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Prolusione
inaugurale
Oscar
Luigi Scàlfaro
Il percorso della libertà
Italia 1943-1945.
Un
saluto, un ringraziamento per la vostra presenza. Vi propongo una
serie di ricordi: non è né una colpa né un
particolare merito quello di essere nato in un tempo che mi ha
consentito di vivere gli anni del fascismo e quelli della
liberazione.
Celebriamo
in questo 2005 i sessant’anni da quando si è conclusa,
con la vittoria, questa grande lotta per la libertà contro il
fascismo. La proclamazione dei Diritti dell'Uomo delle Nazioni Unite,
che risale al dicembre del '48, ha un incipit, un avvio
splendido, perché all’articolo 1 si legge: «tutti
gli esseri umani nascono liberi con la loro dignità, con la
pienezza dei loro diritti». Il termine che più mi
colpisce è proprio “nascono” infatti esso implica
che l'essere umano non deve dire grazie a nessuno se nasce eguale
agli altri, egli è titolare dei diritti primari, è
libero, con la pienezza della sua dignità. Se si tratta di una
persona che ha una visione trascendente, spirituale e religiosa,
allora dirà grazie a Dio, dirà grazie a un essere
supremo dal quale viene, nella creazione, anche la sua esistenza. Ma
è sempre l’uomo che, nascendo libero, può privare
altri uomini della loro libertà ed essi con il loro sangue e
il loro sacrificio hanno saputo riconquistarla.. Questo è il
significato più pieno del 25 aprile del 1945, quando proprio
qui a Milano ci fu la conclusione della guerra contro il fascismo e
il nazismo.
L’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento
di Liberazione in Italia, fondato da Ferruccio Parri un combattente
per la libertà, con il nome di battaglia “Maurizio”
e che poi divenne Presidente del Consiglio dei Ministri, all'inizio
della nostra democrazia - è ricco di studiosi che hanno una
conoscenza enorme della storia: l'hanno analizzata e indagata, con
il solo scopo di poterla raccontare nel modo più vero
possibile.
Sono molti i docenti, gli studiosi, che gravitano
intorno all’Istituto Nazionale e alla sua rete, sono numerose
le pubblicazioni curate in vario modo dall’Istituto, per cui è
giusto che l’Istituto Nazionale si impegni a celebrare il
Sessantesimo della Liberazione impegnandosi in un percorso storico e
geografico di una certa complessità.
Desidero illustrare brevemente questo percorso: si
tratta di dodici tappe: Catania, dove avvenne lo sbarco che diede una
spallata al regime e di fatto rese possibile la caduta del fascismo;
Bari, dove ci fu la primissima riunione di tutti i partiti che
decisero di formare il CLN e che avevano detto “no” al
fascismo e alla dittatura, Napoli con le sue quattro giornate e poi
ancora Roma, Cagliari Bologna, Padova i Firenze, Torino, Genova,
Trieste e infine Milano, capitale morale della Resistenza
Se analizziamo il
passato e cerchiamo di capire come si è arrivati alla lotta di
liberazione, dobbiamo rivisitare gli anni che hanno visto la
dittatura nascere e svilupparsi in un regime dalle caratteristiche
sempre più totalitarie. 1922 : è bene non
dimenticare che il fascismo andò al potere nel rispetto delle
norme costituzionali di allora, cioè nel rispetto dello
Statuto Albertino, che prevedeva che il Re chiamasse una persona a
formare il Governo. Il Re chiamò Mussolini; Mussolini
presentò il suo governo, il suo programma, ed ottenne la
fiducia.
Quindi,
la nascita della dittatura è avvenuta nel pieno rispetto delle
norme.
Occorre dunque
essere vigili: non è sufficiente il rispetto delle norme, ma
bisogna che un popolo intelligente non smetta mai di salvaguardare la
propria libertà. Il fascismo all’inizio sembrava un
governo come altri, ma nel 1924 (cito non forse le date più
importanti, ma quelle che più mi colpirono e che ricordo con
maggiore precisione) ci fu l’uccisione di Matteotti, il capo
dell’opposizione che aveva denunciato in Parlamento i brogli
dei fascisti. Avevo solo sei anni ma ricordo assai bene i cortei, le
polemiche, le discussioni. Matteotti, a causa della sua coraggiosa
opposizione, fu trovato massacrato a legnate vicino al Tevere, dove
oggi c'è un cippo che lo ricorda. Si badi: un regime
democratico non uccide gli oppositori e non li fa uccidere.
Fu così eliminato il diritto di esprimere un voto
libero (non c’era ancora il voto alle donne, ma c’era già
il suffragio universale maschile). Tale diritto venne eliminato con
la pericolosa amabilità che sanno avere le dittature, che
sembrano quasi dire: “caro cittadino, cerco di alleggerirti
dagli impegni”! E in breve tempo il Sindaco si chiamò
Podestà, il Presidente della Provincia si chiamò
Preside... Io sono solito ricordare che allora frequentavo il
ginnasio, nella mia città, Novara, e siccome il capo della
scuola si chiamava preside quando mi spiegarono che anche il capo
della Provincia aveva lo stesso nome rimasi perplesso, perché
non capivo quale potesse essere la differenza.
E’
forse così grave cambiare dei nomi? I nomi si possono
cambiare, ma spesso dietro ai nomi si celano fatti e la verità:
infatti il Sindaco era eletto, il Podestà era invece nominato
dall'alto; il Presidente della Provincia era eletto, il Preside era
nominato dall'alto. Notate questa formula “nominato dall'alto”:
occorre pensare se questo “alto” designa un potere
legittimo oppure no. In realtà la dittatura fascista che aveva
già calpestato fortemente i diritti del cittadino, non era più
un'autorità legittima e quindi che legittimità aveva
di “nominare dall’alto” delle persone per ricoprire
delle cariche che il popolo avrebbe avuto il diritto di scegliere
liberamente?
Venne
poi la volta della libertà di stampa del tutto eliminata, i
partiti ad eccezione di quello fascista furono dichiarati fuori legge
e così pure i sindacati, tranne quello fascista.
1930.
Capitò un fatto che ho vissuto in prima persona. Eravamo una
famiglia come tante: papà, mamma e due figlioli, l’unico
introito era quello di mio padre impiegato alle Poste. Era entrato
alle poste dopo aver vinto un regolare concorso, che è un
contratto tra lo Stato e il cittadino che risulta vincitore, dopo
aver superato esami e aver presentato i titoli. Dopo anni che il
cittadino ha prestato regolare servizio lo Stato inserisce una
condizione mai inserita in precedenza e richiede pena il
licenziamento l’iscrizione al partito fascista per tutti i
dipendenti pubblici. Il licenziamento significava mettere sul
lastrico molte famiglie, tanto è vero che quella iscrizione
forzata generò delle tessere che furono chiamate “la
tessera del pane”, perché effettivamente si era trattato
di una costrizione vergognosa, è stato un passo illecito,
antigiuridico, vergognoso, eppure fu fatto da un governo che poté
imporlo....
1938,
emanazione delle leggi razziale. Il governo decretò che gli
ebrei non erano più cittadini al pari degli altri. Fin dagli
anni universitari ho sempre avuto un grandissimo rispetto per il
mondo ebraico; sul piano religioso non c'è dubbio che essi
rappresentino un precedente, il prius, l'Antico Testamento al
quale si aggancia il Nuovo, quindi sono davvero i nostri fratelli
maggiori...Quando ero deputato all'Assemblea Costituente, mi è
capitato di partecipare ad una cerimonia che si svolgeva presso la
Comunità ebraica di Roma e sentii dire da loro con orgoglio
che essi erano a Roma da tempo immemorabile, eppure a questa comunità
che aveva radici così profonde nel nostro paese fu detto che
non avevano diritti pari agli altri cittadini.
Era
il 1938 e vedete come si arriva ad un crescendo rispetto alla
gravità delle azioni commesse dai fascisti. Due anni dopo ci
fu la dichiarazione di guerra. Questa dichiarazione fu vergognosa: fu
fatta quando ormai la Francia era in ginocchio, il governo francese
aveva lasciato Parigi e le truppe di Hitler si apprestavano a sfilare
a Parigi...!
Era
il 10 giugno del 1940: la dichiarazione di guerra voluta da
Mussolini fu firmata senza sollevare obiezioni dal Re, il quale senza
dubbio si è reso complice della dittatura, perché ha
sempre firmato le leggi proposte dal fascismo. Tutte!
Durante
i primi passi della dittatura ci sono state persone che hanno
reagito, che hanno avuto la forza di dire di “no” e di
andare controcorrente, ma si è trattato di una sparuta
minoranza.
Se
noi guardiamo, per esempio, che cosa ha fatto la Chiesa, di qualunque
fede una persona possa essere, il fatto storico è di grande
interesse. L'Impero romano impose ai suoi sudditi di venerare
l’imperatore, ma questo non era ammesso dalla religione
cristiana. Così la Chiesa ha avuto i suoi martiri, cioè
coloro che non avendo voluto venerare l’imperatore sono stati
condannati a morte o sono andati nell'anfiteatro assaliti dalle
belve feroci, o sono stati impalati sulla via Appia, o sono stati
bruciati vivi coperti di pece...
Ma
nello stesso tempo essa non ha mai chiuso la porta a quanti, ed erano
una maggioranza , non hanno avuto questo coraggio enorme e si sono
piegati, esattamente come nel caso della tessera del pane sotto il
fascismo... Il fascismo infatti invase un mondo di gente
semplice, il mondo della media e dell’alta borghesia .
Ci
furono tante famiglie che erano vicine al fascismo, tanti affermavano
che il governo di Mussolini aveva portato ordine e molti non si
curarono del fatto che aveva imposto un ordine calpestando i diritti
fondamentali della persona..., ma certe volte si guardano le
cose piccole, perché interessano, e le cose grosse si lasciano
passare: questo nel corso della storia è capitato più
di una volta!
Quelli
che non hanno ceduto hanno subito le condanne da parte del Tribunale
speciale per la difesa dello Stato, un tribunale politico creato dal
fascismo. Molti antifascisti hanno scontato pene detentive assai
lunghe, oppure hanno scelto la via dell’esilio e ha dovuto
sopportare fame, stenti, di tutto; ci sono stati anche alcuni che
sono stati raggiunti dai sicari del regime anche all’estero,
perché considerati troppo pericolosi.
E’
stata una vera e propria persecuzione. C'è oggi
un'associazione, l’Associazione Nazionale dei Perseguitati
Politici Antifascisti, e ne fanno parte cari amici, che hanno pagato
duramente; non dimentichiamoli, perché queste persone avevano
presagito che il fascismo si sarebbe trasformato in un regime e in
una pericolosa dittatura e hanno iniziato ad opporsi con grande
coraggio. .
Nel
marzo del 1943 sono iniziati degli scioperi, questo è stato il
momento in cui si è vista la rottura del un mondo operaio,
del mondo popolare col fascismo. Tenete conto che per il Codice
Penale fascista lo sciopero era un reato esattamente come il furto,
come la rapina, come l'omicidio, come la violenza... Quindi
avere avuto il coraggio di organizzare uno sciopero è stato un
atto di grande rilevanza politica. E’ stato un momento
importantissimo, non vi è dubbio che questi scioperi abbiano
pesato sulle decisioni che il Gran Consiglio del fascismo prese il 25
luglio del 1943, anche se lo Statuto Albertino era stato, per così
dire, schiacciato e il Parlamento era rimasto schiacciato a sua
volta, perché era stata creata la Camera dei Fasci e delle
Corporazioni, che non era non elettiva, tutti erano nominati
dall'alto! Tuttavia c'era questo vertice altissimo chiamato
pomposamente “Gran Consiglio del Fascismo”, questo
organismo, inventato da Mussolini e dai suoi accoliti, è
quello che lo ha messo in minoranza, proprio in quel fatidico 25
luglio. E così Mussolini fu costretto a presentarsi al Re,
perché quando un Presidente del Consiglio è bocciato
dal Parlamento deve presentarsi dal Capo dello Stato.
Il
Gran Consiglio lo mise in minoranza, e il Re fece arrestare
Mussolini: si può anche pensare che lo abbia fatto per
sottrarlo alla folla perché esplose la gioia popolare: busti
di Mussolini buttati dal balcone, quadri, ci furono anche delle
posizioni eccessive, capita sempre quando esplode la folla, ma dopo
più di vent'anni di dittatura, con una guerra disastrosa in
corso era immaginabile quale potesse essere la reazione popolare.
Con
la caduta del fascismo, nacque il governo Badoglio e dopo
quarantacinque giorni si arrivò al famosissimo 8 settembre,
l’armistizio.
Io mi trovavo sotto le armi in Sicilia, ma poi venne emanata una
norma che prevedeva che tutti i magistrati (ed io avevo già
vinto il concorso in magistratura) fossero esonerati e rimandati a
casa. Ricordo che dati i tempi di guerra e senza gli esami che si
sarebbero dovuti fare mi ritrovai a 25 anni ad essere giudice
anziano.
Ci
trovammo allora, l'8 settembre, in una situazione incredibile. Quel
giorno lo ricordo bene ero andato con un professore a visitare dei
poveri che vivevano ai margini della città. Ritornando verso
il centro abbiamo visto la gente correre sulla strada gridando,
danzando “c’è la pace, c'è la pace”,
e abbiamo sentito la radio che aveva dato la notizia dell'armistizio.
Il giorno successivo ho visto i tedeschi portare via tutto il
pensabile: animali, merce, svuotare negozi, un fatto incredibile e
allora anche quelli che avevano per un fatto istintivo, naturale
gioito di fronte alla notizia dell’armistizio si accorsero che
iniziava il tempo più terribile, più insanguinato della
nostra storia.
Il
Governo Badoglio lasciò l’esercito nel più
completo abbandono e ne decretò lo sfascio! Molte armate senza
aver sparato un colpo si arresero, altri militari, come i fratelli Di
Dio, ripresero le armi e andarono sulle montagne e morirono tutti e
due sulle montagne di Varese, tutti e due, erano siciliani e
giovanissimi, due Medaglie d'Oro. Ricordo che per anni, quando c'era
qualche ricorrenza, arrivavano i genitori, persone molto semplici, e
il padre con queste due Medaglie d'Oro al petto. La Resistenza è
stata anche questo: un grande contributo di persone che provenivano
da ogni parte d'Italia.
Allo
sfascio dell’esercito seguì l'occupazione tedesca
totale, e si trattò di una un'occupazione pesante,
particolarmente pesante.
Nacque
la Repubblica di Salò, la Repubblica Sociale - RSI, Repubblica
Sociale Italiana. Mi piace ricordare che questa Repubblica non poteva
vantare un ubi consistam serio, non poteva essere
riconosciuta legittimamente, perché nasceva grazie agli uffici
di un esercito occupante.
Ma
vi porto un esempio più piccolo che mi ha toccato
personalmente. A Novara venne nominato come amministratore apostolico
Monsignor Leone Ossola. Gli fu assegnata questa carica, anziché
quella di Vescovo, perché secondo le norme previste dal
Concordato, il Vescovo nel momento in cui veniva nominato doveva
giurare sul Vangelo fedeltà allo Stato. Se Monsignor Ossola
fosse stato nominato Vescovo, avrebbe dovuto giurare di fronte ad un
rappresentante della Repubblica di Salò, mentre la Chiesa
rifiutò di riconoscere la legittimità della Repubblica
di Salò. Oggi per fortuna questa norma non c’è
più.
Può
darsi che negli anni di Salò – non mi sento di
escluderlo del tutto – Mussolini abbia anche tentato in
qualche modo di prendere le distanze dai tedeschi , ma non vi
riuscì, e i rastrellamenti più furibondi questi non
furono fatti dai tedeschi, ma furono opera fascisti della RSI,
quelli che venivano chiamati “repubblichini”, con la
collaborazione dei tedeschi.
Dopo
l'8 settembre gli antifascisti presero le armi e si passò ad
un antifascismo di lotta.
Andarono
in montagna, rimasero in pianura, incominciarono le riunioni
clandestine, il grande lavoro per la lotta contro il fascismo e
contro il tedesco invasore.
Il
Re lasciò Roma.
Per
i partigiani, per questi patrioti, che gli avversari chiamavano
ribelli, l’inizio non è stato facile: bisognava
procurarsi armi, bisognava trovare il modo di vivere e non sempre le
popolazioni capivano che cosa stava nascendo e temevano il peggio.
Poco
alla volta, ma anche con una certa rapidità, la gente capì.
Il mondo dei partigiani non avrebbe potuto fare quello che ha fatto
se non avesse avuto l’appoggio, l’affetto, l’amore
e l’accettazione del rischio da parte della gente, questo
legame è stato formidabile e divenne sempre più ampio,
più convinto.
I
tedeschi, dal canto loro, incominciarono a manifestare una ferocia
incredibile.
Devo
dire che come magistrato ho il dovere di un'assoluta serenità
di valutazione, in gergo si direbbe: “ho il dovere di vedere
le attenuanti”.
I
tedeschi si erano trovati a fianco dell’Italia dal 10 giugno
del 1940 fino al 1943 e improvvisamente si trovarono gli italiani
come avversari anziché alleati. Si può capire il fatto
che si trovarono in una situazione difficile, vivevano con il timore
di essere colpiti alla schiena, si possono capire certe loro
reazioni, ma non si potrà mai capire il massacro di
popolazioni inermi, l'uccisione di bambini, l'uccisione di donne,
perché questi fatti superano assolutamente ogni possibilità
di comprensione, anche se si vuol tener conto dello spirito di
ribellione per il cambio di fronte di un alleato.
Questa
ferocia si andrà moltiplicando nel momento in cui i tedeschi,
che stavano cercando di frenare la fatale sconfitta, spostavano
continuamente il fronte perché incalzati dagli alleati che
sbarcati in Italia, risalivano la penisola. Nella loro lunga ritirata
i tedeschi hanno lasciato una impressionante scia di sangue.
In
questa situazione di forte sbando subito dopo l’armistizio c’è
stata la cattura e la deportazione di oltre seicentomila soldati
italiani... Quanti non sono tornati? Migliaia! Si è avuta
la persecuzione degli oppositori politici e degli ebrei. E quanti
sono finiti nei campi di sterminio e non sono più tornati!
Vorrei
ricordare alcuni fatti che ho visto da vicino, gli uni nel momento in
cui capitavano e gli altri li ho appresi durante una commemorazione
da Capo dello Stato che non dimenticherò mai.
La
strage degli ebrei ha avuto l'inizio a Meina, un centro sul Lago
Maggiore, alcuni ebrei furono presi, di notte, a volte legati a due
a due col filo di ferro, uccisi e buttati nel lago. Atti tremendi e
tragici che si sono poi verificate in altre circostanze.
Ricordo che, essendo tornato allora da militare, nel
tempo libero dalla mia responsabilità di magistrato, giravo
per conto dell’Azione Cattolica e passai da Meina quando la
popolazione era ancora sotto l'incubo di aver visto scomparire delle
persone che però non erano di Meina, erano lì in un
albergo. Poi ho conosciuto una sopravvissuta, che va molto nelle
scuole a raccontare che cosa è stato. Era una bambina,
all’epoca dei fatti, e aveva fatto amicizia in albergo con un
ragazzino che era di poco più grande di lei. I genitori del
bambino erano già stati portati via, ma lui ignorava la loro
tragica fine e diceva spesso alla sua amichetta: “non capiterà
niente, io sento che io andrò con i miei genitori”. Lui
pensava di raggiungere i genitori, ma lei che aveva visto i genitori
del ragazzino massacrati dalle SS fuggì. Il giorno dopo, come
in una sorta di profezia, anche questo bambino fu catturato dalle SS:
L'altra
tragedia l’ho rivissuta come capo dello Stato e mi è
rimasta scolpita dentro.
Il
posto si chiama Pietranzieri, una frazione di Roccaraso, provincia
dell'Aquila,e vi andai per partecipare ad una commemorazione.
All’epoca dei fatti arrivarono i tedeschi e ammazzarono le 128
persone che vivevano nella frazione. Tutte: bambini, donne, persone
anziane. L’unica persona sopravvissuta è stata una
bambina di sette anni rimasta in braccio alla mamma che, colpita, si
era piegata su di lei; e in questo modo l’aveva salvata ,
perché nessun colpo l’aveva ferita in modo determinante.
E’ stata poi educata da amici , anni dopo si è sposata:
il marito operaio trovò lavoro in Inghilterra, e così
si trasferì in quel paese. Quando tornò, dopo più
di vent’anni, raccontò cosa aveva vissuto e descrisse
le fasi della strage. Disse che era arrivato un tedesco buono che
aveva avvisato gli abitanti del villaggio di scappare perché
si doveva costruire la linea Gustav e la loro presenza era di
intralcio. Arrivarono le SS, portarono tutta questa popolazione dove
c'era un gran tronco d'albero, quasi per una foto di famiglia,
seduti, in piedi, intorno, c'erano sotto le mine: quelli vicini
furono spappolati, quelli lontani furono feriti ma rimasero lì
fermi, vennero le SS e li uccisero uno per uno, con canti di
baldoria. Questa bambina rimase immobile come morta, il fratello
morì, la mamma pure...
C'è
un tempietto sul luogo della strage, le pareti sono coperte di
targhette di pietra che riportano solo il nome e l’età
dei caduti. Fra le vittime ci sono ben trentatré bambini che
avevano meno di dieci anni. Ogni volta che rievoco questa stage provo
un’emozione profonda.
A
Roma nell’ottobre 1943 ci fu la deportazione della comunità
ebraica. Più di mille ebrei partirono per Auschwitz e
tornarono in 17.
Poi
ci furono gli scioperi della primavera del 1944, che avvennero
principalmente nel triangolo industriale Milano-Torino-Genova ed
ebbero un successo notevole, ma ebbero anche conseguenze paurose,
perché i fascisti per stroncare ogni opposizione chiesero
l'appoggio dei tedeschi e molti operai furono deportati, e molti da
Mauthausen e da altri campi di sterminio non tornarono.
E
a questo proposito permettetemi di dire che è per me un onore
presiedere l’Istituto nazionale per la storia del movimento di
liberazione e di collaborare con il Senatore Avvocato Gianfranco
Maris, che ricopre la carica di Direttore Generale dell’Istituto,
un reduce dal campo di Mauthausen , così come fa parte del
Consiglio di Amministrazione il Senatore Avvocato Raimondo Ricci, che
come Maris ha conosciuto la deportazione a Mauthausen..
Vi
posso dire che quando vedo questi due amici sento sempre un'emozione
immensa, perché hanno pagato veramente un prezzo altissimo
per difendere le loro convinzioni sono tutti e due pieni di vita,
sono due testimoni veramente eccezionali, sono persone alle quali
bisogna dire sottovoce, perché altrimenti non lo
accetterebbero, un grazie per averci aiutato a tornare ad essere
liberi.
Poi
ci sono stati i rastrellamenti terribili avvenuti nella Pasqua del
'44. 150 partigiani fucilati, 200 mandati nei campi di sterminio.
Vorrei ricordare il luogo che fu teatro di questa carneficina, la
Benedicta, nelle zone fra Genova e Alessandria. Ho dei ricordi
personali di quell’epoca, di quella stagione, della Pasqua
'44, ricordo quando nelle zone del Vercellese, di Varallo verso il
Monte Rosa, arrivarono le SS, perché c'era stato qualche
tedesco colpito e la popolazione fu portata nei prati - pioveva –
e fu autorizzata a portare con sé qualche cosa e poi col
lanciafiamme distrussero stalle intere di bestiame e avevano già
disposto di incendiare tutto. Arrivò il Vescovo Leone Ossola,
che fu un eroe, e si mise lì insieme alla gente così
da impedire il peggio..
Ricordo
quel che avvenne a Torino (e c'è un bellissimo libro, che ho
letto più di una volta, Fiori al Martinetto che rievoca
questa vicenda). Il Martinetto è la zona del tiro a segno
dove avvenivano le esecuzioni, alla fine di marzo furono arrestati
il Generale Perotti, più altri sette altri che componevano il
comando militare di tutto il partigianato piemontese e il 5 di
aprile, venti giorni prima della Liberazione, furono fucilati al
Martinetto.
Con
questa carrellata ho voluto ricordare alcuni fatti che mi sembrano
particolarmente importanti ed altri che ho vissuto in prima persona e
mi sono rimasti particolarmente impressi nella memoria.
Ero
Capo dello Stato quando si celebrarono i cinquant'anni della
Liberazione, dieci anni fa, e per me fu veramente un onore
inimmaginabile andare a tutte le manifestazioni e sono intervenuto in
tutte le manifestazioni. Però, oltre alle commemorazioni
ufficiali, partecipai a decine e decine di manifestazioni perché
è interminabile l'elenco dei luoghi dove c'erano state
persone impiccate, persone fucilate, popolazioni distrutte in un modo
o in un altro. Negli anni del mio settennato ho firmato numerose
medaglie date al valore.
E'
rimasto famoso un nome vicino a Roma,quello del Brigadiere Salvo
D'Acquisto. Questo ragazzo, quando i tedeschi volevano fucilare parte
della popolazione perché avevano avuto uno o due feriti si
presentò dicendo che era lui colpevole. Una pagina di eroismo
che si aggiunge alle tantissime che ci sono state in quei giorni
tragici. Queste pagine di vita vissuta trovano una sublime sintesi
in un volume splendido che raccoglie le lettere dei condannati a
morte della Resistenza: è un documento incredibile. Nella mia
lunga vita ho avvicinato anche delle persone condannate a morte, è
umanamente impressionante, perché quando arriva il mattino in
cui si bussa alla cella per avvisare il condannato che è
giunta l’ora si nota che, anche se ogni speranza è
venuta meno, e la domanda di grazia è stata respinta egli si
aggrappa alla vita e respinge il pensiero della morte, nello stesso
tempo è come se vivesse già in un’altra
dimensione, tanto è vero che ci sono scritti e studi medici,
psicologici in cui si dice che dopo avere la certezza dell'esecuzione
quando un condannato, all'ultimo, per un fatto imprevisto e
imprevedibile, si è salvato gli resta un trauma di rientro,
vorrei dire, nella pienezza della vita. E quando uno scrive qualche
cosa in quelle condizioni, se scrive “viva l'Italia” lo
scrive perché ce l'ha dentro... !
Quelle
lettere sono di una ricchezza umana incredibile! So che l’Istituto
ora ha avviato un progetto di ricerca per trovarne e pubblicarne di
inedite e questo non mi meraviglia perché molti non hanno
raccontato.
Tutto
questo patrimonio si chiama “le nostre radici”, le radici
della nostra libertà.
Tra
le molte stragi che segnarono la ritirata tedesca due devono essere
ricordate perché le vittime furono centinaia: Marzabotto e
Sant’Anna di Stazzema: si trattò di una vera e propria
una mattanza!
Miei
carissimi giovani così pazienti, ci sono tre momenti nella
nostra storia che nessuno potrà separare l'uno dall'altro. Il
primo è questa lotta di resistenza, il “no” alla
dittatura fascista, sia quella che ha preceduto l’8 settembre
si quella che è seguita. Perché è importante?
Perché da quella lotta discende la Repubblica, un altro fatto
storico rilevante. Si potrà, per polemica politica, cercare di
dividere questi due momenti, ma è tempo perso, non c'è
mestiere più infame e inutile che quello di cambiare i fatti.
Quando
iniziai la mia carriera di magistrato il Presidente del Tribunale mi
disse “lei ha studiato, ha vinto il concorso, chissà
quante cose sa, si ricordi, sia che lei faccia il civile e sia che
lei faccia il penale, si ricordi di studiare il fatto - attenzione -
perché quanto più lei studierà il fatto, tanto
meno errore farà nel giudicare”, cioè quel saggio
magistrato mi faceva già capire che non avevo l'infallibilità
nel giudicare e concluse con questa frase, che vale sempre: “perché
il fatto è sacro e neanche Dio può mutarlo da così
come si è verificato”. Non dimenticatelo mai, perché
questa è una realtà formidabile nella vita.
Tra
i momenti più salienti della nostra storia recente, il 25
aprile, la liberazione e il CLN, Comitato di Liberazione Nazionale
decise che si votasse per la prima volta dopo la dittatura per i
Comuni (marzo1946), quindi la libertà ritornò proprio
nei comuni che hanno avuto una parte così rilevante nella
storia d’Italia! Poi il 2 giugno si è votato per la
scelta istituzionale tra monarchia e repubblica. Considerato come si
era comportato il Re era logico che la monarchia non potesse vincere,
anche se c'erano sentimenti di simpatia nei confronti della casa
reale e bisogna dire che questo passaggio alla repubblica non è
mai stato una sconfessione della storia e neanche delle glorie di
Casa Savoia. Se voi pensate che il monumento che più ci sta a
cuore, che è l’Altare della Patria, dove c'è un
soldatino della guerra '15-18 ignoto, che più nessuno sapeva
di chi fosse, quali fossero suo padre, sua madre o i suoi fratelli,
lì c'è un monumento solo a una persona, c'è il
monumento a cavallo di Vittorio Emanuele II, considerato padre della
Patria, quindi c'è una distinzione saggia, giusta, perché
il fatto non può essere mutato. E' molto bello.
Fummo
eletti in 555 all’Assemblea Costituente. Avevo ventisette anni
e poi avreste il diritto di chiedermi “che cosa sapeva?”,
poco sapevo, mi ero laureato in legge, avevo vinto il concorso da
magistrato, avevo vissuto sofferenze mie e altrui, però la
vita vi insegnerà che un conto è vivere esperienze
anche pesanti a vent'anni, venticinque, ventotto e un conto è
vivere le stesse a cinquanta, cinquantacinque, sono maturità
diverse, il modo di percepirle è diverso. Ripensando a
quell’esperienza e rileggendo la Costituzione penso di aver
avuto fegato, devo dire un bel fegato, a quell'età ad alzarmi
a discutere qualche articolo, ma quando si è giovani si ha
diritto a comprensione, le attenuanti generiche non si negano mai a
nessuno. Eravamo 555, per questo mi suonò un po' strano
quando qualche anno fa, in quella stagione caldissima ci siano stati
5 parlamentari della maggioranza che salirono sulle vette delle
Dolomiti per discutere la riforma costituzionale. E' vero che
viviamo in epoche in cui le sintesi sono forti e si ragiona in
pillole, ma insomma mi era parso che fosse una sintesi anche
eccessiva.
E'
nata la Carta Costituzionale, ha un marchio questa Carta, in questa
Carta risorge, la Persona Umana, questo è il punto focale e
questa è la distinzione tra la dittatura e la democrazia: la
dittatura mortifica la persona.
Nei
primi articoli, nei primi undici articoli della nostra Carta, si
dice che la persona umana, il cittadino, è titolare dei
diritti e partecipa alla vita dello Stato, quegli articoli sono un
dialogo tra il cittadino e lo Stato. Lo Stato non nasce non con
prepotenza, ma perché i cittadini lo fanno nascere, e lo Stato
deve pensare alla persona, incominciando da quella più
emarginata e più debole, per consentirle di camminare e tenere
il passo con gli altri!
La
Carta proclama i diritti della Persona, ma che cosa è la
politica se non la capacità di fare in modo che quei diritti
scritti diventino realtà vissuta per tutti i cittadini?
Questo è un tema che non si estingue mai, perché è
un divenire continuo, quindi anche oggi c’è lo spazio
per una politica con la P maiuscola! La politica attende voi giovani,
comunque schierati, a difendere i valori, i diritti, la dignità
della persona umana, fino a quell'incantevole diritto che è
l'uguaglianza di tutti davanti alla legge, sino a quella
pacificazione religiosa che dice che tutte le religioni hanno pari
dignità, sino a quell'articolo 11 che dice “l'Italia
ripudia la guerra”, ed è forse uno degli articoli più
formidabili!
Perché
l'Italia ripudia la guerra? Perché il diritto internazionale
prevede solo la guerra come legittima difesa, perché sarebbe
folle che si sancisse il "diritto di aggressione", sarebbe
come riconoscere anche il diritto di rapina, il diritto di omicidio e
si arriverebbe in breve ad mondo molto diverso da quello civile nel
quale vorremmo vivere
La
prima seduta dell’Assemblea Costituente si tenne il 25 giugno
del '46, presiedeva Vittorio Emanuele Orlando, che era stato
Presidente del Consiglio quando ci fu la vittoria nel 1918 ed era
venuto via piangendo da Versailles durante le trattative di pace
poiché l'Italia con i suoi seicentomila morti era stata molto
maltrattata, comunque era un uomo di grande prestigio.
Terminata la seduta, aspettai che si vuotasse l'Aula e andai da lui
che scendeva dalla scaletta della presidenza e gli dissi “Presidente,
posso stringerle la mano?”, lui mi disse “volentieri -
lui era professore di Diritto Costituzionale, quindi aveva passato
una vita in mezzo ai giovani - “ma lei chi è?”,
allora gli ho detto “guardi professore, il mio nome non le dice
niente, io sono un ignoto, mi chiamo Oscar Luigi Scàlfaro, ma
vorrei dirle perché le volevo stringere la mano: perché
in terza elementare noi avevamo un libro che veniva chiamato Il
libro dei medaglioni, perché su quel libro c'erano in
tondo Camillo Cavour, Carlo Alberto, Vittorio Emanuele II, fino a
Vittorio Emanuele Orlando Presidente del Consiglio della Vittoria:
per me lei esce dal mio libro di terza elementare”!
Lui
mi strinse la mano e incominciai un’avventura politica che dura
da sessant'anni.
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