Il percorso della Libertà

Italia 1943 - 1945

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Firenze, agosto 1944: la liberazione e l’autogoverno

Ivano Tognarini*

Il 12 agosto 1944, 24 ore dopo che il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale aveva dato il segnale, con il suono della martinella, dell’insurrezione della città e dell’assunzione dei poteri civili e militari, giungeva un messaggio particolarmente significativo dal CLN di Grosseto, la prima città toscana liberata:

“Apprendiamo in questo momento la liberazione della città cara a tutti gli italiani ed in particolare a noi Toscani. Abbiamo trepidato per Voi e per Essa stretti nell’ansia per le ignote rovine e le ignote vittime. Tuttavia siamo con Voi nella gioia della liberazione. A mezzo Vostro salutiamo tutti i Vostri concittadini e con lo stesso Vostro orgoglio esaltiamo il valore ammirabile dei Patriotti che hanno combattuto per difendere la loro Città con la passione di figli e la dedizione di chi sa di lottare per un’idea che non può morire. Che il Vostro lavoro, nella collaborazione di tutti i Partiti democratici, sia largamente fecondo per il popolo italiano”1.

In effetti la consapevolezza della unicità, della eccezionalità di ciò che era accaduto o che addirittura stava ancora accadendo a Firenze, era abbastanza diffusa e generalmente condivisa.

Gli effetti di questo stupore e di questa ammirazione si diffusero rapidamente e rimasero intensi anche nelle settimane successive nel clima, molto particolare, di quei giorni. Come riferiva un verbale del CTLN, redatto poco più tardi, il 29 agosto, tornando da Roma, il Prof. Calamandrei portava la notizia che nella città c’era stata “un’ondata di letizia, di entusiasmo e di grande ammirazione per l’operato dei Patrioti che sono riusciti a liberare Firenze dalla tirannia tedesca”. Aggiungeva ancora:

“Le condizioni dell’Italia andranno mano a mano migliorando se verranno portati dei mutamenti alle deliberazioni di Teheran [che] consideravano l’Italia un paese nemico da occupare. Il Governo Italiano dovrà prendere atto della nuova situazione creatasi in Firenze e che da qui sarà simile per tutta l’Alta Italia. Con questo l’Italia ha dimostrato di aver fatto un gran passo verso la libertà e il progresso”2.

Non erano dunque campate in aria, né retoriche le parole di Carlo Levi che un anno dopo avrebbe scritto:

“Firenze aveva dovuto inventare la guerra partigiana, la guerra di città, i Comitati di Liberazione come organi di governo. [...] Firenze mostrava la strada della guerra popolare italiana, della rivoluzione popolare italiana. Non vi erano precedenti. [...] La battaglia di Firenze fu la prima battaglia cittadina; il governo del CTLN fu il primo autogoverno popolare italiano. L’aver agito, nella lotta armata e nell’amministrazione, con il senso sempre presente di un compito nazionale da attuarsi attraverso tutte le particolari manifestazioni di libertà, è il valore storico della liberazione di Firenze”3.

E mentre le parole di un grande spirito come Umberto Saba, seppure consapevole della liberazione finalmente conquistata (“Da una burrasca ignobile approdato / a questa casa ospitale, m’affaccio / - liberamente alfine – alla finestra”4 ), mostravano una Firenze che “taceva assorta nelle sue rovine”5, il corrispondente del “Times” sosteneva che questa città era stata “teatro di uno spontaneo esperimento di autogoverno, che può avere una considerevole influenza nel determinare quale sistema politico dovrà succedere al fascismo”6.

I primi ad essere consapevoli del rilievo degli eventi che si vivevano e delle scelte che si operavano, erano proprio i protagonisti della lotta di liberazione, i membri stessi del CTLN.

Alle ore 8 dell’11 agosto, evacuata la città dalle truppe tedesche, i membri del Comitato si insediavano in Palazzo Medici Riccardi unitamente al Comando militare7. Immediatamente deliberavano di invitare la popolazione a ritirarsi entro le case per ragioni di prudenza e davano disposizioni perché le forze volontarie fossero dislocate alla periferia. Si delibera anche la diffusione di un manifesto alla popolazione. Quindi preso atto che il Governo militare alleato (AMG) stava provvedendo ad un invio di viveri e di acqua nella città, si predisponevano le misure necessarie per il trasporto e la destinazione delle forniture. Infione venivano deliberati provvedimenti per la caccia ai franchi tiratori.

Nel corso della stessa riunione il Comandante affermava che senza ritorni in forze considerevoli da parte del nemico la nostra linea sarebbe stata in grado di reggere; tuttavia era necessario economizzare le munizioni, per cui erano state date istruzioni di sparare soltanto quando si fosse sicuri del bersaglio. In quel momento le linee erano tenute da 600 uomini. Il Commissario politico osservava, per fare sì che ci si rendesse conto della problematicità della situazione, che i Tedeschi avessero potuto fare una spedizione in città, tanto di sera che di giorno, solo che lo volessero. Per parte sua il presidente Ragghianti informava che gli Alleati erano rimasti sorpresi molto favorevolmente per il lavoro tecnico eseguito dal Comitato ed avevano perfino dichiarato che a Firenze si erano trovati di fronte ad un fatto nuovo. Nonostante tutto però, aggiungeva, restava necessario che il Comitato ottenesse un riconoscimento giuridico e non solo di fatto, tanto più che per alcuni giorni aveva operato come governo ed al suo interno i partiti politici si erano comportati di conseguenza8. A riprova di quanto la situazione stesse rapidamente cambiando e le novità si inseguissero, il Comando militare comunicava che gli Alleati avevano richiesto che la parte centrale di Firenze, compresa tra Piazza Stazione, Via dei Pucci, Via dei Benci, Ponte alle Grazie, fosse immediatamente presidiata dai patrioti ed epurata dai franchi tiratori per rendere possibile l’ingresso in città, durante la notte ad alcune pattuglie indiane.

Ma in un primo tempo il Ctln non intendeva enfatizzare l’eccezionalità del caso di Firenze e soprattutto non voleva che si ipotizzassero contrapposizioni con quanto era accaduto a Roma e già il 7 giugno 1944, immediatamente dopo la liberazione, si era affermato che la capitale era stata liberata ed era uscita quasi incolume dalla guerra anche perché i nazisti non avevano osato fare di una città piena di Patrioti decisi a combatterli, un baluardo per la loro ultima difesa9. Da qui scaturiva l’appello rivolto ai cittadini toscani a difendere “con tutti i mezzi e tutte le forze il proprio paese, la propria casa, il proprio lavoro, la famiglia, la vita. Tutti hanno il dovere di trovarsi al loro posto di combattimento. Tutti devono meritarsi la libertà, tutti devono operare per la resurrezione e l'avvenire della Patria”. Invece si ribadiva con forza il ruolo del Comitato toscano di liberazione nazionale, come rappresentante del popolo, unica autorità politica dell'Italia occupata, in grado di “proclamare la mobilitazione generale di tutti i cittadini per la resistenza e la lotta contro l’invasore” e di assumere sotto il proprio comando e controllo politico tutte le formazioni partigiane della regione e tutti i capoluoghi di provincia e i centri minori.

Una riflessione a distanza di sessanta anni su questi eventi, implica lo scioglimento o quanto meno la ripresa in considerazione di una serie di nodi su questioni rilevanti connesse sia al contesto locale, sia agli sviluppi complessivi della situazione nazionale e della guerra in Italia ed in Europa.

Il ruolo di guida che il CTLN seppe assumere e mantenere soprattutto in ambito cittadino e provinciale e, successivo anche su gran parte della regione

La capacità di proclamare e di dare un seguito concreto alla parola d’ordine della mobilitazione generale che ebbe due effetti diretti e tangibili: la manovra di avvicinamento alla città delle formazioni partigiane in montagna e alla macchia, l’intensificazione delle azioni di sabotaggio, di propaganda e di vera e propria guerriglia in città. Il tutto come preparazione della battaglia finale, quella che portò alla liberazione di Firenze. Una domanda da porsi, a questo proposito, deriva dalle parole stesse di chi ha scritto per primo ricordando o ricostruendo quegli eventi, come Carlo Levi, o un inviato di uno dei più prestigiosi giornali del mondo in quel momento, il Times, o la redazione de “Il Ponte”: quella di Firenze fu una insurrezione popolare, una battaglia cittadina, una rivoluzione? Per rispondere occorre prendere in considerazione alcuni dati di fatto, oltre che questioni di carattere concettuale. In primo luogo il numero delle persone coinvolte o partecipi dell’evento ed il loro comportamento, le loro scelte, il loro livello di consapevolezza e di convinzione. Una prima considerazione ci assicura che, tra cittadini armati e volontari che erano perfino privi di armi anche minime, i partecipanti agli eventi furono molte migliaia. Nessuna di queste persone agiva perché costretto o precettato. Era solo l’autorevolezza, il prestigio del CTLN e le opzioni ideali e politiche individuali che erano riuscite a mobilitare le persone.

Si trattò di guerra civile? A giudicare dai dati finora disponibili, l’uso di questa categoria storiografica non aiuta molto ad approfondire il senso di ciò che accadde a Firenze, non solo nel periodo più incandescente della battaglia di agosto, o del periodo preparatorio del mese di luglio, ma neppure in tutti i mesi della lotta clandestina, dopo l’8 settembre 1943 fino alla liberazione. Comunque, ravvicinando l’analisi sui giorni dello scontro aperto e diretto con i nazifascisti, non sembra che le due parti possano essere presentate come contrapposte, ma con pari dignità e con equivalenti riferimenti ideali. Coloro con cui si scontrarono i partigiani, i patriotti di città, i volontari, perfino i cittadini, furono, oltre ai tedeschi, reparti di SS italiane e gruppi di franchi tiratori o cecchini che sparavano non solo su civili ma anche su donne, crocerossine, medici, cappellani, soccorritori di feriti e portantini. Lo scontro, di cui erano protagonisti tanti civili e che vedeva compiere atti efferati, aveva come suoi obbiettivi, ed ebbe come suoi risultati la liberazione della città dall’occupante straniero e nemico, e la riconquista della dignità nazionale da parte degli italiani. La svolta di Firenze fu anche il punto culminante della lotta contro l’attendismo, che avrebbe rischiato di togliere agli italiani qualsiasi possibilità di riscatto dell’onore nazionale e di proseguire nella ricostruzione di quel sentimento patriottico, che era stato profondamente corrotto dal fascismo e che sembrava essere naufragato definitivamente con l’armistizio dell’8 settembre 1943.

Su un versante più caratterizzato dalla dimensione locale, si potrebbe tentare un bilancio dei risultati, o meglio dei successi e dei fallimenti degli obbiettivi che l’azione del CTLN si era prefissi. Ma anche in questo caso sarà necessario tenere conto dei molti fattori che influirono sugli sviluppi e sugli esiti dell’impresa, ad esempio le carenze che i patrioti dovettero registrare sul piano degli armamenti e dei rifornimenti, lo squilibrio pesante tra le due parti nella dotazione di artiglierie e di mezzi blindati, la stessa preparazione militare, non sempre adeguata, di molti volontari che vollero partecipare alla battaglia. Tra i dati negativi occorre annoverare il mancato salvataggio dei ponti, soprattutto di quelli sull’Arno, per i quali furono fatti generosi tentativi di impedire la distruzione con il pagamento di un prezzo in vite umane, ma senza raggiungere l’obbiettivo. Anche l’attacco alle truppe nemiche, che avrebbe dovuto svilupparsi mentre erano in ritirata, fu fortemente ridimensionato dalla tattica prescelta dai tedeschi e dai ritardi e dalle esitazioni degli alleati.

Resta il fatto, da annoverare tra i dati positivi, che la città, resa libera dalla ritirata decisa dai nazifascisti, fu difesa dai patrioti e dai partigiani, pur con enormi difficoltà e con la consapevolezza degli enormi rischi che ogni giorno si correvano, mettendo il CTLN in condizioni di governare e creando una situazione idonea alla ripresa della vita civile. La battaglia di Firenze non fu né una marcia trionfale, né uno “sbandieramento”, come qualcuno credeva, illudendosi ingenuamente. Fu uno scontro duro, costoso in termini di vite umane, rischioso ma difficilmente evitabile, i cui risultati però divennero punto di riferimento per il successivo svolgimento della campagna d’Italia, fino alla liberazione del Nord, dove le nuove basi nel rapporto tra resistenza e alleati, divennero elemento chiave. In questo contesto il ruolo del CTLN fu al tempo stesso rivoluzionario e legittimo dal punto di vista istituzionale, capace di aprire strade nuove senza incrinare il senso di appartenenza dei cittadini ma anzi rafforzando la coscienza che si stava costruendo la nuova Italia.



1. il CTLN e la svolta di Firenze

L’insurrezione e l’assunzione dei poteri fu una scelta consapevole e ponderata ed al tempo stesso fu la conseguenza del fallimento di ogni altra ipotesi di transizione di regime, dall’occupazione nazifascista all’arrivo degli alleati, dalla guerra alla fine della guerra.

Già il 2 novembre 194310 il CTLN si era dichiarato pronto ad assumere le responsabilità nell'organizzazione della lotta antifascista e antinazista, perché “la guerra di liberazione non poteva intendersi semplicemente come fatto militare, come schieramento di alcune forze sul fronte antitedesco”, riducendosi in questo caso ad un “opportunistico cambiamento di fronte di un paese battuto”, ma avrebbe invece dovuto interpretare e guidare “la rivolta del popolo italiano contro fascismo e nazismo per il trionfo delle idealità civili da questi negate”. Il CTLN perciò si preparava fin da ora ad assumere, appena possibile, l'intero controllo politico e amministrativo locale non riconoscendo, al di sopra di sé, altra autorità se non quella del Comitato di liberazione nazionale (CLN) o del governo emanazione dello stesso CLN. Il 3 gennaio11 procedeva alla costituzione di un Comando regionale, composto di un Comandante, un Ufficiale di stato maggiore ed un Commissario politico, che avrebbe assunto l’effettiva direzione di tutte le forze armate operanti nella regione. Ma soprattutto si decideva di costituirsi in governo provvisorio della città e della provincia di Firenze, formato da tre delegati per ognuno dei partiti rappresentati nel CLN, con pieni poteri. Non appena la situazione militare lo avesse reso possibile, tale governo si sarebbe insediato in permanenza o in Comune o in altra sede che sarà ritenuta opportuna in base alla situazione del momento. Primo provvedimento che il governo provvisorio avrebbe dovuto adottare, sarebbe stata “la proclamazione del diritto del popolo italiano di darsi, attraverso una Costituente, forme istituzionali scelte liberamente” e della decadenza di “tutte le istituzioni responsabili della rovina del popolo italiano”.

Il 15 giugno, essendo stati riconosciuti dal Governo nazionale12 d'intesa col Comando alleato i CLN che così avrebbero dovuto assumere l'eserci­zio dei poteri esecutivi ed il comando delle forze armate, il CTLN si autoattribuiva tale delega quale solo rappresentante legittimo del popolo toscano nelle province di Firenze, Pistoia, Pisa, Livorno, Lucca, Arezzo, Siena e Grosseto, ed istituiva nelle singole province i rispetti­vi Comitati provinciali come propri organi lo­cali. Intanto si era aperta la discussione ed avviata la procedura per giungere alla designazione delle personalità cui attribuire gli incarichi di governo locale, dal sindaco al presidente della provincia e nelle sedute del 4 e 6 luglio, si stabiliva che i criteri di scelta delle persone dovevano tener conto della parte effettivamen­te presa nella lotta contro il fascismo e per la liberazione. L’8 luglio si ribadiva che nel mo­mento in cui i tedeschi avessero abbandonato la città, il Comitato si doveva costituire in Governo provvisorio assumendo tutti i poteri ed estenden­do la sua giurisdizione possibilmente a tutta la regione. Subito dopo si procedeva alla nomina di personalità tra cui figuravano uomini come Cala­mandrei, Raffaello Ramat, Attilio Mariotti, Ranuccio Bianchi Bandinelli, Alberto Bertolino, Attilio Momigliano, Eugenio Montale e tanti altri di rango intellettuale e civile analogamente elevato. Nell’esaminare la situazione militare, e più specificatamente i piani militari, il comandante informava che, a parte le colonne in ritirata, si riteneva che sarebbero stati riservati al mantenimento dell’ordine ed ai servizi di polizia, 400 gendarmi e 2 compagnie di paracadutisti. Le forze della liberazione, nelle condizioni in cui erano costrette ad operare, avrebbero potuto essere ammassate al massimo con non più di 12 ore di anticipo rispetto all’attacco e sarebbero state in grado di sostenere solo un brevissimo combattimento di 3 o 4 ore al massimo. Lo spirito combattivo delle squadre inizialmente non era del tutto adeguato poiché, una parte almeno dei volontari aveva in mente la convinzione di doversi preparare “ad una sbandierata”, più che ad un vero e proprio combattimento. Però molto era stato fatto per sradicare questo sentimento ed ora si era finalmente in condizione di affrontare “la prova con buon spirito”. Nel caso che i tedeschi fossero entrati in città dandosi al saccheggio ed il popolo avesse reagito con una insurrezione, il Comando sarebbe stato in grado di mettersi alla testa della lotta perché nel piano era già stato previsto l’inquadramento delle nuove forze. Tuttavia si sarebbe avuto il massimo riguardo per la popolazione, ed ove fosse stato necessario svolgere operazioni belliche, le si sarebbe dato modo di mettersi al sicuro.

Prendendo atto della situazione che si era creata a Siena, ci si rendeva conto che sarebbe occorso condurre accorte trattative con gli alleati, facendo loro trovare, al momento dell’arrivo, situazioni di fatto rispondenti sia alle loro esigenze sia alle necessità della vita cittadina. Prioritariamente si sarebbe dovuto evitare che gli alleati al loro arrivo disconoscessero il Comitato e prendessero contatti diretti con persone di loro scelta o con determinati partiti escludendone altri. Il Comitato avrebbe dovuto essere riconosciuto come l’unico rappresentante delle forze politiche cittadine.

Il 21 luglio definendo con ancora più precisione e decisione la propria posizione, tenuto conto dell’evolversi, sempre più rapido degli eventi, il CTLN aveva affermato la volontà di rendersi padrone di fatto della città prima dell’arrivo degli alleati 13, rifiutando al contempo qualsiasi dichiarazione, o avviso, o promessa, o minaccia, od offerta di trattativa da parte dei tedeschi e dei fascisti che dovevano essere attaccati in ogni modo e prima possibile. Era importantissimo non lasciarsi prendere alla sprovvista, come era avvenuto a Roma ed a Siena dove l’entrata delle truppe alleate era stata anticipata dal Comando di circa 10 ore rispetto a quanto preannunciato.

Il 1 agosto 1944 si approvava il testo di un manifesto per l’assunzione dei poteri.

Il 9 agosto, giunta una dichiarazione alleata che si riserva di indicare il momento utile per far entrare in azione le forze patriottiche, il CTLN decideva di dare mandato al Comandante di passare all’azione non appena lo avesse ritenuto possibile, perché perdere un solo momento avrebbe significato “prolungare l’agonia della città”, mentre la volontà dei fiorentini era che l’azione contro i nazisti fosse sviluppata ad ogni costo. Intanto il prof. Ragghianti, inviato in missione in Oltrarno per trattare col Comando alleato, il 10 agosto pone il problema di una eventuale azione di carattere militare e chiede che il CTLN sia riconosciuto come Rappresentante del Governo nazionale.

L’insediamento del CTLN in Palazzo Medici Riccardi al mattino dell’11 agosto, e i rintocchi della Martinella che danno alla popolazione il segnale dell’insurrezione, sono atti che segnano una profonda rottura in senso rivoluzionario e pongono le premesse per l’avvio dell’esperimento di Firenze, per quella svolta che diventerà punto di riferimento per la Resistenza italiana. I primi provvedimenti adottati, vasnno tutti in direzione dell’affermazione del ruolo del CTLN sia sul piano politico e amministrativo (l’insediamento del governo della città e della provincia), sia sul piano militare (assunzione di compiti ben precisi nella lotta per la liberazione dai nazifascisti in accordo con gli alleati: il Comando militare deve adottare tutte le misure necessarie per l’attuazione del piano alleato e deve ingaggiare una battaglia senza quartiere contro i franchi tiratori, che debbono essere subito passati per le armi se trovati in azione, così come tutti i responsabili di atti di delinquenza comune). Il riconoscimento del Comita­to da parte degli Alleati era dunque un nodo essenziale, per cui occorreva impegnarsi (dopo quello di fatto, doveva essere ottenuto quello “de jure”). Il cammino però era ancora in salita, e così la decisione di pubblicare un manifesto indirizzato alla popolazione veniva bloccata dagli alleati, ed una manifestazione per le onoranze funebri dei patriotti caduti, veniva ridotta ad una piccola cerimonia nel Giardino dei Semplici con la rappresentanza del CTLN al completo e del Comando militare scortato da 30 armati. Il 18 agosto un incaricato degli Alleati, congratulandosi per l’opera veramente efficace svolta dal Comitato, proponeva un accordo simile a quello in atto fra gli Alleati ed il CLN provinciale di Grosseto, riconosciuto come Corpo politico con funzioni consultive. Punto centrale era l’autorizzazione della pubblicazione della “Nazione del Popolo” come organo diretto dal CTLN.


Proposte e compromessi sulla via dell’insurrezione


Numerosi tentativi di compromesso, o di accordo per il passaggio dei poteri, avanzati da personaggi di vario profilo, fallirono subito dopo essere stati concepiti o poco dopo. Sull’argomento ci si era già soffermati più volte nel corso delle riunioni del CTLN e, ben presto si era assunta una posizione netta ed inequivocabile respingendo all'unanimità ogni trattativa con le autorità repubblicane, ma accettando di esaminare eventuali offerte di singoli individui appartenenti al Partito fascista repubblicano che potessero servire alla causa della Liberazio­ne. Gli argomenti ed il terreno su cui queste trattative potevano svilupparsi erano ben definiti e delimitati e potevano comprendere solo la liberazione dei detenuti, la cattura del magg. Carità, la consegna di armi, la comunicazione di dati sulla situazio­ne degli approvvigionamenti.

Più complessa fu la vicenda del generale Somma, che affermava di essere delegato dal Governo nazionale sin dal gennaio come comandante delle forze armate della Toscana. Il 22 giugno si stabiliva di sottoporre a verifica le intenzioni e le possibilità di questo generale14. In un colloquio svoltosi in S. Lorenzo a Firenze con un emissario autorizzato dal CTLN il Somma dichiarò che proprio da pochi giorni aveva ricevuto la conferma dell’incarico da parte di un colonnello venuto dal sud, che lo aveva fatto incontrare con il generale comandante dei carabinieri della Toscana. Affermava di avere a disposizione tre generali di divisione, un generale di brigata, vari colonnelli ed ufficiali, mentre già sarebbero state alle sue dipendenze le guardie di finanza, i carabinieri, il reparto di PS. Concludeva infine che gli Alleati avrebbero riconosciuto in ogni modo lui solo.

In quegli stessi giorni di fine giugno si prendeva in esame anche l’eventuale opera di mediazione del Cardinale, della cui opera umanitaria si ha il massimo rispetto, e nei cui confronti non si affacciano preconcetti poli­tico-religiosi, “assolutamente estranei al­la nostra azione democratica perfettamen­te autonoma”, ma che suscita non poche perplessità e riserve. Rompendo indugi ed esitazioni, il 27 giugno si doveva prendere posizione ancora più nettamente e con maggiore chiarezza per chiudere drasticamente le trattative con elementi fascisti:15 “il CTLN dichiara non esserci più luogo a trat­tative dopo che è risultata la continuazio­ne degli assassini e delle violenze, dopo che gli elementi fascisti con cui veniva trattato hanno scoperto chiaramente di a­gire per incarico di Pavolini e cioè per l'autorità repubblicana come tale e non come individui e gruppi locali desiderosi di diminuire la propria responsabilità”. Quando era emerso con chiarezza che gli intermediari avrebbero do­vuto trattare direttamente con Pavolini”, e mentre gli arresti dei patrioti continuavano, ci si rese conto che continuare con le trattative sarebbe stato contrario sia al­la lettera che allo spirito di tutte le deliberazioni prese dal CTLN e si considerò definitivamente chiuso il ca­pitolo trattative. Anzi, venuto a sapere che in alcuni comuni della Provincia, i CLN avevano accettato “il trapasso dei poteri pubblici da parte delle autorità fasciste” ed agivano in tacita intesa con le truppe di occupazione, dopo aver ricordato che era compito dei CLN guidare il popolo nella lotta contro il nazifascismo per la li­berazione dell'Italia, il CTLN sconfessava duramente tale operato e invitava i CLN a rientrare immediatamente nei limiti dei loro compiti.

Quando, poco tempo dopo affiorò di nuovo una “questione Somma”, dopo una esau­riente discussione seguita all’ampia relazione del Comandante, nella quale interloquiscono tutti16, si concluse che era necessario far comprendere al Gen. Somma che l'unico “mezzo di redimersi delle colpe precedenti”, sa­rebbe stato quello di unirsi ad una formazione in campagna. In caso diverso, poiché non era affatto probabile che il Gen. Somma aderisse a tale invito, si assegnava al Comando "Marte" il compito di immobiliz­zarlo con tutti i mezzi di cui potesse disporre. Alcuni mesi dopo, a liberazione avvenuta, il 16 gennaio 1945, era Eugenio Artom che ricostruiva i passaggi principali della vicenda ed esplicitava i motivi per cui le cose si erano concluse negativamente. Infatti, assunte informazioni su questo generale Somma, risultò che era stato fascista, di famiglia fascistissima, che aveva comandato in Etiopia una divisione di Camicie nere, e che dopo la campagna era stato chiamato dal fascismo in Senato. Non era possibile considerare il Somma senza una certa diffidenza, anche perché continuava a frequentare esponenti repubblichini, con cui dimostrava dimestichezza e, richiesto di fornire una prova convincente delle sue credenziali e delle sue intenzioni, non poté ottemperare. Insomma per questo suo carattere di ambiguità, suscitava una diffidenza non facilmente superabile. Infine i punti che maggiormente allontanavano il Somma dal CTLN erano essenzialmente due: mentre il CTLN pensava di svolgere un ruolo consistente in una vera e propria azione di guerra, il Somma pensava ad una azione di polizia come compito principale del momento; poi qualsiasi soluzione si fosse trovata per il passaggio dei poteri, non si poteva consentire ai fascisti di avvicinarsi ai loro scopi che consistevano nell’assicurare impunità ai gerarchi, nel favorire la ritirata dei tedeschi, nel coprire i franchi tiratori.

Intanto si prendeva atto del fallimento delle trattative per fare dichiarare Firenze città aperta17 e si stabiliva di pubblicare e affiggere un manifesto relativo alla dichiarazione di Firenze Città aperta18. Le trattative erano state condotte dal Capo consolare, dal Cardinale, dal Vice Podestà e dal Vice Prefetto con le autorità tedesche19, ma il Col. Fuch aveva dichiarato che l’ordine di Kesselring di rispettare Firenze, non avrebbe potuto essere messo in pratica se gli inglesi avessero inseguito le truppe tedesche, che si sarebbero difese non potendo di conseguenza garantire nulla, così come se fossero state attaccate dalle forze partigiane.


2. insurrezione o battaglia cittadina (C. Levi) guerra popolare / rivoluzione popolare italiana


Come si può definire la vicenda vissuta da Firenze e dai fiorentini nel mese di agosto del 1944? Carlo Levi ha proposto alcune definizioni ed alcuni concetti

Il Ponte20 esattamente un anno dopo scriveva che Firenze aveva dato “il primo esempio in Italia di un’insurrezione cittadina e di un governo insurrezionale antifascista: quello del CTLN”.

Un’insurrezione presuppone una larga partecipazione di popolo, che può assumere forme varie e diverse: il volantinaggio, cartelli stradali, chiodi e il sabotaggio delle comunicazioni.

Per tutto il mese di luglio vengono effettuate decine di lanci di volantini, di affissioni di manifesti, talvolta anche in pieno giorno. Il 2 a S. Frediano, il 3 nella prima zona, il 5 a Brozzi, il 6 a Bagno a Ripoli, Antella e Osteria Nuova. E così accade ogni giorno. Si hanno lanci mirati, come quello del 7 a S. Martino alla Palma sopra Scandicci, destinato ai coloni. Ma si hanno anche nel cuore della città: il 12 a Costa S. Giorgio dove, nella medesima azione venivano anche recuperate armi. O in pieno centro dove il 13 venivano anche lanciati chiodi. In luoghi particolarmente connotati dalla presenza popolare come Monticelli, il 14 venivano lanciati manifestini in pieno giorno e nel rione del Pignone addirittura venivano affissi manifestini murali.

Ma un po’ tutte le zone sono investite, via dei Leoni, piazza San Firenze, via Senese, via San Felice a Ema, S. Giusto di Scandicci e Soffiano, via dei Serragli e in decine di altri punti. Il 29 nel rione San Frediano si giunge perfino a distribuire volantini in pieno giorno e ad effettuare contemporaneamente una manifestazione antitedesca.

L’azione per ostacolare e sabotare i collegamenti e le comunicazioni dei nazifascisti si indirizzò verso il danneggiamento della cartellonistica stradale, che interessò un po’ tutte le zone della città e del suo territorio.

Il 5 luglio furono distrutti cartelli indicatori ad Arcetri, ed asportati quelli di ponte all'Asse, il 7 fu la volta di via Tornabuoni, il 9 del Bandino. L’11 in viale Petrarca venivano tolti i cartelli che segnalavano una buca scavata da operai dell'acquedotto e nottetempo un camion tedesco vi andava a finire dentro. Anche in un altro punto della prima zona, il 14, essendo stati rimossi segnali indicatori di interruzione stradale, veniva provocata la fuoruscita di strada di un camion. Talvolta i cartelli indicatori stradali, anziché asportati venivano invertiti, come accadeva il 15 ancora nella prima zona.

Poteva accadere talora che l’azione fosse ancora più incisiva, come quando venivano forate le gomme a due automezzi tedeschi in via del Boschetto oppure venivano catturate due vetture e un camioncino.

Con i primi di agosto le azioni assumono segno opposto: a Diacceto di Bagno a Ripoli e al Bandino, le interruzioni stradali sono eliminate prima dell'arrivo degli alleati, e analogamente il ponte sull'Ema viene riattivato prima dell'arrivo delle avanguardie alleate.

Anche il lancio di chiodi avveniva pressoché giornalmente un po’ in tutte le zone della città: il 2 luglio in via Senese, a Porta Romana, in via delle Due Strade. Poi, l’8 ancora in via Senese a San Felice a Ema, il 9 in via della Colonna e in via del Ponte alle Mosse, il 10 al Bandino e così via. Si trattava di chiodi tricuspidali che squarciavano le gomme e costringevano le auto a fermarsi come accade a due auto tedesche a Porta Romana. Il 18 nei viali di circonvallazione veniva effettuato il lancio di un nuovo tipo di chiodi tricuspidali che fecero sentire subito la loro efficacia.

Il sabotaggio dei collegamenti telefonici, il taglio e l’asportazione dei cavi era un altro tipo di azione che vide dispiegarsi un largo e diffuso impegno da parte dei patrioti. Le comunicazioni telefoniche furono interrotte ripetutamente in varie zone della città. Perfino in zone centrali e ben controllate, come accadde il 10 luglio in viale Mazzini, venivano tagliati cavi telefonici. Qualche giorno prima, il 6 era stata la volta dei collegamenti telefonici dei comandi tedeschi dislocati nella 1a zona. Il 20, nella zona del piazzale Michelangelo, si riusciva a tagliare in nove punti diversi due cavi telefonici e ad asportarne alcuni metri. Il 3 agosto, in via del Paradiso, una partigiana interrompeva una linea telefonica tedesca che passava nei pressi della sua abitazione.


La liberazione dei prigionieri

Il mese di luglio fu contrassegnato anche da altri episodi di grande rilevanza, la liberazione di prigionieri caduti in mano ai nazifascisti. Il 9 con un audace colpo di mano venivano liberate dal carcere 17 prigioniere politiche, il 14 era la volta di alcune persone rastrellate dai tedeschi, il 25 venivano fatti fuggire sette patrioti dalle scuole Leopoldine, adibite a luogo di raccolta per i deportandi. Ai primi di agosto, infine venivano liberati 4 partigiani arrestati e rinchiusi nei locali della questura in via San Gallo.

Sempre in questo lasso di tempo, che preludeva all’inizio della battaglia di Firenze, si susseguivano azioni di disarmo di fascisti, di eliminazione di spie, di recupero di armi nelle sedi fasciste o in varie caserme.

Il 2 luglio venivano asportate armi dalla sede locale del PFR di Mantignano, il 3 in via Mannelli veniva disarmato un repubblichino, un altro in via Calzaioli. Dalla caserma di via Santa Reparata venivano asportate armi e munizioni, così come a Marciola di Scandicci o a Fiesole, prelevate da automezzi tedeschi. A Poggio Sereno il 5, veniva disarmato il locale presidio della GNR. Il giorno successivo venivano asportate armi e munizioni dalla caserma "Baldissera", ed il 7 dalla Fortezza da Basso. Lo stesso giorno veniva giustiziato un milite GNR. Venivano recuperate armi anche alla Caserma dell'84o fanteria. Il 10 in viale principe Eugenio veniva disarmato un fascista, mentre in piazza Santa Maria Novella era giustiziata una spia fascista. Il giorno dopo, con un audace colpo di mano, venivano recuperate armi anche dal comando tedesco di viale Machiavelli. In uno scontro avvenuto il 12 in viale dei Colli, un ufficiale della milizia feriva un gappista. Scontri, ferimenti, prelievi di armi si susseguono per tutto il mese di luglio con una fitta cadenza quotidiana, tale da creare grossi problemi agli occupanti nazifascisti.

Verso la fine del mese il ritmo si intensificava e le azioni colpivano direttamente i tedeschi, come accadde ad esempio il 25 alle Cinque Vie dove l'intervento di una donna impediva a un tedesco di sparare su un partigiano, che riusciva a salvarsi, ma la reazione di altri componenti della SAP metteva in fuga i tedeschi. Oppure in piazza Piave dove veniva assalita e disarmata una sentinella tedesca posta a guardia di una passerella. Il 30 veniva fatta irruzione nel Commissariato di PS di piazza Santa Maria Novella e vengono asportate armi e munizioni.

L’azione dei GAP ha occupato un largo spazio in tutto questo drammatico capitolo. Sono i gappisti infatti che il 7 luglio alle Cascine giustiziano un milite GNR, ma sono ancora loro che il 9 con grande audacia liberano dal carcere 17 prigioniere politiche. Numerose sono le spie giustiziate, ma assai di frequente anche i gappisti cadono nelle maglie della repressione. Il 12 da parte della banda Carità sono arrestati alcuni gappisti e viene ferito mortalmente il comandante dei Gap di Firenze.

Il 14 uno dei comandanti dei Gap di Firenze, arrestato, viene ferito mortalmente mentre tenta di fuggire. Il 23 alle Cascine vengono fucilate 17 persone, fra cui tutti i gappisti arrestati.


Gli scontri con i tedeschi

Il 2 luglio, in via Aretina, la SAP PCI della 4a zona distruggeva due automezzi tedeschi con bombe incendiarie mentre a Tavarnuzze (Impruneta) la SAP del Galluzzo attaccava automezzi tedeschi. Al ponte del Pino, il giorno successivo la SAP PSI, confluita poi nella Brigata “B. Buozzi”, Divisione Garibaldi “Potente”, disarmava tre tedeschi ma li lasciava poi liberi. L’8 in viale dei Colli elementi del Fronte della Gioventù disarmavano un tedesco ed alla Fortezza da Basso alcuni partigiani della SAP PCI della 1a zona, nel tentativo di sottrarre armi, erano fatti segno a colpi di arma da fuoco da parte delle sentinelle tedesche.

Il 10, in via Massaia, la SAP PCI 4a zona sosteneva uno scontro a fuoco con pattuglie tedesche e fasciste e

l’11, in viale Machiavelli, la SAP PCI della 1a zona con audace colpo di mano recuperava armi dal comando tedesco. Il 14 la SAP PCI della 1a zona riusciva a liberare alcune persone rastrellate dai tedeschi ed il 15, in via Veracini, la SAP PCI della 2a zona vuotava un magazzino tedesco asportando vari generi. Il 17 elementi del Fronte della Gioventù recuperavano 8 bombe a mano da un camion tedesco. Il 20 presso casa Salvini a Fiesole, staffette della SAP di Compiobbi si scontravano con dei tedeschi ed a Firenze, tra il Mugnone e la Fortezza da Basso, la SAP PCI della 4a zona sosteneva uno scontro a fuoco con una pattuglia tedesca. Elementi poi confluiti nella Div. GL, catturavano ai tedeschi due vetture e un camioncino. In via Magliabechi, elementi del Fronte della Gioventù Firenze disarmavano un tedesco. Il 24 a S. Vincenzo a Torri (Scandicci), elementi della 1a compagnia della 3a Brigata "F.lli Rosselli", confluita nella Divisione GL Firenze, ingaggiava uno scontro con pattuglia tedesca di guardia ad un ponte. In piazza Piave la SAP PCI della 1a zona, assaliva e disarmava una sentinella tedesca a guardia di una passerella. Il 26 a Ponte a Ema, la SAP PCI della 1a zona asportava farina e grano da un mulino minato dai tedeschi che reagivano dando fuoco al mulino e sparando sulla popolazione. A Ginestra Fiorentina (Lastra a Signa) militari tedeschi violentavano e uccidevano una donna. Il 27 in piazza S. Marco, elementi della SAS, squadra d’assalto confluita nella Divisione GL Firenze sabotavano un autocarro dei VV.FF. catturato dai tedeschi. Il 29 in via IX Febbraio, la SAP PCI della 4a zona asportava armi dalla locale scuola, adibita a caserma; durante l'azione si aveva uno scontro con i tedeschi. La SAP PCI della 1a zona sottraeva un'automobile tedesca. A Ginestra Fiorentina (Lastra a Signa) due mezzadri venivano trucidati dai tedeschi. Il 31 in via Aretina, la SAP PCI della 4a zona aveva uno scontro a fuoco con pattuglia tedesca, mentre a Ponte a Greve la SAP PCI della 1a zona sottraeva armi e munizioni da un'auto tedesca.

Il giorno successivo a Bagnolo (Impruneta), banda locale della Formazione "Teseo", effettuava un rastrellamento contro retroguardie tedesche. Un partigiano rimaneva ucciso.

Il 1 agosto a S. Ilario a Colombaia (Scandicci), la SAP di Scandicci, Squadra autonoma di Capannuccia si scontrava con due tedeschi che restavano uccisi. Il 2 in via del Fico, la 6a compagnia della 2a Brigata “F.lli Rosselli” di città, catturava una spia fascista ed aveva uno scontro a fuoco con pattuglia tedesca. In via Masaccio la 5a compagnia della 2a Brigata "F.lli Rosselli" di città, attaccava tre autoblinde delle SS.

Il 3 a Scandicci venivano fucilati per rappresaglia 5 uomini e 1 donna. Il 4 all’Isolotto, la SAP PCI della 1a zona si scontrava con i tedeschi sul guado dell'Arno a monte dell'Isolotto. Al ponte alla Vittoria due squadre di arditi della SAP PCI della 1a zona, munite di armi automatiche, tentavano di tagliare i fili che univano le mine alla stazione di brillamento. Avvistate dai tedeschi erano sottoposte a violento fuoco e costrette a ritirarsi con perdite. Al ponte alla Carraia una compagnia di patrioti della SAP PCI della 1a zona, tentava di impedire il brillamento del ponte ma non vi riusciva. I tedeschi di guardia venivano uccisi.

In località Olmo, la SAP di Scandicci ingaggiava un combattimento a fianco degli alleati contro le retroguardie tedesche.

A Sesto Fiorentino i tedeschi distruggevano gli stabilimenti: Arrigoni, Del Vivo, Magazzini Farmaceutici e la stazione ferroviaria.

Il 5 presso il fosso delle Grazie, a Fiesole, la 2a Brigata "F.lli Rosselli", aveva uno scontro con due tedeschi che venivano eliminati mentre un partigiano di questa stessa formazione uccideva un tedesco al Poggio alle Tortore. Presso l’Istituto Chimico Farmaceutico Militare i tedeschi fucilavano 12 civili.

Il gruppo Comando della 10a brigata Garibaldi “Caiani”, Divisione Arno, il 7, in località Rovezzano, attaccava una pattuglia tedesca, mentre presso villa "La Massa" a Pontassieve, il comandante della 2a Brigata "Rosselli", nel corso di uno scontro con una pattuglia tedesca, veniva catturato. A Firenze, nel corso di un rastrellamento venivano catturati 15 uomini, in seguito impiegati nei lavori di fortificazione della "Linea Gotica".


L’avvicinamento delle brigate di montagna e l’inizio della battaglia di agosto

Durante il mese di luglio le formazioni partigiane iniziavano un movimento per avvicinarsi a Firenze e per prepararsi alla battaglia per la liberazione della città. A Firenze, l’8 luglio il CTLN delibera di rimanere in funzione fino alla fine della guerra.

Intanto le forze britanniche del 15th Allied Army Group, 8th UK Army, XIII Corps si schieravano a cavallo della parte meridionale del territorio provinciale mentre il primo Corpo d'Armata tedesco si schierava lungo una linea che aveva come limite sul fianco sinistro Lucolena, Pian d'Albero, Troghi e Rosano e sul fianco destro Castelfiorentino, Montelupo, Prato.

Il 15 luglio il fronte passava per il Massiccio del S. Michele e qui, nei pressi di Monte Scalari, gli alleati stabiliscono la nuova linea del fronte.

Il 21 il CTLN delibera di conquistare la città prima dell'arrivo degli Alleati, attaccando i nazifascisti. Lo stesso giorno iniziava lo spostamento della Brigata Sinigaglia verso Fonte Santa di Bagno a Ripoli. Il 22 si ricongiungevano anche la "Lanciotto" e il comando della Divisione. Poi il comando della Divisione si spostava mentre la brigata rimaneva sul posto. Il 23 la 2 compagnia della "Lanciotto" raggiungeva Compiobbi, la 2a compagnia della 3.a brigata Rosselli si attestava in Firenze, mentre la 1a compagnia restava dietro le linee tedesche e la 3a operava nella zona di Montespertoli.

All’inizio di agosto le forze partigiane presenti sulla riva sinistra dell'Arno, inquadrate nella I zona, disponevano di 780 uomini, 280 fucili e moschetti, 10 fucili mitragliatori, 2 mitra pesanti, 191 pistole, 490 bombe a mano. La 2a compagnia della 3a Rosselli si riuniva nella caserma di via Pier Luigi da Palestrina.

Il 3 agosto alle ore 15 il Comando tedesco proclama lo stato di emergenza nella città, vietando alla popolazione di uscire dalle proprie abitazioni.

Nei giorni successivi si avevano scontri con i tedeschi sul guado dell'Arno a monte dell'Isolotto e contemporaneamente la Brigata Sinigaglia lasciava la sua postazione di Bagno a Ripoli e si metteva in marcia per Firenze. Anche la 4 compagnia della Caiani si avvicinava a Firenze stabilendosi a Compiobbi.

La Sinigaglia si riuniva con la 5 compagnia della SAP PCI della 1a zona, mentre la 4a Brigata "Rosselli" entrava in Firenze, provenendo dalla zona Impruneta - Grassina in cui aveva operato. Altri reparti dislocati nel borro di Rimaggio e spostatisi verso ovest per sfuggire ai tedeschi, muovevano verso Firenze. A Villamagna la 5 e 6 compagnia della SAP PCI della 1a zona, accerchiava 150 tedeschi.

A Pozzolatico la banda locale appartenente alla Formazione "Teseo" entrava in contatto con i reparti alleati avanzanti e forniva utili informazioni sui campi minati della zona.

Il 4 le forze della Divisione Arno stabilivano contatti con i comandi delle avanguardie inglesi.

Il 6 il comandante del Comando Militare Toscano, Corpo Volontari della Libertà, prendeva contatto con il maggiore capo dell'Ufficio Informazioni e con il capo di Stato Maggiore della Divisione inglese schierata a sud della città.

L’8 la brigata “Caiani” attraversava l'Arno a Rovezzano e stabiliva contatti con le forze alleate e con la 1a e 2a Compagnia della Brigata "Lanciotto".

Il giorno stesso cadeva colpito a morte Aligi Barducci (Potente), comandante della Divisione. La Divisione ne prendeva il nome.

L’11 una squadra della banda di Pozzolatico della Formazione "Teseo", dopo essere stata disarmata dagli Alleati, riusciva ad attraversare l'Arno e ad unirsi ai patrioti che combattevano a nord della città.

Al mattino del giorno stesso il CTLN si insediava in Palazzo Medici Riccardi, così come il Comando Militare che lascia la sua sede clandestina di Piazza Strozzi. Palazzo Vecchio era occupato e presidiato da forze partigiane. In via Cavour, via San Gallo, via Capponi si schieravano squadre d’azione del PCI, di GL, del PLI. Sulla riva sinistra del Mugnone prendeva posizione la 3a compagnia della “Caiani”. Anche la “Fanciullacci” iniziava lo spostamento da Monte Morello verso Firenze, mentre la “Caiani” entrava in città dalla parte nord. I comandi della “Sinigaglia” e della “Lanciotto” attraversavano l’Arno con 135 uomini. Numerosi altri erano i tentativi, alcuni riusciti, altri falliti, di attraversamento dell’Arno, a nord e a sud, a Rovezzano o alle Cascine.

Le forze partigiane dislocate nella II zona sembra che ammontassero a 420 uomini con 170 fucili, 8 fucili mitragliatori, 2 mitra pesanti, 160 pistole, 275 bombe; quelle della III zona a 940 uomini con 371 fucili, 17 fucili mitragliatori, 402 pistole, 364 bombe; quelle della IV zona a 706 uomini con 230 fucili, 13 fucili mitragliatori, 2 mitra pesanti, 187 pistole, 316 bombe.

Alle ore 6 di quel giorno, 11 agosto, su ordine del Comando Militare veniva dato il segnale dell'insurrezione mediante il suono a martello della campana di Palazzo Vecchio.

Il giorno stesso, l’11 agosto, in via dello Statuto, uomini della SAP PCI della 3a zona, superato di slancio il Mugnone, attaccavano retroguardie tedesche, ma venivano arrestati e respinti, subendo 1 morto e 7 feriti. Iniziavano anche azioni di fuoco e tentativi di assalto contro i tedeschi che occupavano la Manifattura tabacchi.

II 12 la brigata “Buozzi”, che era rimasta tagliata fuori, riusciva a superare la linea di fuoco nella zona della ferrovia di Campo di Marte e si univa al grosso delle forze partigiane. Nei giorni successivi gli scontri si susseguivano frenetici, la battaglia infuriava ed investiva numerosi punti della città. Alcuni giorni dopo, il 18, la 3a Brigata "Rosselli" e la "Sinigaglia", stabiliti i contatti tra loro, impegnavano combattimento contro i tedeschi nella zona di piazza Dalmazia, sulla destra del Mugnone nella zona del Villino Boccaccio. Il 28 la 2a compagnia della Brigata "Buozzi" si sposta in piazza delle Cure.


La battaglia contro i franchi tiratori

L’azione dei patrioti e dei partigiani durante questo periodo, dovette fare i conti con l’enorme pericolo costituito dai franchi tiratori che imperversavano soprattutto contro la popolazione civile, uccidendo indiscriminatamente e con intento terroristico. Combattimenti venivano ingaggiati sin dai primi di agosto in varie parti della città, ovunque si presentasse la minaccia.

Così episodi si verificavano il 4 presso il ponte alla Vittoria, in piazzale Poggi, in piazza Tasso, al Conventino. Se sulla riva sinistra veniva effettuato un rastrellamento delle case prospicienti l'Arno, dopo l’11 analoghe operazioni si sarebbero svolte in via Calzaioli, in piazza San Firenze, in via del Corso, in via Ghibellina. Ed ancora in zone che si presentavano più difficili, come presso l’Ospedale Mayer, in via Masaccio, in via Fra' Bartolomeo, o in piazza Madonna, in via Nazionale, in via Faenza, in Santa Maria Novella.

Spesso i franchi tiratori venivano snidati, nonostante ricorressero ad espedienti fantasiosi, come quei quattro che furono attaccati, nonostante fossero travestiti da frati.

Per coloro che venivano catturati con le armi in pugno si procedeva alla fucilazione immediata, come accadde in piazza Puccini ilo 12 o in via Dupré, il 16, o in via Baracca e al ponte alle Mosse il 20.


La battaglia in città

Innumerevoli furono gli scontri che si verificarono in città prima dell'arrivo degli alleati, in via della Colonna, al ponte del Pino, lungo l’Africo, in via Masaccio, piazza Savonarola, alla Manifattura Tabacchi, in viale Belfiore, in via Paisiello, in viale Belfiore, a Rovezzano, in via Madonna della Tosse, in piazza Cavour e altrove un po’ dappertutto.

In complesso furono molte decine le scaramucce e le battaglie a fuoco con pattuglie e reparti tedeschi, ma anche di SS italiane, come quelle attaccate il 13 al Ponte del Pino. Talvolta venivano anche attaccati gruppi armati con mitragliatrici e cannoncini, o addirittura carri armati e mezzi blindati.

Il 12 una compagnia della "Lanciotto", mandata a sbloccare un nucleo di partigiani delle SAP del PSI, circondato dai tedeschi nei pressi del Mulino Biondi, in viale dei Mille, ricacciava fino alla ferrovia i tedeschi. Tuttavia i rinforzi ricevuti dai tedeschi costringevano i partigiani a ripiegare.

Nei giorni successivi i partigiani furono talora affiancati da gruppi dell'esercito inglese e poterono perciò agire con più efficacia. Talora si doveva rispondere al fuoco di artiglieria, che si avvaleva anche di pezzi da 37, talaltra si dovevano respingere tentativi di infiltrazione nemiche.

Decine e decine, anzi centinaia furono i caduti ed i feriti tra i partigiani, i patrioti ed i civili che si impegnarono nella dura battaglia per liberare la città.

Nella seconda metà di agosto i tedeschi, incalzati ora da partigiani e alleati, intensificarono le operazioni per lo sganciamento e, protetti da una intense azioni di artiglieria, si ritirarono verso Nord.

Nondimeno proseguirono cannoneggiamenti sulla città, come quello sul Parterre e furono effettuati anche tentativi di infiltrazione, ad esempio nelle Officine Galileo, dove il presidio partigiano fu costretto a ripiegare, o in via Faentina, dove reparti di paracadutisti si spinsero fino alla scuola Boccaccio.

Il 24 i tedeschi tentarono addirittura un contrattacco per raggiungere piazza Viesseux provenendo dalla ferrovia, da via del Romito, da via del Palazzo Bruciato, da via Montelatici. Furono respinti ma 6 partigiani rimasero uccisi negli scontri.

Intanto partigiani della “Lanciotto”, con l'aiuto di truppe corazzate inglesi, avanzavano sulla via Bolognese e, il giorno successivo, sulla via Faentina e Il Lapo.

Nella loro ritirata i tedeschi saccheggiavano le abitazioni distruggendo ciò che non riuscivano ad asportare, come accade a Ponte a Mensola.


Gli sminamenti

Già prima dell’inizio della battaglia di Firenze, i patriotti si erano impegnati in una intensa azione mirata a neutralizzare il sabotaggio tentato dai tedeschi con il minamento di strade, ponti, monumenti.

Il 24 luglio a S. Felice a Ema la SAP PCI della 1a zona, disinnescava alcune mine e recuperava materiale esplosivo. Il 29 venivano sabotate diverse mine tedesche da parte della SAP PCI della 1a zona mentre tra il 4 e l’11 agosto membri della SAP PCI della 1a zona riuscivano a neutralizzare le mine destinate a far saltare gli impianti dell'acquedotto di Mantignano.

Ritirandosi da Settignano, il 4-5 i tedeschi riuscivano a far saltare in aria buona parte dell'abitato, così come avevano fatto al ponte alla Vittoria ed al ponte alla Carraia, nonostante i tentativi, generosi ma inefficaci, dei patrioti. Alcuni partigiani della Brigata Garibaldi "B. Buozzi", riuscivano a strappare le micce visibili che collegavano le mine poste sotto i ponti del Mugnone ed al momento del brillamento il Ponte Rosso restava danneggiato solo parzialmente.

L’11 un reparto della 3a Brigata "Rosselli", attaccava alcuni paracadutisti tedeschi intenti ai lavori di mina sulla scarpata della ferrovia ingaggiando un duro combattimento. Al ponte alle Mosse la 3a e 4a compagnia della "Lanciotto", tentava inutilmente di evitare il brillamento delle mine sotto il ponte alle Mosse. In viale Belfiore la 2a compagnia della 3a Brigata "Rosselli", attaccava pattuglie tedesche che avevano minato il cavalcavia ferroviario. Il 15 agosto la Federazione di Firenze del PSI organizzava e poneva a disposizione dei comandi alleati un distaccamento di 40 artificieri specializzati per la rimozione delle mine. Il 25 la 3a Brigata "Rosselli" toglieva le mine tedesche in via Casamorata, all’angolo di via Incontri, mentre la SAP del PLI neutralizzava 15 mine a villa Bemporad, in località La Macina.


Le fasi della battaglia di agosto in città

Per ordine del Comando Militare Toscano “Marte”, l’11 agosto alle ore 6 veniva dato il segnale dell'insurrezione mediante il suono a martello della campana di Palazzo Vecchio.

In località Tre Pietre, la SAP PCI della 2a zona, si scontrava duramente, prima dell'arrivo degli alleati, con le retroguardie tedesche. Intanto una pattuglia della "Sinigaglia" attraversava l'Arno a Rovezzano, mentre un’altra pattuglia veniva bloccata dalla reazione tedesca alle Cascine.

Reparti di patrioti della SAP PCI della 3a zona, superato di slancio il Mugnone in via dello Statuto, attaccavano retroguardie tedesche, ma vengono arrestati e respinti, subendo 1 morto e 7 feriti. Al ponte alle Mosse partigiani della 3a e 4a compagnia della "Lanciotto", tentavano inutilmente di evitare il brillamento delle mine ed in via della Colonna, elementi della Brigata "V" riducevano al silenzio una pattuglia tedesca. Nella zona del ponte del Pino – Africo combattevano SAP della 4a Zona e partigiani della “Buozzi”, mentre altri della stessa formazione e della SAS GL sostenevano il fuoco di tedeschi appostati dietro l’angolo di Via Fra’ Bartolomeo. In via delle Cascine, in viale Belfiore e in via Paisiello le SAP di Firenze e la 3a e 4a compagnia della "Lanciotto" iniziavano azioni di fuoco e tentativi di assalto contro i tedeschi che occupano la Manifattura tabacchi. In viale Belfiore la 2a compagnia della 3a "Rosselli", attaccava alcune pattuglie tedesche che avevano minato il cavalcavia ferroviario. Anche a Lungo l’Africo la SAP PCI della 4a zona, si scontrava con dei tedeschi che cercavano di far saltare un ponte.

In via Madonna della Tosse, angolo via Pascoli, in piazza Cavour, in via Landino angolo viale Milton e strade adiacenti, dove combattevano elementi della Brigata "V", della "Rosselli" di città e della "Lanciotto", un partigiano rimaneva ucciso. In via Lamarmora angolo via principe Amedeo, e in via Masaccio elementi della Brigata "V" e della SAP PCI della 3a zona, si scontravano con franchi tiratori e guastatori tedeschi.

Un gruppo della SAP PLI combatteva a Ponte a Mensola.

Intanto i tedeschi facevano saltare il ponte alle Mosse e apprestavano un centro di fuoco in via Masaccio all’angolo con via Fra' Bartolomeo, dove per altro erano già in corso degli scontri. Il CVL, Comando Militare Toscano “Marte” individuava anche due carri armati tedeschi in piazza Cosseria, una batteria di mortai dietro ponte alle Mosse e nidi di mitragliatrici fra le macerie e nelle case di via XX settembre e piazza Cosseria. Nonostante la resistenza dei partigiani i tedeschi riescivano a penetrare nel Parterre.

Tra il 12 ed il 15 agosto la dislocazione dei tedeschi nel settore centrale della città, andava da via del Romito a via Bolognese, con disseminazione di pezzi di piccolo calibro, piazzamento di fucili mitragliatori e mitragliatrici nelle case e perfino con due carrarmati, uno in angolo di via Trento ed uno in angolo di via del Pellegrino. Il comando si trovava in una casa d'angolo tra via 24 maggio e viale Cadorna. La linea del fronte tedesco proseguiva verso est da piazza Berta al ponte alle Riffe, a via Mossotti e viale dei Mille. Anche qui erano localizzati pezzi anticarro, e numerosi nidi di mitragliatrici, mentre il comando era dislocato in P.za S.Gervasio angolo V. Baldesi.

Il diario dei giorni successivi era punteggiato da innumerevoli episodi a fuoco, con scontri distribuiti in tutta la città. Nei pressi del Mulino Biondi la "Lanciotto" attaccava i tedeschi ma, dopo averli ricacciati fino alla ferrovia i tedeschi, era costretta a ripiegare dopo l’arrivo di nuovi rinforzi nemici. Al Casone Rosso detto La Nave, invece la Lanciotto respingeva i tedeschi, che tentavano di occupare la zona. Cinque partigiani restavano feriti.

La “Rosselli” costringeva il nemico a retrocedere in viale Belfiore e dintorni e in piazza S. Marco respingeva un tentativo di infiltrazione nello schieramento partigiano. Al Ponte del Pino combattevano elementi del Fronte della Gioventù. Negli scontri a fuoco con retroguardie tedesche attestate alla Manifattura Tabacchi, il Casone dei ferrovieri diveniva una importante postazione per la "Sinigaglia" e per alcune pattuglie della SAP DC. Mentre in piazza S. Iacopino si avevano focolai di combattimento, protagonisti la "Rosselli" e la "Lanciotto", alcune pattuglie tedesche riuscivano ad arrivare fino al sottopassaggio di viale Belfiore prendendo sotto tiro il viale e via Benedetto Marcello, ed altre due pattuglie attraversavano il ponte all'Asse e il ponte S.Donato, spingendosi fino a piazza S.Iacopino e via Bartolini.

I tedeschi, attestati sulla riva destra del Mugnone, tenevano sotto tiro con mitragliatrici e cannoncini la zona del ponte alle Mosse - p.za Cosseria - v. XX settembre - ponte Rosso, mentre due carri armati ed alcune mitragliatrici battevano ripetutamente e con efficacia le vie parallele a via Lulli tra il Terzolle e la zona dei Macelli. Ancora in S. Iacopino la “Sinigaglia” respingeva tentativi di infiltrazione ed in viale regina Margherita la SAP PCI della 3a zona faceva fuoco contro alcuni soldati nemici. Nella zona di ponte alle Mosse, la "Sinigaglia", e la SAP PCI della 3a zona respingevano un attacco tedesco. A villa Demidoff la "Rosselli", respingeva alcuni attacchi di nuclei tedeschi attestati dentro la villa. In via Laura un partigiano della SAP PCI della 3a zona moriva in combattimento, mentre alla Fortezza da Basso la "Lanciotto" respingeva un reparto tedesco munito di mitragliatrici e di mortai. Da parte dei nazifascisti intanto si insisteva nel rafforzare la resistenza e nel contrattaccare: un reparto di SS italiane piazzava un centro di fuoco con 2 mitragliatrici al ponte del Pino, mentre in viale dei Mille e viale Fanti i tedeschi facevano fuoco sulle postazioni partigiane con pezzi da 37. Lungo il Mugnone era una compagnia della “Rosselli", che reagiva al fuoco delle armi automatiche nemiche, in viale principessa Clotilde combatteva lo Squadrone "F" del Regio Esercito italiano mentre in piazzale Donatello teneva il fronte la SAP PLI.

Nei giorni successivi, 15-16 agosto, mentre i cannoneggiamenti tedeschi causavano danni alla chiesa di S. Michele a Monterigoldi a Pian dei Giullari, l’attività combattiva proseguiva con intensità in S.Iacopino, dove infiltrazioni nemiche erano stroncate sul nascere, al Casone dei ferrovieri dove era respinto un attacco in cui cadeva un militare germanico, alla stazione ferroviaria di S. Maria Novella, dove il contrattacco tedesco con armi pesanti causava 3 morti e 3 feriti della "Lanciotto". Nei viali di circonvallazione la "Rosselli" ed elementi della SAP PCI della 3a zona, respingevano infiltrazioni tedesche ed in piazzale Donatello le SAP PSI attaccavano i nemici che avevano occupato un edificio della piazza. Il giorno successivo un'autoblinda e una ventina di tedeschi si infiltravano nelle linee partigiane ma, presi fra due fuochi, erano costretti ad asserragliarsi in un rifugio antiaereo quindi a ritirarsi.

Il 16 agosto la linea del fronte tedesco andava, a nord-est, da Sant'Andrea a Rovezzano a Ponte a Mensola, via S. Domenico, Accademia della Milizia Forestale, mentre a nord andava da viale Volta a piazza delle Cure a via XX settembre e al Ponte allo Statuto, ed a nord-ovest dalla riva destra del Mugnone a via delle Cascine e Piazzale del Re.

Il 17, la "Lanciotto", mentre indirizzava alcune puntate verso S. Domenico e l’ospedale di Camerata, dove restavano uccisi 1 partigiano e 2 tedeschi, veniva attaccata alla Fortezza da Basso mentre alcuni partigiani della “Rosselli” attaccavano, in cooperazione con le truppe inglesi le postazioni nemiche in piazza Cavour.

Un cannoneggiamento germanico sull’ospedale di S. Salvi, provocava la morte di 6 civili (infermieri e degenti) ed un rastrellamento a S. Vincenzo a Torri (Scandicci) so concludeva con la fucilazione di 2 giovani. In questo momento i tedeschi potevano fare affidamento su artiglierie da 75 e 88 dislocate a Careggi, nuclei di mitragliatrici a Villa Incontri, 50 paracadutisti a Villa Salviati, mortai a Settignano.

Intanto la "Lanciotto", costringeva in via delle Panche i tedeschi al ripiegamento e pattuglie della "Sinigaglia" e delle SAP superavano il Mugnone ed entravano in contatto con il nemico.

La “Rosselli” e la “Sinigaglia”, stabiliti i contatti tra loro, impegnavano combattimento contro i tedeschi in piazza Dalmazia e si congiungevano sulla destra del Mugnone nella zona del Villino Boccaccio. In via Vittorio Emanuele II, la Brigata "V" e SAP PCI della 3a zona combattevano insieme e in seguito a duri scontri riuscivano ad attestarsi lungo la linea del Mugnone mantenendo pattuglie in piazza Viesseux.

In viale Bassi e via Centostelle la "Lanciotto", si scontrava con i tedeschi, mentre al Ponte di Mezzo la “Sinigaglia" attaccava postazioni nemiche e la "Rosselli", occupava la fabbrica delle Officine Galileo dopo aver sostenuto scontri nelle strade adiacenti. In un conflitto a Camerata, presso villa Palmieri, la "Lanciotto" uccideva due tedeschi e recuperava 2 mitragliatrici ma subiva il ferimento di cinque partigiani.

I tedeschi, dopo essersi ritirati da piazza Dalmazia, portando con sé i caduti, tentavano di nuovo, ma inutilmente, di riconquistare la posizione, quindi, protetti da una intensa azione di artiglieria si ritiravano a Nord di Firenze.

Il 19 agosto la "Lanciotto" individuava ed eliminava un osservatorio tedesco sul serbatoio dell'acqua delle officine Pignone, mentre la SAP DC subiva uno scontro a fuoco in via Baracca e Ponte alle Mosse ed in via Massaia combattevano elementi della Brigata "V" e della SAP PCI della 3a zona. In via Vittorio Emanuele II, una pattuglia tedesca veniva respinta da un nucleo di partigiani della "Lanciotto". Altri scontri avvenivano in S.Gervasio, in piazza Dalmazia, in viale Morgagni. In via Vittorio Emanuele II, la "Lanciotto", effettuava un rastrellamento con l'appoggio di 3 autoblinde alleate.

I tedeschi intanto cannoneggiavano il Parterre e fucilavano 2 civili per rappresaglia a Badia a Settimo (Scandicci).

Il 20 agosto, grazie ad un partigiano della "Rosselli", si riusciva a scoprire le postazioni dei tedeschi all'interno dell'Ospedale di Careggi; nello scontro a fuoco morivano 3 partigiani della “Buozzi”. Intanto i combattimenti proseguivano alla Manifattura Tabacchi dove le postazioni nemiche venivano occupate dai partigiani della "Sinigaglia", che poi riducevano al silenzio un nido di mitragliatrici nemico, dislocato in villa Sassetto, e successivamente espugnava una postazione tedesca in via Torre degli Agli, dopo aver sostenuto combattimenti al Ponte alle Mosse, al Ponte di Mezzo, al cimitero ebraico e in via Baracca, dove cadeva un partigiano. Il giorno successivo attaccavano le Officine Galileo, che erano state riconquistate dai tedeschi, uccidendone 3 e giustiziando 2 franchi tiratori.

La “Lanciotto” ingaggiava battaglia in via Bolognese, in S. Gervasio e in via Boccaccio dove restavano uccisi due tedeschi ed un partigiano. Un altro partigiano, della "Sinigaglia", restava ucciso al Ponte di Mezzo.

Un attacco tedesco proveniente da Maiano, veniva respinto al Salviatino dalla "Lanciotto", mentre a S. Domenico (Fiesole) toccava alla "B. Buozzi" contrastare alcune pattuglie nemiche.

Intanto da parte tedesca l’intenso fuoco di artiglieria provocava numerose vittime fra la popolazione civile della seconda zona, e puntate offensive si avevano in via Faentina, dove gruppi di paracadutisti si spingevano fino alla scuola Boccaccio, in via Bolognese e al Pellegrino dove venivano respinti dalla Brigata "V", in via Montughi e villa Fabbricotti, dove si trovava la "Rosselli".

In via Cento Stelle e al Salviatino la "Lanciotto" costringeva il nemico, che aveva attaccato, al ripiegamento ed il 24 agosto, dopo un temporaneo ripiegamento del fronte, causato da un attacco nemico, riconquistava le precedenti posizioni in via Trieste.

A villa Ignesti, ex sede delle SS tedesche, la Brigata "V", sosteneva un violento scontro a fuoco ed i partigiani della "Sinigaglia" erano costretti a ripiegare sulla linea del Mugnone, ponte di Mezzo. Il tentativo nemico di raggiungere piazza Viesseux provenendo dalla ferrovia, da via del Romito, da via del Palazzo Bruciato, da via Montelatici veniva respinto ma 6 partigiani restavano uccisi negli scontri. Anche nella zona di piazza Dalmazia, una pattuglia tedesca, infiltratasi nello schieramento partigiano, veniva respinta dalla “Rosselli”, così come alle Cascine faceva la "Sinigaglia" ed al ponte del Pino la "Lanciotto", che aveva attaccato per prima.

La collaborazione tra partigiani ed alleati dava risultati molto positivi, ad esempio a villa Carobbi sulla riva destra del torrente Terzolle, o a La Pietra in via Bolognese, dove intervenivano anche truppe corazzate.

Mentre i partigiani della “Buozzi” si preparavano ad attaccare Fiesole, e per questo avevano effettuano il rilevamento delle posizioni tedesche, e la “Lanciotto” effettuava alcune puntate alle cave di Maiano, a Fontelucente erano arrestati e fucilati alcuni partigiani e gruppi di civili, rastrellati nel paese, venivano adibiti allo scavo di trincee.

Il 25 la SAP PCI della 3a zona riconquistava le posizioni perdute il giorno precedente, attestandosi sulla via Montemaggi - via di Rifredi, dove la "Lanciotto", attaccava il presidio tedesco.

La "Rosselli", appoggiata dagli inglesi, giungeva nelle immediate vicinanze dell'ospedale di Careggi e la "Lanciotto", anch’essa appoggiata da mezzi corazzati inglesi, avanzava sulla via Faentina.

Una puntata offensiva tedesca veniva respinta il 26 al ponte del Pino dalla "Buozzi", che ingaggiava combattimento anche in via Boccaccio, al Salviatino, villa Palmieri e in via Faentina dove eliminava 2 nemici.

Due partigiani della SAP che stavano scortando un militare americano in perlustrazione, restavano uccisi in via dei Cappuccini nei pressi della chiesa, mentre nella zona del ponte di Mezzo, la " Sinigaglia" effettuava rastrellamenti contro franchi tiratori.

Il 27 due squadre di patrioti della SAP attaccavano di sorpresa in via Borghini un reparto tedesco di 20 uomini costringendolo a ritirarsi mentre presso la Chiesa dei Cappuccini una pattuglia partigiana della "Rosselli" eliminare il centro di resistenza nemico; contemporaneamente però le posizioni partigiane della zona di via Vittorio Emanuele II piazza Dalmazia venivano cannoneggiate.

Durante la loro ritirata i tedeschi saccheggiavano le abitazioni distruggendo ciò che non riuscivano ad asportare, come accadde a Ponte a Mensola.

Durante uno scontro sulla riva destra del torrente Terzolle, una squadra della "Rosselli", respingeva 20 paracadutisti tedeschi che tentavano di annidarsi nelle case lungo il torrente, prendendone due prigionieri. Due partigiani della “Sinigaglia” cadevano in combattimento in via Celso e scontri furiosi si svolgevano in via del Barco e in via del Pergolino, presidiata dalla "Buozzi". Tre partigiani della "Lanciotto" restavano feriti da un violento fuoco di mortai in località La Pietra, mentre a villa Palmieri una squadra della "Buozzi", con reparti angloamericani snidavano un nucleo tedesco. Nel respingere un attacco tedesco in viale Corsica, il 29 un partigiano della "Sinigaglia" restava gravemente ferito e tre tedeschi venivano uccisi.

Intanto i duelli delle opposte artiglierie causavano la distruzione della chiesa di Settignano, mentre nella zona di Careggi, i tedeschi facevano saltare l'ultimo tratto di fognone, attraverso il quale i civili internati all'ospedale raggiungevano la città. Il 30 nel I e II settore della città un intenso fuoco di artiglieria e mortai si rovesciava sulle posizioni partigiane.

A Ponte a Mensola i nazifascisti compivano rappresaglie contro civili.

Il 31 dopo 20 giorni di combattimenti i tedeschi ripiegano da Careggi (Firenze) verso nord.


3. I CLN come organi di governo


La situazione alimentare ed igienico sanitaria di Firenze si presentava in termini drammatici soprattutto nei giorni dell’emergenza, subito dopo il 3 agosto.

L’8 vi era stato un incontro tra alcuni notabili cittadini ed il comandante tedesco presso l’Albergo Baglioni. Era stato fatto presente che l’impianto dell’acqua potabile non poteva funzionare per mancanza di corrente elettrica. La cittadinanza assetata disponeva di una minima quantità di acqua che veniva attinta a pozzi, talora inquinati. La distribuzione del pane era sospesa da tre giorni, e solo il giorno 7 erano state messe in circolazione quantità minime di grano e farina. Non esistevano scorte di altri generi alimentari e non era possibile rifornirsi. Le condizioni igienico sanitarie erano gravissime. Case e strade erano piene di immondizie, le latrine erano ostruite per mancanza di acqua, le abitazioni sovraffollate e mancanti anche di aria e di luce per la chiusura obbligatoria delle finestre. Lo stato di salute della popolazione allarmante: c’era tifo endemico e dissenteria ed altre infezioni. La mortalità dei bambini per mancanza di latte elevata.

Le risposte del comandante tedesco furono largamente insufficienti e prefiguravano una situazione che avrebbe potuto precipitare a brevissima scadenza.

Di questa gravità era consapevole il CTLN che, l’11 agosto iniziava subito a lavorare per alleviare le condizioni dei fiorentini. Già per il pomeriggio di quel giorno, alle ore 15, venivano adunati in Palazzo Vecchio cento uomini robusti per impiegarli nel trasporto di viveri destinati dagli Alleati alla città. Il trasporto avveniva attraverso il Corridoio vasariano.

Già nei due giorni precedenti erano arrivati 1.200 quintali di farina, ammassati nel garage della prefettura e della Misericordia, ed erano stati distribuiti in ragione di 82 grammi equivalenti a 100 di pane al giorno a testa.

Intanto si mettevano in pratica le misure già deliberate alcuni giorni prima21: propaganda per incoraggiare il conferimento agli ammassi, censimento di tutti i molini di ogni tipo, censimento di tutti i mezzi di lavoro animali ad agricoli, incremento dell’importazione del bestiame da macello dalla Maremma e dall’Agro Romano, dove si riteneva che i tedeschi non avessero potuto compiere requisizioni su larga scala; immediato assoluto divieto della macellazione, soprattutto della macellazione clandestina. Abolizione del blocco per la circolazione del vino per la Provincia e fuori Provincia.


4. CTLN e Firenze come “laboratorio politico e culturale” (The Times: teatro di uno spontaneo esperimento di autogoverno) le idee per l’Italia liberata


CTLN ottobre 1943: “assumere l’intero controllo politico e amministrativo locale” (Ballini, NA, 7)
“governo provvisorio della città e della provincia”

il manifesto del 7 giugno, proposto dal PdA: ISRT, fondo Berti, b.1, f.2, Verbali del CTLN, verbale del 7 giugno 1944, pubblicato da Ragghianti 155-7
...tutte le formazioni partigiane della regione… devono seguire gli ordini che verranno emanati dal CTLN...

verbale 22 luglio:
attacco alle retroguardie tedesche, escludendo a priori le formazioni compatte, e cioè attaccare quando i rapporti di forza lo consentono
l’occupazione della città
3 il servizio di ordine pubblico
cambiamento della situazione con l’emergenza e la mancata città aperta

La seduta del 10 agosto
1 la liberazione come sviluppo e coronamento della guerra partigiana
le azioni del mese di luglio
la battaglia dell’agosto
2 la liberazione come autogoverno
3 il laboratorio politico e culturale del dopoliberazione
Il conflitto con il prefetto Paternò
E i rapporti CTLN governo

3 gennaio 1944 (del. Ctln)
governo provvisorio della città e della provincia di Firenze
decadenza di tutte le istituzioni

7 giugno 1944 (manifesto PdA appr. ctln)
il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale, come rappresentante del popoloi, unica autorità politica dell’Italia occupata
Tutte le formazioni partigiane....
Tutti i poteri di governo....
Comitati...

17 giugno 1944 e 10-11 luglio (del. ctln)
Nomina giunta comunale

26 luglio (del. Ctln)
ottenere dagli alleati il riconoscimento come unico rappresentante del popolo toscano
riconoscimento di tutte le nomine e disposizioni assunte

2 - 16 agosto
il ctln assume i poteri di governo (Ragghianti)
(perché il 2 agosto???)
(perché il 16 agosto???)

10 agosto
il Ctln chiede di essere riconosciuto come rappresentante del Governo Nazionale

ante 10 agosto
elenchi componenti giunta ecc e attività fino al 10 agosto (isrt, carte berti, fasc. Miscellanea.... 9 agosto 1944)

11 agosto
tutte le amministrazioni si insediano nelle diverse sedi “per assicurare la continuità dei pubblici servizi” (isrt, carte berti, fasc. Miscellanea.... 9 agosto 1944)

Nel 1947, quando ormai si cominciavano a sentire i primi affetti della guerra fredda, sarà ancora una rivista prestigiosa fiorentina, quella diretta da Piero Calamandrei, che vorrà suggellare quella che viene consdierata come la conclusione di un ciclo, epico e travolgente e titolerà un proprio numero speciale La crisi della Resistenza.

I convegni provinciali e regionali dei CLN aprile 1945 20-21 maggio 1945

Emerge il significato profondamente regionalistico della liberazione di Firenze e della Resistenza ma è un regionalismo che guarda alla nazione, al patrimonio dell’Italia unita
Non c’è traccia di egoismo
Anzi affiora la solidarietà con le altre realtà regionali italiane
Firenze e la Toscana per 8 lunghi mesi viene ad essere un laboratorio per l’Italia da ricostruire
Il punto più avanzato dove la Resistenza è un soggetto vivo e identificabile
Protagonista degli eventi
Ed è anche un territorio dove si vive un rinascimento di energie e risorse intellettuali...
Calamandrei, Montale, Saba
Artisti storici e critici dell’arte intellettuali

Le vicende successive prenderanno altre pieghe












* Università di Firenze.


Note:

1 Isrt, Cln, b.36, Battaglia di Firenze, c.5387, Comitato Provinciale di liberazione Nazionale Grosseto, Grosseto 12 agosto 1944.

2 Isrt, Ctln,‎Verbale della seduta del 29 agosto 1944, Fondo CTLN, b.33 (26), fasc. “Verbali CTLN agosto 1944”
Altra copia in Lombardi,b.17,fasc.2; Berti,b.1, fasc. “Verbali CTLN (periodo post-Liberazione); Campolmi,b.2,fasc.1

3 Plb ll 804 lndp 11 agosto 1945

4 Avevo in lndp 9 ottobre 1944

5 Teatro degli artigianelli, ibidem

6 Plb ll 807

7 Verbale della seduta del giorno 11 agosto 1944 del CTLN 4Fondo CTLN b. 33 (26), fasc. “Verbali CTLN agosto 1944” Altra copia in Lombardi, b.17, fasc.2 con note mss.; Berti, b.1,fasc. “Verbali CTLN” Pubblicato in C. Francovich, La Resistenza a Firenze, Firenze, La Nuova Italia, 1975 (ris. Anast. 1961), pp. 305-306.

8 Verbale della seduta del giorno 12 agosto 1944 pomeriggio Fondo CTLN B.33 (26) fasc. “Verbali CTLN agosto 1944” Altre copie in: Lombardi, b.17, fasc.2; Berti, b.1, fasc. “Verbali CTLN periodo post Liberazione”.

9 Verbale della seduta del giorno 7 giugno 1944 del CTLN Carte Berti b.1 fasc. 2 “Verbali del CTLN” Altra copia in: CTLN b.33 (26) “Verbali CTLN giugno 1944”

10 [Dichiarazione del CTLN del 2 novembre 1943] Pubblicato da Enzo Enriques Agnoletti, «Il Ponte», I, n. 5 (agosto 1945) Il testo, proposto dall’esponente del PdA, si riferisce alla dichiarazione del Comitato centrale di liberazione nazionale del 16 ottobre 1943, che chiedeva la formazione di un governo espressione del Comitato e munito di tutti i poteri costituzionali.

11 ‎‎[O.d.g. del PdA, 3 gennaio 1944] Pubblicato da Enzo Enriques Agnoletti, «Il Ponte», I, n. 5 (agosto 1945).

Verbale della seduta del 27 aprile 1944 del CTLN Carte Berti b.1 fasc. 2 “Verbali del CTLN”
Altra copia in: CTLN b.33 (26) fasc. “Verbali CTLN aprile 1944”

Verbale della seduta del giorno 7 giugno 1944 del CTLN

Carte Berti
b.1 fasc. 2 “Verbali del CTLN”
Altra copia in: CTLN b.33 (26) “Verbali CTLN giugno 1944”

Verbale della seduta del giorno 10 giugno 1944 del CTLN Carte Berti b.1 fasc.2 “Verbali del CTLN”
Altre copie in: CTLN b.33 (26) “Verbali CTLN giugno 1944”; Lombardi b.17 fasc.2

12 COMITATO TOSCANO DI LIBERAZIONE NAZIONALE, 15 giugno 1944 Carte Berti B.1 fasc. “Verbali CTLN”
Altre copie in: CTLN b.33 (26), fasc.”Verbali CTLN giugno 1944”; Campolmi,b.2,fasc.1

13 Verbale della seduta del giorno 21 luglio 1944 del CTLN Carte Berti B. 1 fasc. 2
Altre copie in: CTLN,b.33(26),fasc. “Verbali CTLN luglio 1944”; Lombardi,b.17,fasc.2
Già pubbl. in C.Francovich La Resistenza a Firenze, Firenze, La Nuova Italia,1961, pp.301-302

14 Verbale della seduta del giorno 22 giugno del CTLN Carte Berti b. 1, fasc. 2 “Verbali del CTLN”
Altre copie in: CTLN, b.33(26) “Verbali CTLN giungo 1944”; Lombardi,b.17,fasc.2 con il tit. “Deliberazioni del 22 giugno 1944”.

15 Verbale della seduta del giorno 27 giugno 1944 del CTLN Carte Berti b.1,fasc. 2 “Verbali del CTLN”
Altre copie in: CTLN,b.33(26), fasc. “Verbali CTLN giugno 1944”; Lombardi,b.17,fasc.2

16 Verbale della seduta del giorno 14 luglio 1944 del CTLN Carte Berti b.1, fasc. 2 “Verbali del CTLN” Altre copie in: CTLN,b.33(26) fasc. “Verbali CTLN luglio 1944”; Agnoletti, b.1, fasc.6

17 Verbale della seduta del giorno 27 luglio 1944 del CTLN Carte Berti b. 1, fasc. 2, “Verbali del CTLN”
Altre copie in: CTLN,b.33(26),fasc. “Verbali CTLN luglio 1944”; Lombardi,b.17,fasc.2

18 Verbale della seduta del giorno 26 luglio 1944 del CTLN Carte Berti b. 1, fasc. 2, “Verbali del CTLN”
Altre copie in: CTLN,b.33(26), fasc. “Verbali CTLN luglio 1944”; Lombardi,b.17,fasc.2

19 Verbale della seduta del giorno 30 luglio 1944 del CTLN Carte Berti b. 1, fasc. 2, “Verbali del CTLN”
Altre copie in: CTLN,b.33(26),fasc. “Verbali CTLN luglio 1944”; Lombardi,b.17,fasc.2

20 Il Ponte, a. I, n.5, agosto 1945, Redazionale: La battaglia di Firenze, p.365

21‎Verbale della seduta del giorno 5 agosto 1944 pomeriggio CTLN b.33 (26) fasc. “Verbali CTLN agosto 1944”
Altra copia in Lombardi, b.17, fasc.2; Berti,b.1, fasc. “Verbali CTLN”





PROLUSIONE - 4 febbraio 2005
- Oscar Luigi Scàlfaro

BARI - 11 febbraio 2005
- Luciano Canfora
- Luigi Masella
- Vito Antonio Leuzzi

NAPOLI - 16 febbraio 2005
- Francesco Paolo Casavola
- Guido D'Agostino
- Paolo De Marco
- Isabella Insolvibile

CATANIA - 22 febbraio 2005
- Giuseppe Barone
- Rosario Mangiameli
- Salvatore Lupo

ROMA - 3 marzo 2005
- Claudio Pavone
- Alessandro Portelli

CAGLIARI - 7 marzo 2005
- Manlio Brigaglia
- Giangiacomo Ortu

BOLOGNA - 9 marzo 2005
- Luciano Casali
- Antonio Parisella

PADOVA - 14 marzo 2005
- Angelo Ventura
- Emilio Franzina

TORINO - 16 marzo 2005
- Gianni Oliva
- Claudio Dellavalle


  FIRENZE - 17 marzo 05
  - Michele Battini

 Ivano Tognarini



GENOVA - 17 marzo 2005
- M. Elisabetta Tonizzi
- Antonio Gibelli

TRIESTE - 19 marzo 2005
- Raoul Pupo
foto d'archivio
carte storiche
- Enzo Collotti

MILANO - 22 marzo 2005
- Mariuccia Salvati
- Claudio Dellavalle
- Gianni Perona



 
 
 
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