottura psicologica, tipica della modernità e
estesa a livello di massa. La scoperta della centralità della grande guerra
in sede storiografica - italiana e europea - è avvenuta attraverso studi che si sono
avvalsi soprattutto di scritture autobiografiche popolari, comuni, colte, letterarie E' la
dimensione della guerra totale, che investe le donne, i bambini, la popolazione
civile, a mettere in luce la necessità di interrogare gli archivi della memoria
autobiografica, nella ricerca storiografica e nella scuola. " Molto di quello che
sappiamo sull'esperienza della guerra viene dalla memoria", scrive Anna Bravo, e
aggiunge: "il nostro debito verso il lavoro di memoria in alcuni casi è pressoché
totale", citando le prigionie della seconda guerra mondiale, la deportazione nei
campi di sterminio nazisti, e in genere, il nucleo tragico profondo delle guerre e della
guerra. esplorato attraverso la soggettività dei combattenti e della popolazione civile (19). Tra le molteplici ragioni per cui questi temi
sono stati a lungo esiliati dalla cittadella della storiografia accademica - prosegue Anna
Bravo - vi è la difficile delimitazione dell'oggetto, che "sconfina strutturalmente
verso altre discipline, dalla storia delle culture e delle mentalità all'antropologia,
dalla sociologia alla psicologia alla psicanalisi" (20).
Se il lavoro sulle fonti di memoria, pur presentando questa e altre difficoltà, è
molto utile al rinnovamento degli studi storici sulla guerra; nella pratica didattica, a
mio parere, diventa addirittura indispensabile. Cerco di giustificare la mia affermazione.
Le storie di molti, le storie di tutti nell'evento guerra ( dal "popolo delle
trincee" ai soldati della seconda guerra mondiale, ai deportati militari politici e
razziali, dai partigiani alle donne, ai ragazzi, ai volontari di Salò) sono un passaggio
necessario perchè i giovani possano scoprire e incontrare nella storia i soggetti
concreti, per riconoscersi a loro volta come soggetti nel loro tempo,
contrastando la visione determinata e fatalistica che cancella ogni prospettiva di
mutamento, di coinvolgimento personale, di futuro e quindi spegne ogni curiosità verso il
passato (21).
E' il filo che lega memoria, progetto, senso di sè a essere chiamato in causa, e che
comprende anche la responsabilità della nostra memoria individuale, di insegnanti, per
come abbiamo costruito il nostro rapporto con la storia. .E' la memoria
come assunzione di responsabilità del passato su cui chi insegna deve
riflettere. "Il deficit di memoria storica che molti denunciano corrisponde alla
rinuncia da parte delle generazioni attuali ad assumersi alcuna responsabilità di quanto
avvenne prima e durante la Seconda guerra mondiale in Europa", scrive Paolo
Jedlowski, ragionando sulla frattura nella trasmissione della memoria storica che sta al
centro di tante preoccupazioni e di tante strategie formative e didattiche. Non abbiamo
potuto trasmettere quel passato, perchè non lo abbiamo incorporato nella nostra
esperienza, per cause svariate e profonde ( (Jedlowski chiama in causa il mancato
"esame di coscienza" sulla guerra fascista, la stessa immagine codificata e
monumentalizzata della Resistenza; il '68, in quanto non ha stabilito un nesso veramente
significativo con l'antifascismo e la Resistenza) (22).
Avvalerci delle voci, delle parole, delle immagini, indagare sui silenzi e sugli oblii
delle storie personali della guerra e del tempo di guerra , insieme ai nostri ragazzi,
può significare costruire un luogo di relazione - dialogo, scontro, partecipazione, molto
più che un coinvolgimento emotivo -, un luogo della memoria, appunto, in cui tentare di
dare un senso alla storia insegnata, di riannodare quel filo passato, presente , futuro.
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Note
19. A. Bravo, Guerra e memoria, in
G. De Luna (a cura di), Insegnare gli ultimi 50 anni: Riflessioni su identità e metodi
della storia contemporanea, Firenze, La Nuova Italia, 1992, pp. 105- 106 e passim.
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20. Ibidem, p.107. torna
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21. Su questi aspetti, si veda N. Baiesi e
E. Guerra (a cura di), Interpreti del loro tempo. Ragazzi e ragazze tra scena
quotidiana e rappresentazione della storia, Bologna, Clueb, 1997. torna
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22. P. Jedlowski, Il paradosso della
commemorazione, in D. Barazzetti e C. Leccardi (a cura di), Responsabilità e
memoria. Linee per il futuro, Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1997, pp.104-105. torna su
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