E allora occorre
attrezzarsi per la lettura e l'uso delle fonti di varia natura , di cui è certamente
importante conoscere la tipologia testuale e decifrare i codici, ma è forse ancora più
importante ancorarsi a una rigorosa contestualizzazione storica, perchè
le operazioni di ricontestualizzazione didattica siano proficue e
congruenti. La contestualizzazione storica ci conduce, pur nei diversi caratteri dei
singoli conflitti, alla dimensione dello sconvolgimento, del rovesciamento traumatico di
valori, ritmi, universi mentali, fisici e affettivi, indotto dalla guerra totale. Le
griglie problematiche e le avvertenze metodologiche ci aiutano a distinguere e a percepire
gli spessori delle fonti considerate minori, senza impoverirle o dilatarle impropriamente:
la prima avvertenza riguarda la distinzione tra fonti di memoria vere e proprie e
fonti per la memoria.
Il racconto della guerra o del tempo di guerra, degli uomini e delle donne, dei ragazzi e
delle ragazze, presenta una casistica immensa per la diversità dei conflitti, degli
eventi, dei soggetti, delle espressioni e dei linguaggi ( la parola, lo scritto,
l'immagine, la testimonianza, la letteratura e così via ), ma è sempre un atto di
memoria, legato al dinamismo incessante della memoria stessa e legato al presente in cui
viene prodotto, al "discorso sociale" in cui viene inserito. Il racconto passa
dunque attraverso molteplici filtri (scomposizioni, ricomposizioni, razionalizzazioni,
rimozioni, condizionamenti della memoria collettiva e delle sue forme), che siamo chiamati
a percepire e interpretare nella loro complessa tessitura. Forme espressive coeve agli
eventi, talora esplicitamente prodotte per la memoria e la testimonianza (certi graffiti
dei prigionieri politici e razziali nelle celle, nella risiera di San Sabba, ad esempio,
le lettere dei condannati a morte della Resistenza), o per motivi di comunicazione
immediata (i diari, le lettere, comprese quelle mai spedite, mai recapitate) diventano
fonti per la memoria della guerra di primaria e sovente straordinaria importanza.
Diari e lettere offrono materia preziosa al lavoro didattico: è lo "scrivere
per non morire" dei soldati al fronte, o il bisogno di scavarsi nicchie di
normalità , di sfuggire al tempo che si vive nella guerra; è la scrittura del trauma e
dell'assenza, delle ricerca o del mantenimento dell'identità compromessa e negata nello
stravolgimento della prigionia o nell' orrore della guerra, spesso l'unica traccia di vite
scomparse, di vittime dimenticate e disprezzate. Penso, per un'esemplificazione che non
può essere che riduttiva, al diario 1943-1944 di Candiola, una giovane contadina umbra,
in forma di epistolario indirizzato al marito soldato, disperso nel mare della guerra (23); ai diari del lager, a cui i
prigionieri affidano il filo prezioso e fragilissimo dell'identità personale e del
rapporto con la realtà, sfidando le proibizioni e rischiando gravissime conseguenze; alla
raccolta di lettere di soldati caduti e dispersi, frutto della straordinaria, appassionata
ricerca di Nuto Revelli (24).
Le due diverse dimensioni temporali delle fonti della e per la memoria ci
suggeriscono una prima serie di operazioni di identificazione e di confronto, una prima
griglia interpretativa: la distinzione tra fonti coeve, come il diario
vero e proprio, e le sistemazioni successive del racconto autobiografico,
le memorie "a caldo", i "diari" ricostruiti al
ritorno dai reduci dalla prigionia o dalla montagna partigiana, le memorie della
riorganizzazione emotiva, quelle che appartengono piuttosto alla razionalizzazione
dell'esperienza bellica. Alle fluttuazioni incessanti della soggettività esistenziale si
intrecciano quelle della memoria condivisa, della sfera dell'ufficialità e delle nuove
legittimazioni sociali che danno rilievo a ciò che non si è considerato degno di ricordo
per lunghi anni o che rendono dicibile ciò che è rimasto altrettanto a lungo sepolto
nell'oblio, come è avvenuto- su piani e con dimensioni molto diverse - per la produzione
di memoria dall'internamento o per tante scritture del tempo di guerra, opera di donne e
di adolescenti. E nella produzione di memoria a distanza non dobbiamo
dimenticare le massicce interferenze dei media:. basti richiamare l'inaspettata, ingente
mole di racconti, diari, memorie pervenute alla trasmissione televisiva La mia guerra del
1990 e le osservazioni di Giovanni De Luna sulla valutazione di questo imponente materiale
autobiografico, che non può essere disgiunta dal contesto che l'ha sollecitata (25).
Anche nel quadro che ci interessa, le fonti orali mantengono una loro
specificità e si riconfermano assai utili a mettere in luce gli scarti della memoria
individuale rispetto a stereotipi e paradigmi consolidati dall'uso pubblico delle memoria
- così invasivi nelle testimonianze autobiografiche della Resistenza, della guerra, della
prigionia - e a gettare spiragli di luce su zone d'ombra e di rimozione. Lascio da parte i
problemi metodologici, rinviando agli strumenti critici sulla storia orale e sull'uso
didattico delle fonti orali, che è necessario conoscere per non rendere muta o
improduttiva questa grande risorsa ( a cui ancora si ricorre nella scuola in modi troppo
spesso del tutto impropri o scorretti) (26).
Ricordandovi che va fatta una precisa distinzione tra l'uso delle fonti orali già
prodotte e la loro produzione diretta nel lavoro didattico, accenno soltanto a un
problema. L'incontro diretto con il testimone in classe e il lavoro con la fonte orale
hanno grandi potenzialità anche per educare all'ascolto, ma proprio per questo richiedono
la verifica di una serie di condizioni: preparazione attenta, scelta accorta, grande
rispetto e, appunto, capacità di ascolto. Non dobbiamo credere che la
storia di vita raccontata dal protagonista, anche se si tratta del sopravvissuto allo
sterminio, basti di per sè a trasmettere valori o a suscitare emozione, commozione
(qualcuno ha detto che c'è sempre qualche Franti pronto a sorridere o ad applaudire agli
aguzzini)(27) .
La guerra totale è l'evento che costringe le storie di tutti a incontrare la storia, che
provoca lo scontro tra l'eccezionale e il quotidiano, da cui è la normalità a uscire
compromessa e stravolta (28). Possiamo
dunque interrogare le fonti di memoria attraverso la prospettiva dei diversi soggetti che
ne sono protagonisti, donne e uomini, ragazzi e ragazze. Ci si presentano due campi,
diversi, ma non separati : le memorie di guerra, le memorie del tempo di guerra.
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Note
23. C. Cavalletti, Lettere a un marito in guerra. Dalle
campagne di Marsciano 1943-1944, a cura di F. Bartoccini, Perugia, Editoriale Umbra,
1989. torna su
24. N. Revelli, L'ultimo fronte. Lettere di soldati caduti o
dispersi nella seconda guerra mondiale, Torino, Einaudi, 1989 [1° edizione 1971]. torna su
25. G. De Luna, L'occhio e l'orecchio dello storico. Le
fonti audiovisive nella ricerca e nella didattica della storia, Firenze, La Nuova
Italia, 1993 , (La televisione e la "nazionalizzazione" della memoria
storica, pp. 97-138). torna su
26. La storia: fonti orali nella scuola, Venezia,
Marsilio, 1982; La memoria e l'ascolto. Per una didattica della storia orale nella
scuola dell'obbligo, Milano, Bruno Mondadori, 1985; L. Passerini, Storia e
soggettività: Le fonti orali, la memoria, Firenze, La Nuova Italia, 1988; G. Contini
e A. Martini, Verba manent. L'uso delle fonti orali per la storia contemporanea,
Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1993. torna su
27. A. Wieviorka, L'era del testimone, cit. ; Insegnare
Auschwitz, cit. (in particolare Jean-Michel Chaumont, "Auschwitz oblige?"
Cronologie, periodizzazioni, inintelligibilità storica, pp. 40-65). torna su
28. Mi permetto di rinviare al mio saggio I venti mesi della
Resistenza: l'eccezionale e il quotidiano, " Studi e ricerche di storia
contemporanea", n. 43, giugno 1995, pp. 5-24. torna
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