Il percorso della Libertà

Italia 1943 - 1945

Bari, Napoli,
Catania, Roma,
Cagliari, Bologna,
Padova, Torino,
Firenze, Genova,
Trieste, Milano

Prolusione inaugurale

Oscar Luigi Scàlfaro *



Il percorso della libertà
Italia 1943-1945.


Un saluto, un ringraziamento per la vostra presenza. Vi propongo una serie di ricordi: non è né una colpa né un particolare merito quello di essere nato in un tempo che mi ha consentito di vivere gli anni del fascismo e quelli della liberazione.

Celebriamo in questo 2005 i sessant’anni da quando si è conclusa, con la vittoria, questa grande lotta per la libertà contro il fascismo. La proclamazione dei Diritti dell'Uomo delle Nazioni Unite, che risale al dicembre del '48, ha un incipit, un avvio splendido, perché all’articolo 1 si legge: «tutti gli esseri umani nascono liberi con la loro dignità, con la pienezza dei loro diritti». Il termine che più mi colpisce è proprio “nascono” infatti esso implica che l'essere umano non deve dire grazie a nessuno se nasce eguale agli altri, egli è titolare dei diritti primari, è libero, con la pienezza della sua dignità. Se si tratta di una persona che ha una visione trascendente, spirituale e religiosa, allora dirà grazie a Dio, dirà grazie a un essere supremo dal quale viene, nella creazione, anche la sua esistenza. Ma è sempre l’uomo che, nascendo libero, può privare altri uomini della loro libertà ed essi con il loro sangue e il loro sacrificio hanno saputo riconquistarla.. Questo è il significato più pieno del 25 aprile del 1945, quando proprio qui a Milano ci fu la conclusione della guerra contro il fascismo e il nazismo.

L’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia, fondato da Ferruccio Parri un combattente per la libertà, con il nome di battaglia “Maurizio” e che poi divenne Presidente del Consiglio dei Ministri, all'inizio della nostra democrazia - è ricco di studiosi che hanno una conoscenza enorme della storia: l'hanno analizzata e indagata, con il solo scopo di poterla raccontare nel modo più vero possibile.

Sono molti i docenti, gli studiosi, che gravitano intorno all’Istituto Nazionale e alla sua rete, sono numerose le pubblicazioni curate in vario modo dall’Istituto, per cui è giusto che l’Istituto Nazionale si impegni a celebrare il Sessantesimo della Liberazione impegnandosi in un percorso storico e geografico di una certa complessità.

Desidero illustrare brevemente questo percorso: si tratta di dodici tappe: Catania, dove avvenne lo sbarco che diede una spallata al regime e di fatto rese possibile la caduta del fascismo; Bari, dove ci fu la primissima riunione di tutti i partiti che decisero di formare il CLN e che avevano detto “no” al fascismo e alla dittatura, Napoli con le sue quattro giornate e poi ancora Roma, Cagliari Bologna, Padova i Firenze, Torino, Genova, Trieste e infine Milano, capitale morale della Resistenza

Se analizziamo il passato e cerchiamo di capire come si è arrivati alla lotta di liberazione, dobbiamo rivisitare gli anni che hanno visto la dittatura nascere e svilupparsi in un regime dalle caratteristiche sempre più totalitarie. 1922 : è bene non dimenticare che il fascismo andò al potere nel rispetto delle norme costituzionali di allora, cioè nel rispetto dello Statuto Albertino, che prevedeva che il Re chiamasse una persona a formare il Governo. Il Re chiamò Mussolini; Mussolini presentò il suo governo, il suo programma, ed ottenne la fiducia.

Quindi, la nascita della dittatura è avvenuta nel pieno rispetto delle norme.

Occorre dunque essere vigili: non è sufficiente il rispetto delle norme, ma bisogna che un popolo intelligente non smetta mai di salvaguardare la propria libertà. Il fascismo all’inizio sembrava un governo come altri, ma nel 1924 (cito non forse le date più importanti, ma quelle che più mi colpirono e che ricordo con maggiore precisione) ci fu l’uccisione di Matteotti, il capo dell’opposizione che aveva denunciato in Parlamento i brogli dei fascisti. Avevo solo sei anni ma ricordo assai bene i cortei, le polemiche, le discussioni. Matteotti, a causa della sua coraggiosa opposizione, fu trovato massacrato a legnate vicino al Tevere, dove oggi c'è un cippo che lo ricorda. Si badi: un regime democratico non uccide gli oppositori e non li fa uccidere.

Fu così eliminato il diritto di esprimere un voto libero (non c’era ancora il voto alle donne, ma c’era già il suffragio universale maschile). Tale diritto venne eliminato con la pericolosa amabilità che sanno avere le dittature, che sembrano quasi dire: “caro cittadino, cerco di alleggerirti dagli impegni”! E in breve tempo il Sindaco si chiamò Podestà, il Presidente della Provincia si chiamò Preside... Io sono solito ricordare che allora frequentavo il ginnasio, nella mia città, Novara, e siccome il capo della scuola si chiamava preside quando mi spiegarono che anche il capo della Provincia aveva lo stesso nome rimasi perplesso, perché non capivo quale potesse essere la differenza.

E’ forse così grave cambiare dei nomi? I nomi si possono cambiare, ma spesso dietro ai nomi si celano fatti e la verità: infatti il Sindaco era eletto, il Podestà era invece nominato dall'alto; il Presidente della Provincia era eletto, il Preside era nominato dall'alto. Notate questa formula “nominato dall'alto”: occorre pensare se questo “alto” designa un potere legittimo oppure no. In realtà la dittatura fascista che aveva già calpestato fortemente i diritti del cittadino, non era più un'autorità legittima e quindi che legittimità aveva di “nominare dall’alto” delle persone per ricoprire delle cariche che il popolo avrebbe avuto il diritto di scegliere liberamente?

Venne poi la volta della libertà di stampa del tutto eliminata, i partiti ad eccezione di quello fascista furono dichiarati fuori legge e così pure i sindacati, tranne quello fascista.

1930. Capitò un fatto che ho vissuto in prima persona. Eravamo una famiglia come tante: papà, mamma e due figlioli, l’unico introito era quello di mio padre impiegato alle Poste. Era entrato alle poste dopo aver vinto un regolare concorso, che è un contratto tra lo Stato e il cittadino che risulta vincitore, dopo aver superato esami e aver presentato i titoli. Dopo anni che il cittadino ha prestato regolare servizio lo Stato inserisce una condizione mai inserita in precedenza e richiede pena il licenziamento l’iscrizione al partito fascista per tutti i dipendenti pubblici. Il licenziamento significava mettere sul lastrico molte famiglie, tanto è vero che quella iscrizione forzata generò delle tessere che furono chiamate “la tessera del pane”, perché effettivamente si era trattato di una costrizione vergognosa, è stato un passo illecito, antigiuridico, vergognoso, eppure fu fatto da un governo che poté imporlo....

1938, emanazione delle leggi razziale. Il governo decretò che gli ebrei non erano più cittadini al pari degli altri. Fin dagli anni universitari ho sempre avuto un grandissimo rispetto per il mondo ebraico; sul piano religioso non c'è dubbio che essi rappresentino un precedente, il prius, l'Antico Testamento al quale si aggancia il Nuovo, quindi sono davvero i nostri fratelli maggiori...Quando ero deputato all'Assemblea Costituente, mi è capitato di partecipare ad una cerimonia che si svolgeva presso la Comunità ebraica di Roma e sentii dire da loro con orgoglio che essi erano a Roma da tempo immemorabile, eppure a questa comunità che aveva radici così profonde nel nostro paese fu detto che non avevano diritti pari agli altri cittadini.

Era il 1938 e vedete come si arriva ad un crescendo rispetto alla gravità delle azioni commesse dai fascisti. Due anni dopo ci fu la dichiarazione di guerra. Questa dichiarazione fu vergognosa: fu fatta quando ormai la Francia era in ginocchio, il governo francese aveva lasciato Parigi e le truppe di Hitler si apprestavano a sfilare a Parigi...!

Era il 10 giugno del 1940: la dichiarazione di guerra voluta da Mussolini fu firmata senza sollevare obiezioni dal Re, il quale senza dubbio si è reso complice della dittatura, perché ha sempre firmato le leggi proposte dal fascismo. Tutte!

Durante i primi passi della dittatura ci sono state persone che hanno reagito, che hanno avuto la forza di dire di “no” e di andare controcorrente, ma si è trattato di una sparuta minoranza.

Se noi guardiamo, per esempio, che cosa ha fatto la Chiesa, di qualunque fede una persona possa essere, il fatto storico è di grande interesse. L'Impero romano impose ai suoi sudditi di venerare l’imperatore, ma questo non era ammesso dalla religione cristiana. Così la Chiesa ha avuto i suoi martiri, cioè coloro che non avendo voluto venerare l’imperatore sono stati condannati a morte o sono andati nell'anfiteatro assaliti dalle belve feroci, o sono stati impalati sulla via Appia, o sono stati bruciati vivi coperti di pece...

Ma nello stesso tempo essa non ha mai chiuso la porta a quanti, ed erano una maggioranza , non hanno avuto questo coraggio enorme e si sono piegati, esattamente come nel caso della tessera del pane sotto il fascismo... Il fascismo infatti invase un mondo di gente semplice, il mondo della media e dell’alta borghesia .

Ci furono tante famiglie che erano vicine al fascismo, tanti affermavano che il governo di Mussolini aveva portato ordine e molti non si curarono del fatto che aveva imposto un ordine calpestando i diritti fondamentali della persona..., ma certe volte si guardano le cose piccole, perché interessano, e le cose grosse si lasciano passare: questo nel corso della storia è capitato più di una volta!

Quelli che non hanno ceduto hanno subito le condanne da parte del Tribunale speciale per la difesa dello Stato, un tribunale politico creato dal fascismo. Molti antifascisti hanno scontato pene detentive assai lunghe, oppure hanno scelto la via dell’esilio e ha dovuto sopportare fame, stenti, di tutto; ci sono stati anche alcuni che sono stati raggiunti dai sicari del regime anche all’estero, perché considerati troppo pericolosi.

E’ stata una vera e propria persecuzione. C'è oggi un'associazione, l’Associazione Nazionale dei Perseguitati Politici Antifascisti, e ne fanno parte cari amici, che hanno pagato duramente; non dimentichiamoli, perché queste persone avevano presagito che il fascismo si sarebbe trasformato in un regime e in una pericolosa dittatura e hanno iniziato ad opporsi con grande coraggio. .

Nel marzo del 1943 sono iniziati degli scioperi, questo è stato il momento in cui si è vista la rottura del un mondo operaio, del mondo popolare col fascismo. Tenete conto che per il Codice Penale fascista lo sciopero era un reato esattamente come il furto, come la rapina, come l'omicidio, come la violenza... Quindi avere avuto il coraggio di organizzare uno sciopero è stato un atto di grande rilevanza politica. E’ stato un momento importantissimo, non vi è dubbio che questi scioperi abbiano pesato sulle decisioni che il Gran Consiglio del fascismo prese il 25 luglio del 1943, anche se lo Statuto Albertino era stato, per così dire, schiacciato e il Parlamento era rimasto schiacciato a sua volta, perché era stata creata la Camera dei Fasci e delle Corporazioni, che non era non elettiva, tutti erano nominati dall'alto! Tuttavia c'era questo vertice altissimo chiamato pomposamente “Gran Consiglio del Fascismo”, questo organismo, inventato da Mussolini e dai suoi accoliti, è quello che lo ha messo in minoranza, proprio in quel fatidico 25 luglio. E così Mussolini fu costretto a presentarsi al Re, perché quando un Presidente del Consiglio è bocciato dal Parlamento deve presentarsi dal Capo dello Stato.

Il Gran Consiglio lo mise in minoranza, e il Re fece arrestare Mussolini: si può anche pensare che lo abbia fatto per sottrarlo alla folla perché esplose la gioia popolare: busti di Mussolini buttati dal balcone, quadri, ci furono anche delle posizioni eccessive, capita sempre quando esplode la folla, ma dopo più di vent'anni di dittatura, con una guerra disastrosa in corso era immaginabile quale potesse essere la reazione popolare.

Con la caduta del fascismo, nacque il governo Badoglio e dopo quarantacinque giorni si arrivò al famosissimo 8 settembre, l’armistizio.

Io mi trovavo sotto le armi in Sicilia, ma poi venne emanata una norma che prevedeva che tutti i magistrati (ed io avevo già vinto il concorso in magistratura) fossero esonerati e rimandati a casa. Ricordo che dati i tempi di guerra e senza gli esami che si sarebbero dovuti fare mi ritrovai a 25 anni ad essere giudice anziano.

Ci trovammo allora, l'8 settembre, in una situazione incredibile. Quel giorno lo ricordo bene ero andato con un professore a visitare dei poveri che vivevano ai margini della città. Ritornando verso il centro abbiamo visto la gente correre sulla strada gridando, danzando “c’è la pace, c'è la pace”, e abbiamo sentito la radio che aveva dato la notizia dell'armistizio. Il giorno successivo ho visto i tedeschi portare via tutto il pensabile: animali, merce, svuotare negozi, un fatto incredibile e allora anche quelli che avevano per un fatto istintivo, naturale gioito di fronte alla notizia dell’armistizio si accorsero che iniziava il tempo più terribile, più insanguinato della nostra storia.

Il Governo Badoglio lasciò l’esercito nel più completo abbandono e ne decretò lo sfascio! Molte armate senza aver sparato un colpo si arresero, altri militari, come i fratelli Di Dio, ripresero le armi e andarono sulle montagne e morirono tutti e due sulle montagne di Varese, tutti e due, erano siciliani e giovanissimi, due Medaglie d'Oro. Ricordo che per anni, quando c'era qualche ricorrenza, arrivavano i genitori, persone molto semplici, e il padre con queste due Medaglie d'Oro al petto. La Resistenza è stata anche questo: un grande contributo di persone che provenivano da ogni parte d'Italia.

Allo sfascio dell’esercito seguì l'occupazione tedesca totale, e si trattò di una un'occupazione pesante, particolarmente pesante.

Nacque la Repubblica di Salò, la Repubblica Sociale - RSI, Repubblica Sociale Italiana. Mi piace ricordare che questa Repubblica non poteva vantare un ubi consistam serio, non poteva essere riconosciuta legittimamente, perché nasceva grazie agli uffici di un esercito occupante.

Ma vi porto un esempio più piccolo che mi ha toccato personalmente. A Novara venne nominato come amministratore apostolico Monsignor Leone Ossola. Gli fu assegnata questa carica, anziché quella di Vescovo, perché secondo le norme previste dal Concordato, il Vescovo nel momento in cui veniva nominato doveva giurare sul Vangelo fedeltà allo Stato. Se Monsignor Ossola fosse stato nominato Vescovo, avrebbe dovuto giurare di fronte ad un rappresentante della Repubblica di Salò, mentre la Chiesa rifiutò di riconoscere la legittimità della Repubblica di Salò. Oggi per fortuna questa norma non c’è più.

Può darsi che negli anni di Salò – non mi sento di escluderlo del tutto – Mussolini abbia anche tentato in qualche modo di prendere le distanze dai tedeschi , ma non vi riuscì, e i rastrellamenti più furibondi questi non furono fatti dai tedeschi, ma furono opera fascisti della RSI, quelli che venivano chiamati “repubblichini”, con la collaborazione dei tedeschi.

Dopo l'8 settembre gli antifascisti presero le armi e si passò ad un antifascismo di lotta.

Andarono in montagna, rimasero in pianura, incominciarono le riunioni clandestine, il grande lavoro per la lotta contro il fascismo e contro il tedesco invasore.

Il Re lasciò Roma.

Per i partigiani, per questi patrioti, che gli avversari chiamavano ribelli, l’inizio non è stato facile: bisognava procurarsi armi, bisognava trovare il modo di vivere e non sempre le popolazioni capivano che cosa stava nascendo e temevano il peggio.

Poco alla volta, ma anche con una certa rapidità, la gente capì. Il mondo dei partigiani non avrebbe potuto fare quello che ha fatto se non avesse avuto l’appoggio, l’affetto, l’amore e l’accettazione del rischio da parte della gente, questo legame è stato formidabile e divenne sempre più ampio, più convinto.

I tedeschi, dal canto loro, incominciarono a manifestare una ferocia incredibile.

Devo dire che come magistrato ho il dovere di un'assoluta serenità di valutazione, in gergo si direbbe: “ho il dovere di vedere le attenuanti”.

I tedeschi si erano trovati a fianco dell’Italia dal 10 giugno del 1940 fino al 1943 e improvvisamente si trovarono gli italiani come avversari anziché alleati. Si può capire il fatto che si trovarono in una situazione difficile, vivevano con il timore di essere colpiti alla schiena, si possono capire certe loro reazioni, ma non si potrà mai capire il massacro di popolazioni inermi, l'uccisione di bambini, l'uccisione di donne, perché questi fatti superano assolutamente ogni possibilità di comprensione, anche se si vuol tener conto dello spirito di ribellione per il cambio di fronte di un alleato.

Questa ferocia si andrà moltiplicando nel momento in cui i tedeschi, che stavano cercando di frenare la fatale sconfitta, spostavano continuamente il fronte perché incalzati dagli alleati che sbarcati in Italia, risalivano la penisola. Nella loro lunga ritirata i tedeschi hanno lasciato una impressionante scia di sangue.

In questa situazione di forte sbando subito dopo l’armistizio c’è stata la cattura e la deportazione di oltre seicentomila soldati italiani... Quanti non sono tornati? Migliaia! Si è avuta la persecuzione degli oppositori politici e degli ebrei. E quanti sono finiti nei campi di sterminio e non sono più tornati!

Vorrei ricordare alcuni fatti che ho visto da vicino, gli uni nel momento in cui capitavano e gli altri li ho appresi durante una commemorazione da Capo dello Stato che non dimenticherò mai.

La strage degli ebrei ha avuto l'inizio a Meina, un centro sul Lago Maggiore, alcuni ebrei furono presi, di notte, a volte legati a due a due col filo di ferro, uccisi e buttati nel lago. Atti tremendi e tragici che si sono poi verificate in altre circostanze.

Ricordo che, essendo tornato allora da militare, nel tempo libero dalla mia responsabilità di magistrato, giravo per conto dell’Azione Cattolica e passai da Meina quando la popolazione era ancora sotto l'incubo di aver visto scomparire delle persone che però non erano di Meina, erano lì in un albergo. Poi ho conosciuto una sopravvissuta, che va molto nelle scuole a raccontare che cosa è stato. Era una bambina, all’epoca dei fatti, e aveva fatto amicizia in albergo con un ragazzino che era di poco più grande di lei. I genitori del bambino erano già stati portati via, ma lui ignorava la loro tragica fine e diceva spesso alla sua amichetta: “non capiterà niente, io sento che io andrò con i miei genitori”. Lui pensava di raggiungere i genitori, ma lei che aveva visto i genitori del ragazzino massacrati dalle SS fuggì. Il giorno dopo, come in una sorta di profezia, anche questo bambino fu catturato dalle SS:

L'altra tragedia l’ho rivissuta come capo dello Stato e mi è rimasta scolpita dentro.

Il posto si chiama Pietranzieri, una frazione di Roccaraso, provincia dell'Aquila,e vi andai per partecipare ad una commemorazione. All’epoca dei fatti arrivarono i tedeschi e ammazzarono le 128 persone che vivevano nella frazione. Tutte: bambini, donne, persone anziane. L’unica persona sopravvissuta è stata una bambina di sette anni rimasta in braccio alla mamma che, colpita, si era piegata su di lei; e in questo modo l’aveva salvata , perché nessun colpo l’aveva ferita in modo determinante. E’ stata poi educata da amici , anni dopo si è sposata: il marito operaio trovò lavoro in Inghilterra, e così si trasferì in quel paese. Quando tornò, dopo più di vent’anni, raccontò cosa aveva vissuto e descrisse le fasi della strage. Disse che era arrivato un tedesco buono che aveva avvisato gli abitanti del villaggio di scappare perché si doveva costruire la linea Gustav e la loro presenza era di intralcio. Arrivarono le SS, portarono tutta questa popolazione dove c'era un gran tronco d'albero, quasi per una foto di famiglia, seduti, in piedi, intorno, c'erano sotto le mine: quelli vicini furono spappolati, quelli lontani furono feriti ma rimasero lì fermi, vennero le SS e li uccisero uno per uno, con canti di baldoria. Questa bambina rimase immobile come morta, il fratello morì, la mamma pure...

C'è un tempietto sul luogo della strage, le pareti sono coperte di targhette di pietra che riportano solo il nome e l’età dei caduti. Fra le vittime ci sono ben trentatré bambini che avevano meno di dieci anni. Ogni volta che rievoco questa stage provo un’emozione profonda.

A Roma nell’ottobre 1943 ci fu la deportazione della comunità ebraica. Più di mille ebrei partirono per Auschwitz e tornarono in 17.

Poi ci furono gli scioperi della primavera del 1944, che avvennero principalmente nel triangolo industriale Milano-Torino-Genova ed ebbero un successo notevole, ma ebbero anche conseguenze paurose, perché i fascisti per stroncare ogni opposizione chiesero l'appoggio dei tedeschi e molti operai furono deportati, e molti da Mauthausen e da altri campi di sterminio non tornarono.

E a questo proposito permettetemi di dire che è per me un onore presiedere l’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione e di collaborare con il Senatore Avvocato Gianfranco Maris, che ricopre la carica di Direttore Generale dell’Istituto, un reduce dal campo di Mauthausen , così come fa parte del Consiglio di Amministrazione il Senatore Avvocato Raimondo Ricci, che come Maris ha conosciuto la deportazione a Mauthausen..

Vi posso dire che quando vedo questi due amici sento sempre un'emozione immensa, perché hanno pagato veramente un prezzo altissimo per difendere le loro convinzioni sono tutti e due pieni di vita, sono due testimoni veramente eccezionali, sono persone alle quali bisogna dire sottovoce, perché altrimenti non lo accetterebbero, un grazie per averci aiutato a tornare ad essere liberi.

Poi ci sono stati i rastrellamenti terribili avvenuti nella Pasqua del '44. 150 partigiani fucilati, 200 mandati nei campi di sterminio. Vorrei ricordare il luogo che fu teatro di questa carneficina, la Benedicta, nelle zone fra Genova e Alessandria. Ho dei ricordi personali di quell’epoca, di quella stagione, della Pasqua '44, ricordo quando nelle zone del Vercellese, di Varallo verso il Monte Rosa, arrivarono le SS, perché c'era stato qualche tedesco colpito e la popolazione fu portata nei prati - pioveva – e fu autorizzata a portare con sé qualche cosa e poi col lanciafiamme distrussero stalle intere di bestiame e avevano già disposto di incendiare tutto. Arrivò il Vescovo Leone Ossola, che fu un eroe, e si mise lì insieme alla gente così da impedire il peggio..

Ricordo quel che avvenne a Torino (e c'è un bellissimo libro, che ho letto più di una volta, Fiori al Martinetto che rievoca questa vicenda). Il Martinetto è la zona del tiro a segno dove avvenivano le esecuzioni, alla fine di marzo furono arrestati il Generale Perotti, più altri sette altri che componevano il comando militare di tutto il partigianato piemontese e il 5 di aprile, venti giorni prima della Liberazione, furono fucilati al Martinetto.

Con questa carrellata ho voluto ricordare alcuni fatti che mi sembrano particolarmente importanti ed altri che ho vissuto in prima persona e mi sono rimasti particolarmente impressi nella memoria.

Ero Capo dello Stato quando si celebrarono i cinquant'anni della Liberazione, dieci anni fa, e per me fu veramente un onore inimmaginabile andare a tutte le manifestazioni e sono intervenuto in tutte le manifestazioni. Però, oltre alle commemorazioni ufficiali, partecipai a decine e decine di manifestazioni perché è interminabile l'elenco dei luoghi dove c'erano state persone impiccate, persone fucilate, popolazioni distrutte in un modo o in un altro. Negli anni del mio settennato ho firmato numerose medaglie date al valore.

E' rimasto famoso un nome vicino a Roma,quello del Brigadiere Salvo D'Acquisto. Questo ragazzo, quando i tedeschi volevano fucilare parte della popolazione perché avevano avuto uno o due feriti si presentò dicendo che era lui colpevole. Una pagina di eroismo che si aggiunge alle tantissime che ci sono state in quei giorni tragici. Queste pagine di vita vissuta trovano una sublime sintesi in un volume splendido che raccoglie le lettere dei condannati a morte della Resistenza: è un documento incredibile. Nella mia lunga vita ho avvicinato anche delle persone condannate a morte, è umanamente impressionante, perché quando arriva il mattino in cui si bussa alla cella per avvisare il condannato che è giunta l’ora si nota che, anche se ogni speranza è venuta meno, e la domanda di grazia è stata respinta egli si aggrappa alla vita e respinge il pensiero della morte, nello stesso tempo è come se vivesse già in un’altra dimensione, tanto è vero che ci sono scritti e studi medici, psicologici in cui si dice che dopo avere la certezza dell'esecuzione quando un condannato, all'ultimo, per un fatto imprevisto e imprevedibile, si è salvato gli resta un trauma di rientro, vorrei dire, nella pienezza della vita. E quando uno scrive qualche cosa in quelle condizioni, se scrive “viva l'Italia” lo scrive perché ce l'ha dentro... !

Quelle lettere sono di una ricchezza umana incredibile! So che l’Istituto ora ha avviato un progetto di ricerca per trovarne e pubblicarne di inedite e questo non mi meraviglia perché molti non hanno raccontato.

Tutto questo patrimonio si chiama “le nostre radici”, le radici della nostra libertà.

Tra le molte stragi che segnarono la ritirata tedesca due devono essere ricordate perché le vittime furono centinaia: Marzabotto e Sant’Anna di Stazzema: si trattò di una vera e propria una mattanza!

Miei carissimi giovani così pazienti, ci sono tre momenti nella nostra storia che nessuno potrà separare l'uno dall'altro. Il primo è questa lotta di resistenza, il “no” alla dittatura fascista, sia quella che ha preceduto l’8 settembre si quella che è seguita. Perché è importante? Perché da quella lotta discende la Repubblica, un altro fatto storico rilevante. Si potrà, per polemica politica, cercare di dividere questi due momenti, ma è tempo perso, non c'è mestiere più infame e inutile che quello di cambiare i fatti.

Quando iniziai la mia carriera di magistrato il Presidente del Tribunale mi disse “lei ha studiato, ha vinto il concorso, chissà quante cose sa, si ricordi, sia che lei faccia il civile e sia che lei faccia il penale, si ricordi di studiare il fatto - attenzione - perché quanto più lei studierà il fatto, tanto meno errore farà nel giudicare”, cioè quel saggio magistrato mi faceva già capire che non avevo l'infallibilità nel giudicare e concluse con questa frase, che vale sempre: “perché il fatto è sacro e neanche Dio può mutarlo da così come si è verificato”. Non dimenticatelo mai, perché questa è una realtà formidabile nella vita.

Tra i momenti più salienti della nostra storia recente, il 25 aprile, la liberazione e il CLN, Comitato di Liberazione Nazionale decise che si votasse per la prima volta dopo la dittatura per i Comuni (marzo1946), quindi la libertà ritornò proprio nei comuni che hanno avuto una parte così rilevante nella storia d’Italia! Poi il 2 giugno si è votato per la scelta istituzionale tra monarchia e repubblica. Considerato come si era comportato il Re era logico che la monarchia non potesse vincere, anche se c'erano sentimenti di simpatia nei confronti della casa reale e bisogna dire che questo passaggio alla repubblica non è mai stato una sconfessione della storia e neanche delle glorie di Casa Savoia. Se voi pensate che il monumento che più ci sta a cuore, che è l’Altare della Patria, dove c'è un soldatino della guerra '15-18 ignoto, che più nessuno sapeva di chi fosse, quali fossero suo padre, sua madre o i suoi fratelli, lì c'è un monumento solo a una persona, c'è il monumento a cavallo di Vittorio Emanuele II, considerato padre della Patria, quindi c'è una distinzione saggia, giusta, perché il fatto non può essere mutato. E' molto bello.

Fummo eletti in 555 all’Assemblea Costituente. Avevo ventisette anni e poi avreste il diritto di chiedermi “che cosa sapeva?”, poco sapevo, mi ero laureato in legge, avevo vinto il concorso da magistrato, avevo vissuto sofferenze mie e altrui, però la vita vi insegnerà che un conto è vivere esperienze anche pesanti a vent'anni, venticinque, ventotto e un conto è vivere le stesse a cinquanta, cinquantacinque, sono maturità diverse, il modo di percepirle è diverso. Ripensando a quell’esperienza e rileggendo la Costituzione penso di aver avuto fegato, devo dire un bel fegato, a quell'età ad alzarmi a discutere qualche articolo, ma quando si è giovani si ha diritto a comprensione, le attenuanti generiche non si negano mai a nessuno. Eravamo 555, per questo mi suonò un po' strano quando qualche anno fa, in quella stagione caldissima ci siano stati 5 parlamentari della maggioranza che salirono sulle vette delle Dolomiti per discutere la riforma costituzionale. E' vero che viviamo in epoche in cui le sintesi sono forti e si ragiona in pillole, ma insomma mi era parso che fosse una sintesi anche eccessiva.

E' nata la Carta Costituzionale, ha un marchio questa Carta, in questa Carta risorge, la Persona Umana, questo è il punto focale e questa è la distinzione tra la dittatura e la democrazia: la dittatura mortifica la persona.

Nei primi articoli, nei primi undici articoli della nostra Carta, si dice che la persona umana, il cittadino, è titolare dei diritti e partecipa alla vita dello Stato, quegli articoli sono un dialogo tra il cittadino e lo Stato. Lo Stato non nasce non con prepotenza, ma perché i cittadini lo fanno nascere, e lo Stato deve pensare alla persona, incominciando da quella più emarginata e più debole, per consentirle di camminare e tenere il passo con gli altri!

La Carta proclama i diritti della Persona, ma che cosa è la politica se non la capacità di fare in modo che quei diritti scritti diventino realtà vissuta per tutti i cittadini? Questo è un tema che non si estingue mai, perché è un divenire continuo, quindi anche oggi c’è lo spazio per una politica con la P maiuscola! La politica attende voi giovani, comunque schierati, a difendere i valori, i diritti, la dignità della persona umana, fino a quell'incantevole diritto che è l'uguaglianza di tutti davanti alla legge, sino a quella pacificazione religiosa che dice che tutte le religioni hanno pari dignità, sino a quell'articolo 11 che dice “l'Italia ripudia la guerra”, ed è forse uno degli articoli più formidabili!

Perché l'Italia ripudia la guerra? Perché il diritto internazionale prevede solo la guerra come legittima difesa, perché sarebbe folle che si sancisse il "diritto di aggressione", sarebbe come riconoscere anche il diritto di rapina, il diritto di omicidio e si arriverebbe in breve ad mondo molto diverso da quello civile nel quale vorremmo vivere

La prima seduta dell’Assemblea Costituente si tenne il 25 giugno del '46, presiedeva Vittorio Emanuele Orlando, che era stato Presidente del Consiglio quando ci fu la vittoria nel 1918 ed era venuto via piangendo da Versailles durante le trattative di pace poiché l'Italia con i suoi seicentomila morti era stata molto maltrattata, comunque era un uomo di grande prestigio.

Terminata la seduta, aspettai che si vuotasse l'Aula e andai da lui che scendeva dalla scaletta della presidenza e gli dissi “Presidente, posso stringerle la mano?”, lui mi disse “volentieri - lui era professore di Diritto Costituzionale, quindi aveva passato una vita in mezzo ai giovani - “ma lei chi è?”, allora gli ho detto “guardi professore, il mio nome non le dice niente, io sono un ignoto, mi chiamo Oscar Luigi Scàlfaro, ma vorrei dirle perché le volevo stringere la mano: perché in terza elementare noi avevamo un libro che veniva chiamato Il libro dei medaglioni, perché su quel libro c'erano in tondo Camillo Cavour, Carlo Alberto, Vittorio Emanuele II, fino a Vittorio Emanuele Orlando Presidente del Consiglio della Vittoria: per me lei esce dal mio libro di terza elementare”!

Lui mi strinse la mano e incominciai un’avventura politica che dura da sessant'anni.



* Presidente Emerito della Repubblica e Presidente dell’Istituto Nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia.






  PROLUSIONE - 4 febbraio 05

 Oscar Luigi Scàlfaro



BARI - 11 febbraio 2005
- Luciano Canfora
- Luigi Masella
- Vito Antonio Leuzzi

NAPOLI - 16 febbraio 2005
- Francesco Paolo Casavola
- Guido D'Agostino
- Paolo De Marco
- Isabella Insolvibile

CATANIA - 22 febbraio 2005
- Giuseppe Barone
- Rosario Mangiameli
- Salvatore Lupo

ROMA - 3 marzo 2005
- Claudio Pavone
- Alessandro Portelli

CAGLIARI - 7 marzo 2005
- Manlio Brigaglia
- Giangiacomo Ortu

BOLOGNA - 9 marzo 2005
- Luciano Casali
- Antonio Parisella

PADOVA - 14 marzo 2005
- Angelo Ventura
- Emilio Franzina

TORINO - 16 marzo 2005
- Gianni Oliva
- Claudio Dellavalle

FIRENZE - 17 marzo 2005
- Michele Battini
- Ivano Tognarini

GENOVA - 17 marzo 2005
- M. Elisabetta Tonizzi
- Antonio Gibelli

TRIESTE - 19 marzo 2005
- Raoul Pupo
foto d'archivio
carte storiche
- Enzo Collotti

MILANO - 22 marzo 2005
- Mariuccia Salvati
- Claudio Dellavalle
- Gianni Perona



 
 
 
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